È enorme il ritardo accumulato con il blocco degli interventi nel 2020 e con il rallentamento attuale dovuto ai lunghi tempi di sanificazione e alle restrittive procedure anticovid. Per le persone in attesa di un intervento di protesi questo significa convivere con il dolore e con la difficoltà a svolgere anche le più semplici attività quotidiane.
Quanti sono gli interventi di protesi ortopedica persi nel 2020?
In un’intervista di poche settimane fa il professor Paolo Tranquilli Leali, presidente della SIOT – Società italiana di Ortopedia e Traumatologia, ha fornito i numeri ufficiali sul ritardo negli interventi di protesi ortopedica causato nel 2020 dalla pandemia. Vediamo quindi qual è la situazione.
Nel 2019 gli interventi di protesi ortopedica sono stati 220.700. Per il 2020 e il 2021 erano attesi gli stessi numeri, dato che le patologie ortopediche aumentano con l’invecchiamento della popolazione.
In realtà, nel 2020 gli interventi non effettuati in Italia sono stati 150.000.
E adesso, nel 2021? “Le sale operatorie lavorano a scartamento ridotto – afferma Tranquilli Leali nell’intervista – perché non abbiamo gli anestesisti, che sono utilizzati per le rianimazioni, e abbiamo necessità di tecniche di sanificazione più prolungate. La nostra potenza di fuoco si è ridotta al di sotto del 50%.”
Complessivamente, gli interventi da effettuare nel 2021 sarebbero circa 400.000. “Per smaltire questi numeri ci vogliono quattro, cinque anni: tempi disumani!” conclude.
Cosa significa questo per i pazienti in attesa di intervento?
L’accumulo di ritardi si ripercuote sui pazienti, sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico.
Da un punto di vista fisico, il paziente deve fare i conti con il dolore e con la perdita funzionale: una persona che deve sottoporsi a un intervento di sostituzione di un’articolazione, per esempio, lo fa perché quell’articolazione non l’aiuta più. Probabilmente quella persona ha difficoltà anche a spostarsi in casa, dal bagno alla cucina. O se esce, difficilmente farà più di 100 metri, certamente non potrà fare attività fisica, è gravemente invalida dal punto di vista fisico.
Dal punto di vista psicologico, la cosa peggiore è l’incertezza perché gli ortopedici non sono in grado di dare ai pazienti tempi certi.
Il presidente della SIOT parla addirittura di ‘pazienti dimenticati’: bloccati in attesa dell’operazione, non sanno a chi chiedere, dove rivolgersi e non ricevono risposte.
Le soluzioni proposte dalla SIOT
La strategia da adottare, secondo il presidente della SIOT, è quella di ridurre al massimo la durata delle degenze per aumentare il numero di interventi, suddividendo i pazienti, in base ai fattori di rischio individuali, tra chi necessita di 1 giorno di degenza per l’intervento di protesi, chi di 3 e chi di 5 giorni (Progetto 1-3-5, presentato al Governo nell’ambito del PNRR).
Inoltre, sarebbe necessario un potenziamento delle strutture e della sanità territoriale (con l’assunzione di nuovi medici), cosa che che dipende però da una riorganizzazione generale del Sistema sanitario nazionale e non è quindi realizzabile in tempi brevi.
Cosa fare dunque nell’immediato?
La sanità transfrontaliera: con SEF una soluzione ulteriore per operarsi in tempi accettabili
La proposta di sanità transfrontaliera di SEF è una soluzione in più. È complementare a quelle proposte dalla SIOT ed ha il vantaggio di essere immediatamente realizzabile.
In cosa consiste?
Dato che le liste d’attesa in Italia non sono causate dalla mancanza di chirurghi, ma bensì dalla pressione sulle strutture, sulle sale operatorie e sugli staff (anestesisti in primis), la soluzione che proponiamo è quella di operare in Romania, con chirurghi italiani.
Pochi sanno infatti che in Romania sono presenti grandi cliniche private appartenenti a gruppi sanitari internazionali, dotate di attrezzature mediche di altissimo livello.
Grazie alle loro dimensioni e a una minore incidenza delle patologie degenerative delle articolazioni in quel paese, queste cliniche eseguono un numero di impianti di protesi più bassi rispetto all’Italia e potrebbero quindi ospitare pazienti italiani, che in questo caso sarebbero interamente rimborsati dal SSN.
Anche in questo caso è necessaria un’anamnesi accurata e una valutazione dei fattori di rischio individuali per verificare l’idoneità del paziente alla mobilità sanitaria europea.
Ma chi sono i chirurghi di riferimento per il percorso SEF?
Il network SEF: chirurghi ortopedici italiani di esperienza
I chirurghi ortopedici che fanno parte del nostro network sono chirurghi italiani di grande esperienza, che già operano in strutture pubbliche e private in diverse regioni d’Italia. Quasi tutti hanno già avuto esperienze internazionali.
Ecco alcuni di loro.
Alessandro Gildone
Il dottor Alessandro Gildone, specialista in Ortopedia e Traumatologia si è specializzato presso l’Università degli Studi di Ferrara nel 2002.
Si occupa principalmente di chirurgia protesica delle maggiori articolazioni (anca, ginocchio ) e di chirurgia dello sportivo.
Vanta numerose esperienze in campo sportivo ed è attualmente consulente ortopedico della Nazionale di Basket Under 20.
Carlo Andrea Veronesi
Il dottor Carlo Andrea Veronesi, specializzato in Ortopedia e Traumatologia, si occupa di chirurgia della spalla, del ginocchio, dell’anca e in generale delle patologie degenerative ortopediche.
Esegue ogni anno come primo operatore 300-400 interventi chirurgici ortopedici.
Ha collaborato alla stesura di una centinaio di lavori scientifici.
Luigi Mazzoleni
Il dottor Luigi Maria Mazzoleni si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università Milano-Bicocca e specializzato in Ortopedia e Traumatologia all’Università di Milano.
Ha eseguito oltre 2000 operazioni chirurgiche da primo chirurgo e vanta la collaborazione con illustri ortopedici italiani e non. Pratica interventi di chirurgia ortopedica di ginocchio e anca, in particolare protesica e artroscopica.
Si occupa anche di chirurgia della mano e del piede e traumatologia sportiva. Oltre alle tradizionali tecniche chirurgiche, utilizza anche terapie, tecniche e strumentari innovativi, come fattori di crescita, cellule staminali, membrane biologiche, trapianti autologhi di cartilagine o innesti osteocondrali.
Pietro Banchini
Il dottor Pietro Banchini si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Parma nel 2002 e specializzato in Ortopedia e Traumatologia nel 2007.
È specializzato in chirurgia artroscopica e ricostruttiva post traumatica del ginocchio, chirurgia artroscopica per patologia capsulo legamentose e della cuffia dei rotatori della spalla, in traumatologia sportiva ed infiltrativa, in chirurgia protesica primaria e di revisione del ginocchio e della spalla.
È esperto in inchiodamento endomidollare per fratture di omero, femore, tibia e sintesi delle comuni fratture dell’arto superiore ed inferiore con placche e viti.
Per saperne di più
Vedi l’intervista al prof. Paolo Tranquilli Leali a cura di Agenzia DiRE
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