I ricercatori del Politecnico federale di Losanna hanno concepito la tecnologia che ha consentito a Marc Gauthier, un cittadino francese di 62 anni, affetto dalla malattia neurodegenerativa da tre decenni, di percorrere agevolmente 6 chilometri.
Il passato di Gauthier, una volta architetto e sindaco nella sua città vicino a Bordeaux, è stato radicalmente trasformato dall’instabilità motoria causata dal Parkinson.
La malattia gli ha inflitto movimenti incontrollabili e difficoltà di coordinazione, portandolo da una vita attiva a una condizione in cui perfino rimanere in piedi divenne un’ardua sfida.
Un intervento sperimentale, eseguito da un team di ricerca internazionale, guidato da Jocelyne Bloch e Grégoire Courtine dell‘Ospedale universitario di Losanna (CHUV) e del Politecnico federale di Losanna (EPFL), ha rivoluzionato la vita di Gauthier
Questo intervento, basato sulla stimolazione del midollo spinale attraverso un dispositivo neuroprotesico, ha permesso a Gauthier di camminare per sei chilometri senza difficoltà, aprendo la strada a una potenziale svolta nel trattamento del Parkinson.
Il dispositivo neuroprotesico sviluppato dai ricercatori dell’Epfl è stato impiantato nella parte bassa della schiena, sopra il midollo spinale lombosacrale.
Questa posizione strategica ha permesso la stimolazione della rete neurale tra il midollo spinale e i muscoli delle gambe, risultando in un notevole miglioramento dell’andatura dei pazienti affetti da Parkinson.
L’intervento degli studiosi svizzeri si distingue per la posizione innovativa dell’impianto, che ha dimostrato di migliorare l’andatura delle persone affette da Parkinson.
Tuttavia, si evidenzia la necessità di ulteriori ricerche per affinare e consolidare questa tecnologia in via sperimentale.
Grazie all’impianto spinale, Marc Gauthier ha sperimentato una vera e propria metamorfosi.
Da gravi deficit motori e frequenti cadute, è riuscito a camminare per sei chilometri senza problemi, migliorando notevolmente la sua qualità di vita e equilibrio.
Prima dell’impianto, un approfondimento sul processo attento e meticoloso che ha preceduto l’intervento, dove i ricercatori hanno personalizzato la stimolazione per compensare i deficit specifici di Gauthier.
Il team svizzero ha già avviato test su altri sei pazienti, indicando una prospettiva entusiasmante per il futuro.
Tuttavia, si sottolinea che ci vorranno almeno cinque anni prima che questa tecnologia possa essere disponibile su larga scala dopo i trial clinici.
In conclusione, questa innovativa tecnologia offre un approccio promettente nella lotta contro il Parkinson, rivoluzionando il trattamento della malattia neurodegenerativa e aprendo la strada a una speranza concreta per coloro che ne sono afflitti.
SEF, ha ricevuto una prestigiosa nomination come “Medical Travel Agency of the Year” al Congresso Europeo di Turismo Medico EMT. Questo riconoscimento sottolinea il ruolo chiave di SEF nello sviluppo della direttiva europea sulla sanità transfrontaliera.
EMT, il principale evento europeo nel Turismo Medico, offre una piattaforma unica per il dialogo tra protagonisti globali.
Il congresso, in programma per il 16-17 novembre a Chianciano Terme, è anche un’opportunità per SEF di consolidare il suo impegno nello sviluppo della direttiva europea sulla sanità transfrontaliera.
Il congresso attrae rappresentanti di centri medici europei e asiatici, strutture di riabilitazione, aziende di servizi medici stranieri e centri benessere.
Il ruolo chiave di SEF nel supportare la direttiva europea sulla sanità trasfrontaliera è uno dei motivi principali della sua nomination come “Medical Travel Agency of the Year”.
Il 7° Seminario Annuale sul Turismo Medico comprende conferenze, tavole rotonde e il B2B Workshop.
SEF partecipa attivamente, contribuendo alla discussione sui trend del mercato e sul coinvolgimento dei pazienti, oltre a promuovere lo sviluppo della direttiva europea sulla sanità trasfrontaliera.
La nomination di SEF come “Medical Travel Agency of the Year” riflette il suo impegno non solo nell’eccellenza nel turismo medico ma anche nel plasmare il futuro del settore, attraverso un sostegno significativo alla direttiva europea sulla sanità trasfrontaliera.
Mentre il settore si prepara all’attesa degli esiti dei premi, l’implicazione di SEF nella direttiva europea rafforza la sua posizione come leader e innovatore nel turismo medico.
La Regione Lombardia è costretta ad incrementare i finanziamenti per il rimborso di coloro che optano per cure in strutture esterne, mentre diminuisce la percentuale di individui che giungono da altre regioni.
Un’analisi dettagliata della mobilità sanitaria in Lombardia evidenzia un marcato aumento delle spese sostenute per i pazienti che scelgono cure al di fuori della regione.
In parallelo, si nota una contrazione dell’afflusso di pazienti provenienti da altre regioni, sollevando questioni sul piano finanziario del sistema sanitario lombardo.
Il sistema di pagamento tra le casse regionali, governato dalla mobilità “attiva” e “passiva”, rivela una intricata struttura finanziaria.
La Lombardia emette fatture per le cure ai pazienti non lombardi, affrontando contestualmente i costi delle terapie fornite ai cittadini lombardi presso strutture di altre regioni.
Il flusso inverso, rappresentato dai lombardi che optano per cure al di fuori della regione, mantiene una stabilità tra il 2020 e il 2023, con proiezioni di notevole crescita nel 2024.
Le principali destinazioni, come Veneto, Emilia Romagna e Piemonte, confermano una costante preferenza per le strutture sanitarie esterne alla Lombardia.
Il bilancio del 2024, ancora in fase di definizione, potrebbe subire modifiche prima dell’approvazione entro fine anno.
La pandemia da Covid-19 ha influito significativamente sugli spostamenti tra regioni, generando un impatto rilevante sulla dinamica complessiva della mobilità sanitaria.
Nonostante le sfide connesse alla pandemia, la Lombardia resta una destinazione di elezione per la migrazione sanitaria.
Secondo una ricerca di Doxa Pharma, è scelta dal 29% di chi si sposta, attraendo ogni anno oltre 200.000 pazienti.
L’analisi demografica rivela dettagli interessanti, come il 17% proveniente dalla Campania, sottolineando il ruolo prominente della Lombardia nel panorama sanitario italiano.
Inoltre, la regione attrae pazienti da regioni limitrofe come Veneto ed Emilia Romagna, confermando la sua posizione centrale nel contesto sanitario nazionale.
Chirurghi presso l’NYU Langone Health hanno recentemente compiuto un passo storico nel campo dei trapianti e del ripristino della vista: il primo trapianto completo di un occhio umano, associato a un trapianto parziale di viso.
Nel maggio dell’anno corrente, un team composto da oltre 140 operatori sanitari ha eseguito un intervento senza precedenti.
Il destinatario di questo straordinario intervento è stato Aaron James, un uomo di 46 anni proveniente dall’Arkansas, gravemente ferito in un incidente sul luogo di lavoro nel 2021.
James, veterano militare e operatore di linee elettriche ad alta tensione, ha subito una forte scossa elettrica che ha causato la perdita del suo occhio sinistro, gran parte del viso e parte del braccio sinistro.
Trapiantare un occhio rappresenta una sfida unica a causa della connessione diretta con il cervello, introducendo rischi significativi, compresa la possibilità di morte in caso di complicazioni.
Nonostante ciò, il dottor Eduardo Rodriguez e il suo team all’NYU hanno deciso di procedere con questa delicata operazione, cercando di spingere i confini della medicina.
Un unico donatore, un uomo di circa 30 anni, ha fornito sia il volto che l’occhio necessari per il trapianto.
Mentre le speranze erano inizialmente basse riguardo al funzionamento dell’occhio trapiantato, il team di Rodriguez ha voluto esplorare nuove possibilità.
Durante l’operazione di 21 ore, che è stata accuratamente testata più di una dozzina di volte, il team ha utilizzato cellule staminali provenienti dal midollo osseo del donatore.
Questa innovativa tecnica mirava a stimolare la rigenerazione del nervo ottico e a migliorare le probabilità di funzionamento dell’occhio trapiantato.
Nonostante sia ancora presto per determinare se Aaron James riacquisterà la vista nell’occhio trapiantato, sono stati osservati segni di progresso.
Il flusso sanguigno diretto alla retina è un segnale positivo, e la presenza di una pupilla funzionante è un incoraggiante sviluppo.
James, che conserva la vista nel suo occhio destro, potrebbe non recuperare la vista nell’occhio sinistro e attualmente non può aprire la palpebra.
Tuttavia, considera l’intervento un successo, affermando che quando gli è stata data l’opportunità, ha risposto con un deciso “Certo”.
La sua storia offre una prospettiva unica sull’innovazione medica e la perseveranza umana.
time.com
I ministri hanno allocato al Servizio Sanitario Nazionale inglese solo un decimo della somma richiesta, costringendo i leader del NHS a ridimensionare gli sforzi per affrontare la lista d’attesa ospedaliera che conta 7 milioni di pazienti.
Il governo ha preso una decisione significativa respingendo la richiesta di finanziamenti del Servizio Sanitario Nazionale (NHS) per un miliardo di sterline, un gesto che avrà un impatto diretto sul numero di operazioni eseguite nei prossimi mesi.
Questa mossa solleva dubbi sulla possibilità di mantenere la promessa del cancelliere Rishi Sunak di ridurre le liste d’attesa del NHS, considerato uno dei suoi impegni chiave nei confronti degli elettori.
Le complesse trattative tra l’NHS England, il Dipartimento della sanità e dell’assistenza sociale e il Tesoro hanno portato a una delusione per il sistema sanitario.
Mentre l’NHS England aveva sperato in un piano di salvataggio di almeno 1 miliardo di sterline di fondi veramente nuovi, è stata costretta a riciclare gran parte dei finanziamenti dal suo budget esistente.
Di questi, 800 milioni sono stati destinati agli enti locali del servizio sanitario nazionale per affrontare i crescenti deficit, che minacciano di raggiungere i 160 milioni di sterline in alcuni servizi.
In risposta alla mancanza di finanziamenti, l’NHS England ha annunciato l’adozione di misure drastiche, tra cui un allentamento delle azioni per ridurre l’arretrato di 7,75 milioni di persone in attesa di cure ospedaliere.
Questo è il numero più alto mai registrato, e la riduzione degli obiettivi iniziali del 107% delle operazioni pianificate nel 2019-2020 al nuovo obiettivo del 103% solleva preoccupazioni sulla possibilità di mantenere la promessa di eliminare le attese superiori a 65 settimane entro la prossima primavera.
Le critiche politiche non si sono fatte attendere, con il ministro ombra della sanità, Wes Streeting, dichiarando che la promessa di Sunak di ridurre le liste d’attesa è ora compromessa.
Saffron Cordery di NHS Providers esprime profonda frustrazione per la mancanza di finanziamenti aggiuntivi da parte del Tesoro per affrontare le ricadute degli scioperi del personale sanitario.
Oltre alla riduzione delle operazioni, l’NHS England procederà ai tagli nella spesa pianificata per tecnologia e miglioramento delle strutture ospedaliere, cercando di liberare ulteriori 800 milioni di sterline.
Tuttavia, Matthew Taylor della Confederazione del Servizio Sanitario Nazionale avverte che questa cifra è chiaramente insufficiente per coprire i deficit imminenti nei 42 “sistemi di assistenza integrata” regionali del NHS.
Sebbene ci sia un cauto ottimismo riguardo a un possibile accordo per porre fine agli scioperi dei consulenti, Sally Warren del King’s Fund avverte che gli 800 milioni di sterline potrebbero rivelarsi insufficienti se gli scioperi continuano.
La situazione è resa ancora più complessa dalla crescente tensione invernale nel servizio sanitario nazionale, con le elezioni generali nel Regno Unito che si avvicinano.
In risposta alle critiche, un portavoce del Dipartimento della sanità e dell’assistenza sociale sostiene che il governo sta sostenendo il NHS con finanziamenti record, mettendo a disposizione fino a 14,1 miliardi di sterline per affrontare l’arretrato causato dalla pandemia e ridurre le liste d’attesa.
Tuttavia, la mancanza di un miliardo di sterline richiesto solleva interrogativi sulla reale priorità del governo nei confronti del sistema sanitario nazionale.
theguardian.com
Presso l’Urologia universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, una terapia innovativa e non invasiva sta cambiando il gioco per i pazienti affetti da Iperplasia Prostatica Benigna.
Un’analisi dei dati sull’Iperplasia Prostatica Benigna in Italia e il suo impatto sulla salute degli uomini, con numeri preoccupanti.
Destinata a peggiorare con l’età, la patologia viene trattata nella fase iniziale soprattutto con terapie farmacologiche.
Quando però i farmaci non sono più efficaci, è necessario puntare su opzioni più drastiche, come il ricorso al catetere o, in molti casi, l’intervento chirurgico.
Scopri come la patologia viene inizialmente trattata con terapie farmacologiche e quali opzioni più drastiche sono disponibili in caso di inefficacia dei farmaci.
Per fortuna, la tecnologia ha fatto passi da gigante, mettendo a punto soluzioni terapeutiche innovative e trattamenti sempre meno invasivi.
A questo va ricondotto l’importante evento formativo destinato ai giovani urologi e promosso il 9 e 10 novembre a Torino dalla Urologia universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino.
Come le soluzioni terapeutiche avanzate stanno rivoluzionando il trattamento dell’IPB e cosa aspettarsi in futuro.
A sottolineare il particolare target dei partecipanti il titolo dell’incontro definito, per l’appunto, “Greenlight Young Meeting”.
Giovani urologi provenienti da tutta Italia sperimenteranno nel corso di due intensissime giornate le soluzioni terapeutiche più avanzate, incontreranno alcuni dei clinici più accreditati in questo settore, parteciperanno a sessioni di chirurgia in diretta, in collegamento con le sale operatorie dell’ospedale Molinette.
Il ruolo del “Green Laser” nella risoluzione dei sintomi urinari e la sua bassa invasività.
Innumerevoli gli interventi di docenti italiani e stranieri sui temi clinici di maggiore attualità per consentire ai giovani urologi di “appropriarsi” rapidamente di competenze e tecnologie che consentano di affrontare nel modo più adeguato le sfide della urologia moderna e di gestire al meglio patologie e pazienti.
Esploriamo il nuovo trattamento a vapore acqueo e come funziona per ridurre l’ipertrofia prostatica benigna in modo non invasivo.
Ai risultati e alle complicanze tra approccio anatomico e non anatomico, alla salvaguardia delle principali funzioni sessuali, alla minima invasività degli interventi, alle innovazioni tecnologiche saranno dedicate specifiche sessioni.
Ricordando, per esempio, l’enucleazione della prostata con il laser verde o il nuovo trattamento che, senza chirurgia, affida esclusivamente al vapore acqueo la soluzione dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB).
Quali sono i vantaggi del trattamento a vapore acqueo, tra cui la preservazione delle funzioni sessuali e urinarie.
Green laser, il formidabile raggio laser a luce verde, grazie alla sua particolare lunghezza d’onda, colpisce selettivamente le molecole di emoglobina contenute nel sangue e rilascia energia verso il bersaglio, recidendo il tessuto da trattare con altissima precisione.
Gli interventi con il laser verde garantiscono una ottimale disostruzione e risoluzione dei sintomi urinari, presentano bassi rischi di sanguinamento intraoperatorio e postoperatorio consentendo così, fattore importantissimo, di intervenire anche su pazienti sottoposti a terapie anticoagulanti o antiaggreganti.
I giovani chirurghi potranno osservare in diretta le procedure durante le sessioni “live” dall’ospedale Molinette.
Ma nell’incontro si parlerà soprattutto del nuovissimo trattamento, di recente introduzione in Italia.
Questa procedura impiega la corrente di radiofrequenza per generare energia termica sotto forma di vapore acqueo, da iniettare nella prostata in dosi controllate di circa 9 secondi per un totale di 8-10 iniezioni per ogni seduta.
Il vapore, iniettato nel tessuto prostatico, si disperde nello spazio interstiziale tra le cellule tissutali e, contemporaneamente, si raffredda e si condensa.
A contatto con il tessuto prostatico l’energia termica immagazzinata nel vapore viene liberata, determinando così la denaturazione delle cellule e la loro conseguente necrosi.
Le cellule denaturate vengono assorbite gradualmente dal normale metabolismo corporeo, riducendo così il volume del tessuto prostatico che occlude l’uretra.
Da ricordare che la condensazione del vapore genera anche il rapido collasso del sistema vascolare rendendo, in questo modo, la procedura non cruenta.
Grazie all’utilizzo di una macchina innovativa per l’ossigenazione extracorporea (ECMO) chiamata EcmoLife, è stato possibile salvare la vita di un bimbo di 5 mesi di Torino. Dopo due interventi chirurgici senza successo, è stato necessario un trapianto di cuore inusuale.
L’EcmoLife, prodotta dalla ditta Eurosets di Medolla, in provincia di Modena, è una macchina all’avanguardia che sostituisce temporaneamente le funzioni del cuore e del polmone.
Questa macchina è dotata di un sistema di monitoraggio avanzato e di una pompa centrifuga che simula la funzione meccanica del cuore, utilizzando un campo magnetico per evitare il contatto diretto tra le parti in movimento e il sangue.
Il suo sviluppo è stato opera di un team di ingegneri italiani.
L’EcmoLife è stata utilizzata per la prima volta al mondo in un paziente pediatrico presso la Cardiochirurgia pediatrica del Regina Margherita, diretta dal dottor Carlo Pace Napoleone.
Dopo otto giorni di assistenza extracorporea grazie all’EcmoLife, il piccolo paziente è stato sottoposto a un trapianto di cuore.
L’organo proveniva dalla Germania ed era incompatibile per quanto riguarda il gruppo sanguigno.
L’intervento, durato circa 8 ore ed eseguito dal dottor Carlo Pace Napoleone e dalla sua équipe, è stato un successo tecnico.
Il bambino è attualmente ricoverato presso la Terapia Intensiva cardiochirurgica, afferente alla Rianimazione pediatrica, diretta dalla dottoressa Simona Quaglia.
Nel corso dell’anno, l’ospedale Regina Margherita ha eseguito 7 trapianti di cuore, un dato in costante aumento che posiziona il centro ai primi posti in Italia.
Questo successo è dovuto alle sinergie create dalla presenza, all’interno del Dipartimento di Patologia e Cura del Bambino “Regina Margherita,” di medici e operatori sanitari competenti in tutte le specialità pediatriche.
Questo garantisce non solo un elevato numero di trapianti ma anche un’assistenza di altissima qualità, contribuendo agli eccellenti risultati di sopravvivenza dei piccoli pazienti.
I chirurghi ortopedici specializzati nel trattamento del piede e della caviglia stanno attualmente esaminando l’influenza dell’obesità sull’esito delle loro procedure.
La sostituzione totale della caviglia (TAR), conosciuta anche come artroplastica totale della caviglia, è una procedura chirurgica impiegata per trattare l’artrite della caviglia.
Questo intervento chirurgico mira a ridurre il dolore e migliorare la funzionalità dell’articolazione, preservandone il movimento.
Un recente studio pubblicato su Foot & Ankle International (FAI) ha esaminato l’impatto dell’obesità sui risultati della sostituzione totale della caviglia (TAR).
I ricercatori della Duke University hanno analizzato un ampio campione di pazienti per comprendere meglio l’effetto dell‘obesità sulle complicanze e l’esito della procedura.
Nonostante il recente studio della Duke University non abbia riscontrato un aumento delle complicanze legate all’obesità dopo la TAR, altri studi hanno mostrato risultati differenti.
Un secondo studio basato nel Regno Unito ha evidenziato un aumento del rischio di insuccesso della procedura in pazienti obesi.
Questi risultati contraddittori richiedono ulteriori indagini.
Gli esperti rimangono perplessi dalle differenze nei risultati dei vari studi sull’obesità e la sostituzione totale della caviglia.
Sia i ricercatori della Duke University che quelli del Regno Unito concordano sulla necessità di condurre ulteriori ricerche con campioni più ampi per comprenderne meglio l’effetto.
L’American Orthopaedic Foot & Ankle Society (AOFAS) svolge un ruolo cruciale nell’educazione, nella ricerca e nel supporto dei chirurghi ortopedici del piede e della caviglia, al fine di migliorare la cura dei pazienti.
Questa organizzazione globale contribuisce a promuovere la formazione continua, finanzia la ricerca e aumenta la consapevolezza dei pazienti sulle condizioni e i trattamenti relativi al piede e alla caviglia.
La missione dell’AOFAS è quella di ispirare prestazioni professionali di alto livello per ottenere risultati migliori per i pazienti.
Un caso unico al mondo eseguito presso l’Unità Operativa di Cardiologia 2 – Aritmologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana.
Un’innovativa procedura in due tempi di estrazione di un pacemaker infetto e il suo reimpianto in una paziente con valvola tricuspide precedentemente riparata è stata eseguita con successo presso l’Unità Operativa di Cardiologia 2 dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, diretta dal dottor Giulio Zucchelli.
Questo caso straordinario di grave infezione cardiaca è stato trasferito d’urgenza da un ospedale nella capitale.
Il trattamento di questa paziente ha richiesto un alto livello di competenza.
La struttura cardiologica presso l’Aoup è considerata un riferimento nazionale per queste procedure e ha potuto individuare la soluzione migliore per affrontare l’infezione senza compromettere la funzionalità valvolare.
L’estrazione transvenosa di dispositivi elettronici cardiaci impiantabili infetti o malfunzionanti è una procedura mini-invasiva ormai consolidata a Pisa per il trattamento delle infezioni cardiache gravi.
Tuttavia, questa procedura non è priva di rischi, poiché potrebbe causare la rottura delle aderenze formate dai “fili elettrici” nel tempo all’interno dei vasi sanguigni e del cuore.
Nel caso specifico, il dottor Zucchelli e il suo team si sono trovati di fronte a una situazione eccezionalmente complicata.
La paziente aveva due fili elettrici infetti, uno dei quali era molto datato e l’altro ridotto a poco più di un moncone intravascolare.
Entrambi questi fili attraversavano una valvola ristretta da una clip metallica, rendendo l’estrazione e il reimpianto estremamente difficili e potenzialmente dannosi per la valvola.
Per affrontare questa sfida, è stata adottata una procedura sviluppata dalla precedente direttrice della struttura, la dottoressa Maria Grazia Bongiorni, conosciuta in tutto il mondo come “Pisa approach”.
Questa procedura ha permesso di rimuovere i “fili elettrici” nel modo meno traumatico possibile.
Per il reimpianto del dispositivo, il team ha scelto un pacemaker senza fili, posizionato completamente all’interno del ventricolo destro.
Questa scelta ha comportato meno interferenza con la valvola tricuspide precedentemente riparata.
L’intervento è stato un successo grazie alla collaborazione dell’Unità Operativa di Cardio-anestesia e Rianimazione e allo standby chirurgico della Sezione Dipartimentale di Cardiochirurgia.
L’Aoup è un centro di riferimento e un hub nazionale per il trattamento delle complicanze da pacemaker e defibrillatori, avvalendosi della consulenza dell’Unità Operativa di Malattie Infettive.
L’Unità Operativa Farmaceutica–Dispositivi Medici ha garantito un rapido approvvigionamento dei dispositivi ad alta tecnologia necessari per la procedura.
Dopo circa una settimana dall’intervento, la paziente è stata trasferita nell’ospedale romano di provenienza in condizioni stabili per il proseguimento delle cure.
Questo innovativo intervento ha rappresentato un importante passo avanti nel trattamento delle complicanze legate ai dispositivi cardiaci impiantabili, dimostrando la competenza e la dedizione del team medico dell’Aou pisana.
Nel Centro Cardiologico Monzino di Milano, sono stati impiantati con successo 35 cuori artificiali, di cui otto dei più avanzati modelli HeartMate 3, considerati il dispositivo di punta a livello internazionale.
Questi dispositivi sfruttano la tecnologia di levitazione magnetica per minimizzare le complicanze e ripristinare il flusso sanguigno.
I cuori artificiali, noti come Vad (Ventricular Assistance Device), svolgono la funzione di una “pompa del sangue” e contribuiscono in tutto o in parte alla funzione ventricolare, in particolare quella sinistra, per distribuire il sangue in tutto l’organismo.
Questi dispositivi, essenzialmente delle mini-pompe miniaturizzate, vengono impiantati nel torace per assistere il cuore nella sua azione propulsiva.
Il Prof. Piergiuseppe Agostoni, Direttore della Cardiologia Critica del Monzino e Professore di Cardiologia all’Università degli Studi di Milano, spiega che lo scompenso cardiaco grave, o insufficienza cardiaca, si manifesta come l’incapacità del cuore di contrarsi e dilatarsi in modo sufficiente per eseguire le sue funzioni vitali.
In passato, l’unico trattamento disponibile era il trapianto di cuore, che presentava limiti significativi, come la disponibilità limitata degli organi e la selezione dei pazienti.
Di conseguenza, la ricerca si è focalizzata sui Vad, con modelli attuali come l’HeartMate 3 che sfruttano nuove tecnologie di propulsione sanguigna basate su campi magnetici, garantendo maggiore durata, sicurezza e riducendo il rischio di complicanze trombo-emboliche.
Questi dispositivi sono anche più compatti rispetto ai modelli precedenti e funzionano grazie a batterie portatili indossate come una cintura.
Attualmente, sono in corso sperimentazioni per ricariche wireless, che non richiedono fili o batterie esterne.
L’impianto di un Vad richiede un approccio multidisciplinare e un lavoro di squadra essenziale, che segue il paziente dalla selezione iniziale al follow-up nel tempo.
Questo gruppo comprende un cardiologo specializzato in scompenso cardiaco avanzato per la selezione e il monitoraggio del paziente, un cardiologo specializzato in imaging ed emodinamica, uno psicologo, un anestesista rianimatore e un cardiochirurgo.
Il Prof. Agostoni sottolinea che ci sono molteplici indicazioni per l’utilizzo dei Vad, che vanno da terapie temporanee in attesa di un cuore da trapiantare a situazioni in cui il Vad rappresenta la terapia definitiva, quando un trapianto non è possibile.
Questo è particolarmente rilevante per i pazienti con problemi legati all’età o comorbilità.
Di conseguenza, il Vad non è più considerato solo una “soluzione ponte” verso il trapianto, ma una terapia di destinazione che può sostituirsi al trapianto stesso.
Le performance dei Vad, e quindi i benefici per i pazienti, avanzano parallelamente all’evoluzione tecnologica.
Attualmente, la sopravvivenza media dei pazienti con Vad di lunga durata è di circa 5 anni, rispetto a un’attesa media di 6 mesi.
Tuttavia, i risultati variano in base alle condizioni specifiche di ciascun paziente candidato all’impianto, ma è evidente che con il tempo, questi dati migliorano per tutti.