Tutti convocati in difesa del nostro cuore

Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di morte in Italia e nel mondo. Tuttavia, la percezione del rischio è ancora troppo bassa tra i cittadini. Per affrontare questa sfida, nasce “Al cuore della prevenzione/CVrisk-IT”, un progetto innovativo che coinvolge 30.000 cittadini e punta a migliorare la prevenzione cardiovascolare attraverso la ricerca scientifica. 

Il più grande progetto di ricerca cardiovascolare in Italia

Trentamila cittadini, da Bolzano alla Sicilia, potranno partecipare a “Al cuore della prevenzione/CVrisk-IT”, il più grande progetto di ricerca sul rischio cardiovascolare mai realizzato in Italia.

Finanziato dal Parlamento tramite il ministero della Salute con 20 milioni di euro e previsto dalla legge di bilancio del 2023, il progetto mira a ottenere una fotografia dettagliata dello stato di salute del cuore degli italiani.

La rete degli Irccs e l'obiettivo del progetto

Il progetto è guidato dalla rete dei 17 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) del ministero della Salute, che fungeranno da centri hub, supportati da altri 30 ospedali.

L’iniziativa combina ricerca scientifica e prevenzione, con l’obiettivo di ridurre le liste d’attesa e i costi sanitari legati ai ricoveri per patologie cardiovascolari.

Ogni anno, in Italia, si registrano 1.500 dimissioni ospedaliere per motivi cardiovascolari ogni 100.000 abitanti, un dato che incide pesantemente sulle degenze e sulle giornate lavorative perse.

Chi può partecipare e come candidarsi

Per partecipare, occorre soddisfare tre requisiti: essere sani, avere un’età compresa tra i 40 e gli 80 anni e non avere una diagnosi pregressa di malattia cardiovascolare o diabete.

La candidatura è semplice: basta collegarsi al sito della Rete cardiologica Irccs e compilare il format per manifestare interesse.

Dopo la verifica dei requisiti, si potrà entrare nel vivo dello studio, che prevede una presa in carico completamente gratuita sostenuta dal Servizio sanitario nazionale.

Il percorso dello studio e i benefici per la prevenzione

Il progetto si articola in due fasi: i partecipanti saranno valutati per 12 mesi attraverso i più avanzati modelli di predizione del rischio cardiovascolare.

Coloro che presenteranno un rischio “molto alto” riceveranno un trattamento standard basato sulle linee guida cliniche, mentre gli altri saranno assegnati a nuovi approcci metodologici, ricevendo consulenze personalizzate sullo stile di vita.

L’obiettivo è duplice: avanzare la ricerca scientifica e mettere in campo una massiccia operazione di prevenzione cardiovascolare.

Un’iniziativa necessaria, considerando che le malattie del cuore rappresentano la principale causa di morte sia nel mondo che in Italia, con un’incidenza del 30,8%.

Tuttavia, la percezione del rischio cardiovascolare tra gli italiani è ancora bassa: il 54% non si ritiene a rischio e solo la metà della popolazione adotta misure preventive come un’alimentazione sana (50%) e attività fisica regolare (39%), mentre appena il 18% si sottopone a controlli periodici.

L’innovazione del progetto CVrisk-IT

L’innovazione del progetto è spiegata da Lorenzo Menicanti, presidente della Rete degli Irccs cardiologici e direttore scientifico dell’Irccs Policlinico San Donato: «Il nostro primo obiettivo è realizzare una profilazione del rischio della popolazione italiana, mai effettuata prima d’ora. Inoltre, vogliamo comprendere quali fattori abbiano il maggiore impatto nell’evoluzione del rischio cardiovascolare».

I partecipanti saranno sottoposti a ecografie della carotide per individuare eventuali patologie, TAC per valutare la presenza di calcificazioni e, elemento innovativo, un’indagine genetica, nel rispetto delle stringenti normative italiane sulla privacy.

Menicanti sottolinea l’importanza di coinvolgere i cittadini nella prevenzione: «Se ognuno conosce esattamente il proprio rischio, l’approccio alla prevenzione cambia radicalmente».

La validazione scientifica e la piattaforma MyCardioSpace

Prima del lancio definitivo, il programma è stato sottoposto alla validazione di esperti internazionali.

Ambra Cerri, Chief Project Manager, spiega che il protocollo di studio è stato già approvato da alcuni Comitati etici territoriali e integra soluzioni innovative per ottimizzare la gestione operativa.

Inoltre, è stata sviluppata una piattaforma informatica avanzata, MyCardioSpace, che facilita la raccolta e l’uso scientifico dei dati, mettendo al centro il cittadino.

L’iniziativa è supervisionata dal ministero della Salute, che la considera un modello innovativo di interazione con le persone.

Graziano Lardo, direttore generale Ricerca e Innovazione, evidenzia come l’inserimento dei dati genetici e la creazione di una biobanca saranno elementi cruciali per la ricerca futura.

Il campione di nuoto Filippo Magnini testimonial del progetto

A sostenere il progetto come testimonial è il campione di nuoto Filippo Magnini, due volte campione mondiale nei 100 metri stile libero.

Magnini lancia un messaggio chiaro: «La prevenzione è fondamentale per tutti noi, per vivere più sereni e per aiutare la ricerca a progredire. Nessuno può dirsi esente dalle malattie del cuore, quindi controllatevi e candidatevi per far parte dei 30.000 partecipanti.

Scoprirete che vale la pena consigliare questa opportunità anche alle persone che amate». Secondo Magnini, CVrisk-IT rappresenta un’opportunità unica per i cittadini di accedere gratuitamente a un programma di prevenzione cardiovascolare di altissimo livello.

Sindrome del Tunnel Carpale: Cause, Sintomi e Rimedi

La sindrome del tunnel carpale (STC) è una neuropatia periferica che colpisce il nervo mediano nel polso, compromettendo la funzionalità della mano. In questo articolo troverai informazioni su cause, sintomi, diagnosi, trattamenti e consigli utili per prevenire e gestire questa condizione.

Che cos’è il tunnel carpale?

Il tunnel carpale è uno stretto passaggio situato nel polso, attraverso il quale scorrono il nervo mediano e i tendini flessori delle dita.

È delimitato dalle ossa carpali e dal legamento trasverso del carpo.

Questa struttura anatomica gioca un ruolo cruciale nella funzionalità della mano, ma la sua conformazione la rende suscettibile a compressioni nervose che generano la cosiddetta “sindrome del tunnel carpale” (STC).

Incidenza della sindrome del tunnel carpale

In Italia, circa il 3-4% della popolazione adulta soffre di questa patologia, con una maggiore incidenza nelle donne tra i 40 e i 60 anni.

La STC è più frequente in persone che svolgono lavori ripetitivi con le mani, come l’uso del computer, artigiani e atleti che praticano sport che sollecitano il polso.

Inoltre, la sindrome può essere associata a condizioni come gravidanza, diabete e artrite reumatoide.

Sintomi principali

Il disturbo si manifesta principalmente con:

  • Formicolii e intorpidimento: Interessano le prime tre dita della mano.
  • Dolore: Talvolta si estende all’avambraccio, con un peggioramento dei sintomi durante la notte.
  • Debolezza e difficoltà motorie: Problemi nella presa e nei movimenti fini.

Il freddo può accentuare i sintomi a causa della vasocostrizione, aumentando la compressione del nervo.

Tuttavia, con precauzioni come l’uso di guanti termici, esercizi di riscaldamento e pause regolari, non è necessario evitare del tutto gli sport invernali.

Diagnosi della sindrome

L’inquadramento diagnostico si basa su:

  • Esame clinico: Valutazione della sensibilità, forza e riflessi della mano.
  • Test strumentali: Elettromiografia, ecografia o risonanza magnetica del polso.

Un approccio innovativo è rappresentato dalla valutazione biomeccanica, che studia il movimento e le forze che agiscono sul corpo.

I sensori inerziali, strumenti miniaturizzati e non invasivi, permettono una diagnosi precoce, monitoraggio e gestione della STC, nonché supporto alla riabilitazione post-chirurgica.

Trattamenti disponibili

La cura della sindrome del tunnel carpale può essere:

  • Conservativa: Include riposo, immobilizzazione del polso, esercizi di stretching, farmaci antinfiammatori e iniezioni di corticosteroidi.
  • Chirurgica: Si effettua una decompressione del tunnel carpale, con tecniche endoscopiche o a cielo aperto. Dopo l’intervento è necessaria una riabilitazione per recuperare la funzionalità della mano.

Strategie di prevenzione

Per ridurre il rischio di sviluppare la STC, è utile adottare alcune precauzioni:

  • Postura corretta: Lavorare con monitor all’altezza degli occhi, spalle rilassate e polsi in posizione neutra.
  • Attrezzature ergonomiche: Utilizzare tastiere, mouse e sedie adeguati.
  • Pause e stretching: Fare brevi pause ogni 30-60 minuti per eseguire esercizi di allungamento per mani e polsi.
  • Supporti per il polso: Indossare tutori durante la notte o attività prolungate.

Con questi accorgimenti, è possibile ridurre il rischio di insorgenza della sindrome e migliorare il benessere generale durante le attività quotidiane.

Fonte:

Migliorare il risultato nella Chirurgia Ortopedica

Il miglioramento dell’outcome è un obiettivo primario in qualsiasi intervento terapeutico, in particolare in chirurgia ortopedica. Negli ultimi anni, la ricerca si è concentrata sull’uso di materiali e tecniche innovative per ottimizzare la ripresa funzionale e l’outcome globale dei pazienti sottoposti a interventi ortopedici. Tuttavia, un approccio alternativo, noto come pre-abilitazione, sta guadagnando sempre più interesse nel contesto chirurgico.

La Pre-riabilitazione e il Protocollo ERAS

La pre-riabilitazione consiste nel migliorare la capacità funzionale del paziente prima dell’intervento chirurgico attraverso un programma riabilitativo.

Questo approccio è parte del protocollo Enhanced Recovery After Surgery (ERAS), che mira a ridurre morbidità, mortalità e tempi di recupero post-operatorio.

In particolare, negli interventi ortopedici complessi, come le sostituzioni articolari o le procedure spinali, la pre-abilitazione aiuta i pazienti a raggiungere una condizione fisica “ottimale”, migliorando gli esiti chirurgici, riducendo le complicanze e accelerando il recupero.

Nutrizione e Outcome Chirurgico

Un corretto approccio nutrizionale prima e dopo la chirurgia è fondamentale per ridurre i tempi di degenza, migliorare l’outcome funzionale e diminuire il rischio di complicanze e mortalità post-operatoria.

La Sarcopenia: una sfida nella chirurgia ortopedica

La sarcopenia è una condizione caratterizzata dalla perdita progressiva di massa e forza muscolare.

Nella sua forma primaria, è associata all’invecchiamento, mentre in quella secondaria può colpire persone giovani a causa di immobilizzazione prolungata, malattie croniche o malnutrizione.

Dopo un intervento chirurgico complesso, è comune osservare una sarcopenia “acuta” che influisce negativamente sull’outcome funzionale

Implicazioni cliniche della Sarcopenia

La sarcopenia rappresenta un significativo fattore di rischio per complicanze post-operatorie, inclusi ritardi nella guarigione, infezioni e recupero compromesso.

Essa aumenta anche la durata del ricovero ospedaliero e i costi sanitari.

La gestione ottimale del paziente sarcopenico in fase pre- e post-operatoria è cruciale per migliorare l’esito chirurgico e accelerare il recupero.

Patofisiologia della Sarcopenia

La sarcopenia è il risultato di meccanismi multifattoriali, tra cui:

  • Invecchiamento: Riduzione fisiologica delle fibre muscolari, particolarmente quelle di tipo II.

  • Inattività fisica: Immobilizzazione accelera l’atrofia muscolare.

  • Infiammazione cronica: Promuove la degradazione proteica muscolare.

  • Malnutrizione: Apporto inadeguato di proteine e aminoacidi.

  • Alterazioni ormonali: Cambiamenti legati all’età influenzano negativamente il metabolismo muscolare.

  • Fattori genetici: Alcuni individui sono geneticamente predisposti alla sarcopenia.

Valutazione e diagnosi della Sarcopenia

La valutazione pre-operatoria include strumenti come il questionario SARC-F, l’Handgrip Strength Test, la DXA e la bioimpedenziometria. Inoltre, test funzionali come il Timed Up and Go (TUG) forniscono informazioni utili sulla capacità di recupero del paziente.

Ottimizzazione Pre-operatoria

Programmi Riabilitativi Pre-operatori

La pre-abilitazione combina esercizi di rinforzo muscolare ed esercizi aerobici per migliorare la capacità funzionale.

Studi dimostrano che programmi multimodali riducono complicanze e tempi di recupero.

In pazienti con sarcopenia severa, la stimolazione elettrica neuromuscolare è un valido supporto.

Nutrizione e Modulatori Pro-anabolici

Un’adeguata alimentazione supporta i programmi riabilitativi pre- e post-operatori.

Nutrienti chiave come vitamina D, leucina e omega-3 promuovono la crescita muscolare.

I probiotici, migliorando la salute del microbiota intestinale, contribuiscono alla gestione della sarcopenia.

Conclusioni

L’approccio multimodale e multidisciplinare è cruciale per la gestione della sarcopenia in chirurgia ortopedica.

Programmi riabilitativi personalizzati, integrati con una nutrizione adeguata, rappresentano strategie essenziali per migliorare gli esiti chirurgici e la qualità di vita dei pazienti.

Fonte:

Due pazienti paraplegici tornano a camminare

Un team di scienziati dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha applicato un innovativo protocollo di stimolazione ad alta frequenza. I risultati di questa sperimentazione sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine.

Tornano a camminare grazie a un neurostimolatore midollare

Tornano a camminare per la prima volta al mondo due pazienti con lesione traumatica del midollo spinale, che hanno ricevuto un neurostimolatore midollare.

L’impresa è stata realizzata da un team di medici e ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, Università Vita-Salute San Raffaele (UniSR) e bioingegneri della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

L’approccio innovativo, basato su un protocollo di stimolazione elettrica epidurale ad alta frequenza, ha ottenuto risultati promettenti nel trattamento delle lesioni spinali.

I risultati dello studio

Lo studio, pubblicato su Science Translational Medicine, ha dimostrato che questa tecnica riduce significativamente la spasticità muscolare e migliora le capacità motorie nei pazienti con lesioni al midollo spinale.

I primi due pazienti con lesioni incomplete al midollo spinale, trattati nel 2023 con l’impianto del neurostimolatore midollare, hanno recuperato le funzioni motorie.

I ricercatori hanno applicato stimolazioni mirate ad alta frequenza che, combinate con un programma riabilitativo, hanno portato miglioramenti significativi nella forza muscolare, nella deambulazione e nel controllo motorio.

Inoltre, il protocollo ha ridotto i riflessi patologici e le contrazioni muscolari involontarie, favorendo movimenti più fluidi e naturali.

Cos'è la spasticità muscolare

Malattie del sistema nervoso centrale, come la sclerosi multipla, o lesioni traumatiche del midollo spinale che interrompono la comunicazione con il cervello, possono causare difficoltà nella deambulazione, paralisi degli arti e spasticità muscolare.

La spasticità muscolare consiste in una contrazione muscolare intermittente o sostenuta che provoca rigidità e spasmi involontari, riducendo significativamente la mobilità.

Questa condizione colpisce circa il 70% dei pazienti con lesioni spinali.

Studi recenti hanno dimostrato che stimolare elettricamente un midollo spinale lesionato può rappresentare una strategia efficace per ripristinare la capacità di camminare.

Tuttavia, i protocolli di stimolazione a bassa frequenza finora utilizzati offrono risultati limitati nei pazienti con spasmi muscolari gravi.

L'intervento sui pazienti

I pazienti presi in esame nello studio presentavano lesioni traumatiche del midollo spinale.

Nel corso del 2023 sono stati sottoposti a un intervento innovativo di impianto di un elettrostimolatore midollare, seguito da un lungo percorso riabilitativo presso l’unità diretta da Sandro Iannaccone.

Al termine del trattamento, entrambi i pazienti hanno mostrato miglioramenti significativi nelle capacità motorie, con uno di essi che ha percorso ben 175 metri senza stimolazione attiva.

Il programma riabilitativo ha integrato stimolazioni a bassa e alta frequenza con esercizi motori mirati.

Il principio della stimolazione ad alta frequenza

La stimolazione ad alta frequenza del midollo spinale si è dimostrata un metodo sicuro per inibire l’iperreattività patologica dei circuiti spinali senza causare disagio ai pazienti.

“Il midollo spinale è naturalmente iperreattivo agli stimoli per favorire i riflessi rapidi, ma questa iperreattività è normalmente bilanciata dal cervello.

Nel caso di una lesione spinale, il paziente perde questi segnali inibitori, con conseguente iperreattività patologica”, spiega Simone Romeni, primo autore dello studio e ricercatore presso l’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna e l’IRCCS Ospedale San Raffaele.

“Crediamo che la stimolazione a frequenze dell’ordine dei kiloHertz, nettamente superiori a quelle usate in precedenti studi, possa interferire con questa iperattività, riducendo la trasmissione ai muscoli e di conseguenza gli spasmi”, aggiunge Romeni.

Un protocollo innovativo per la stimolazione spinale

“Il protocollo di stimolazione spinale sviluppato e testato in questo studio rappresenta un importante passo avanti nella neuroingegneria applicata alla neuroriabilitazione”, dichiara Silvestro Micera, professore presso l’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, nonché coordinatore dello studio.

“Ad oggi, i pazienti trattati con il neurostimolatore sono otto. La procedura chirurgica è risultata sicura ed efficace, offrendo una nuova prospettiva terapeutica per i pazienti con gravi lesioni spinali”, aggiunge Pietro Mortini, ordinario di Neurochirurgia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e primario di Neurochirurgia presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele.

La combinazione di tecnologie avanzate e approcci personalizzati alla riabilitazione sta aprendo nuove possibilità per il recupero motorio, riducendo gli effetti collaterali associati alle terapie farmacologiche e chirurgiche tradizionali.

Le prospettive future

I prossimi passi includeranno ulteriori studi clinici su un numero maggiore di pazienti per confermare i risultati preliminari.

“Stiamo pianificando di estendere le indicazioni a diverse condizioni cliniche nei prossimi mesi.

Siamo all’inizio di una nuova, promettente era per la neuroriabilitazione motoria.

Vogliamo esprimere profonda gratitudine ai pazienti che hanno avuto fiducia in noi”, conclude il professor Mortini.

Fonte:

Il Robot Da Vinci XI per la chirurgia pediatrica al Meyer

L’ospedale pediatrico Meyer compie un importante passo avanti nella chirurgia pediatrica grazie all’acquisizione del robot chirurgico Da Vinci XI, una tecnologia all’avanguardia per interventi mini-invasivi. Questo sistema rivoluzionerà il trattamento dei piccoli pazienti, garantendo maggiore precisione, tempi di recupero più rapidi e un miglioramento complessivo delle cure. 

Un sistema robotico avanzato per la Chirurgia Pediatrica

Un innovativo sistema robotico, denominato Da Vinci XI, è stato presentato questa mattina presso l’ospedale Meyer, alla presenza del presidente della Regione Eugenio Giani e del direttore dell’Aou Meyer Paolo Morello.

Questo robot rappresenta una rivoluzione nella chirurgia pediatrica, permettendo interventi complessi con il minimo disagio per i giovani pazienti.

Tecnologia e precisione al servizio dei piccoli pazienti

Grazie al supporto della Fondazione Meyer, l’ospedale ha acquisito questa piattaforma di ultima generazione.

Il sistema offre una visione 3D ad alta definizione del campo operatorio e un controllo intuitivo degli strumenti robotici, superando le limitazioni della chirurgia tradizionale.

È possibile gestire tre strumenti articolati e un endoscopio attraverso una singola incisione cutanea, riducendo al minimo l’impatto estetico e i rischi postoperatori.

Un programma di potenziamento della Chirurgia

Il Meyer ha sviluppato un programma per migliorare la chirurgia mini-invasiva e robotica, garantendo un recupero rapido e ottimale dei pazienti.

Gli interventi robotici già effettuati dal professor Lorenzo Masieri presso Careggi verranno ora svolti direttamente al Meyer, semplificando e migliorando l’intero percorso chirurgico pediatrico.

Un salto di qualità per la chirurgia pediatrica

Il programma Cromin (Chirurgia Robotica Mini-invasiva) integra nuove tecnologie chirurgiche avanzate per migliorare le prestazioni cliniche e ridurre le complicazioni postoperatorie.

Il robot Da Vinci consente movimenti chirurgici più precisi rispetto alla chirurgia open o laparoscopica, con una significativa riduzione delle perdite ematiche e dei tempi di recupero.

Una palestra per i professionisti di domani

Il robot chirurgico sarà un’opportunità di crescita per i medici in formazione e il personale sanitario, grazie a corsi specifici e simulazioni avanzate.

Inoltre, la collaborazione con esperti di fama internazionale rafforzerà la preparazione dei professionisti.

La chirurgia video-assistita robotica richiede studi continui e il Meyer si impegna a sottoporre il sistema a rigorose valutazioni scientifiche.

Il Meyer come Centro di Riferimento Regionale

Con circa 100 interventi pianificati ogni anno, il Meyer punta a diventare un punto di riferimento regionale e nazionale per la chirurgia pediatrica avanzata.

Grazie al supporto della Fondazione Meyer, saranno raccolti dati clinici per pubblicazioni scientifiche, incrementando l’attrazione di pazienti anche da fuori regione.

Un’innovazione strategica per la sanità toscana

“Il Meyer è un’eccellenza toscana – ha dichiarato il presidente della Regione Eugenio Giani – e questa acquisizione è un importante passo avanti per la chirurgia pediatrica italiana”.

Il direttore generale Paolo Morello ha aggiunto: “Siamo orgogliosi di questa innovazione, resa possibile grazie al sostegno di tanti donatori che credono nella qualità del nostro lavoro”.

Fonte:

DIANA: La cabina tecnologica per le diagnosi mediche

Diana, acronimo di Diagnostica Intelligente per Analisi Non Invasiva Avanzata, rappresenta una rivoluzionaria innovazione tecnologica nel campo delle diagnosi mediche. Questa cabina, sviluppata dalla collaborazione tra Antares Vision Group e Isinnova, mira a rendere le analisi cliniche più rapide, precise e accessibili.

Diana: Diagnostica Intelligente per Analisi Non Invasiva Avanzata

Diana è una soluzione tecnologicamente innovativa per diagnosi medica, frutto della collaborazione tra Antares Vision Group, multinazionale italiana specializzata in tracciabilità e controllo qualità, e Isinnova, PMI innovativa bresciana.

Il progetto è supportato dal Centro Nazionale di Ricerca in Sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA, grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Le diagnosi mediche per il paziente del futuro

La cabina tecnologica Diana offre una modalità non invasiva per effettuare oltre 60 esami in soli 15 minuti.

Tra le analisi disponibili figurano il monitoraggio dell’attività elettrica encefalica e cardiaca, la composizione sanguigna e corporea, l’attività muscolare e la capacità polmonare.

L’obiettivo principale è migliorare la qualità delle diagnosi, velocizzando il processo e riducendo i costi associati alle analisi tradizionali.

Cristian Fracassi e Marco Silvestri di Isinnova, rispettivamente amministratore delegato e responsabile del progetto, sottolineano che Diana integra tecnologie note o sperimentali, compattandole in una soluzione unica. “L’obiettivo non è sostituire il medico, ma velocizzare il lavoro dei professionisti della sanità”, hanno dichiarato.

Un passo avanti nelle terapie avanzate su RNA

Diana avrà un ruolo cruciale nello sviluppo di terapie avanzate, specialmente quelle che utilizzano la tecnologia RNA.

Rosario Rizzuto, Presidente della Fondazione Centro Nazionale per lo Sviluppo di Terapia Genica e Farmaci con Tecnologia RNA, ha spiegato che Diana consentirà di monitorare l’efficacia dei farmaci RNA in tempo reale.

Questa piattaforma accorcia i tempi di ricerca, semplifica i processi diagnostici e facilita la scoperta di cure più precise e sostenibili.

Il prototipo e le prospettive future

Il primo prototipo, Diana-ATMP, sarà operativo entro metà 2025 presso il Centro Nazionale RNA & Genetherapy.

Questo sistema integrato consentirà di raccogliere e analizzare dati anche in contesti sanitari remoti, facilitando il lavoro dei medici e migliorando l’accesso ai trattamenti.

Antares Vision Group: innovazione continua nell'healthcare

Nel 2022, Antares Vision Group acquista il 15% di Isinnova e continua a investire in soluzioni digitali per il settore sanitario.

Le sue tecnologie includono software per la tracciabilità, certificazione, ispezione qualità e analisi dei dati basata sull’intelligenza artificiale.

Fonte:

Come l’IA guiderà il medico di famiglia

L’intelligenza artificiale sta trasformando il mondo della medicina, portando innovazioni che mirano a migliorare l’efficienza e la qualità delle cure. Anche negli studi dei medici di famiglia, l’IA si presenta come un alleato prezioso, capace di monitorare i dati sanitari dei pazienti, segnalazione anomalie e semplificare le attività quotidiane. 

L'intelligenza artificiale al servizio dei medici di famiglia

L’intelligenza artificiale (IA) si affaccia agli studi dei medici di famiglia non per sostituirli, ma per supportarli nel prendersi cura dei pazienti.

Grazie alla sua capacità di monitorare e interpretare i dati sanitari, l’IA può segnalare anomalie, suggerire esami o visite aggiuntive, consigliare attività di prevenzione, gestire le ricette ricorrenti e monitorare l’andamento di patologie croniche come il diabete o le cardiopatie.

Il progetto finanziato dal PNRR e il ruolo di Agenas

Dopo aver fatta strada negli ospedali, l’intelligenza artificiale entra negli studi medici grazie a un progetto finanziato dal PNRR con oltre 37 milioni di euro, a cui potrebbero aggiungersi altri 20 milioni.

Questa iniziativa prevede una sperimentazione iniziale su 1500 medici di famiglia, con l’obiettivo di estendere la piattaforma a tutti i medici entro la fine del 2026.

L’Agenas, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, ha recentemente concluso il bando di gara per realizzare questa piattaforma, che sarà utilizzabile anche dai pazienti tramite una app.

Come funziona la piattaforma: algoritmi e alert per i medici

La piattaforma sfrutta algoritmi avanzati per analizzare i dati sanitari provenienti dal fascicolo sanitario elettronico, prestazioni mediche digitalizzate e acquisti di farmaci.

Questi algoritmi avviseranno i medici in caso di anomalie nei dati dei pazienti, suggerendo esami o interventi tempestivi.

Un medico di famiglia ha in media 1500 assistiti.

Grazie all’IA, il software potrà identificare anomalie nei dati e inviare alert al medico per interventi mirati,” spiega Domenico Mantoan, direttore generale di Agenas.

Funzionalità per medici e pazienti

La piattaforma offre un cruscotto che consente ai medici di monitorare l’evoluzione clinica e percorsi di cura dei pazienti.

Gli algoritmi permetteranno inoltre di segmentare i pazienti per caratteristiche come età o patologie, generando alert personalizzati per la gestione delle condizioni di salute.

La piattaforma semplificherà anche la prenotazione di visite, il controllo di terapie ricorrenti e la comunicazione tra medico e paziente.

I pazienti, attraverso una app, potranno accedere facilmente ai servizi sanitari e monitorare il proprio stato di salute.

Altre iniziative basate sull'intelligenza artificiale

Oltre al progetto Agenas, altre soluzioni innovative stanno emergendo.

Ad esempio, l’app “Elty” di DaVinci Salute automatizza la trascrizione dei parametri clinici dai referti direttamente nella cartella del paziente, riducendo i carichi burocratici per i medici.

Anche “MioDottore” ha introdotto nuove funzionalità basate sull’IA, come la trascrizione organizzata e personalizzata delle informazioni scambiate durante le visite mediche.

Queste innovazioni promettono di rivoluzionare l’attività dei medici di famiglia, rendendo la cura più efficace e personalizzata per i pazienti.

Innovativa tecnica AnteriorPath per la chirurgia protesica d’anca

L’aumento della longevità ha portato a una crescente richiesta di chirurgia protesica d’anca. Tecniche innovative come la bikini e la nuova “AnteriorPath” offrono interventi mininvasivi con migliori risultati estetici e funzionali.

Aumento della longevità e innovazioni nella chirurgia protesica

Con l’invecchiamento della popolazione, cresce la domanda di interventi di chirurgia protesica, tra cui la sostituzione dell’anca.

Negli anni, le tecnologie e le tecniche chirurgiche si sono evolute per rispondere meglio alle esigenze dei pazienti, con un focus particolare sulla riduzione dell’impatto estetico e sul miglioramento del recupero funzionale.

Chirurgia mininvasiva: obiettivi e vantaggi

La chirurgia mininvasiva si propone di ridurre il trauma chirurgico e migliorare i risultati per il paziente.

Oltre a garantire cicatrici meno evidenti, questa tecnica consente di preservare i tessuti della gamba, tra cui muscoli, tendini e terminazioni nervose, favorendo un recupero più rapido e completo della funzionalità dell’articolazione.

La tecnica bikini: innovazione nell'approccio anteriore

La tecnica bikini rappresenta un’evoluzione dell’approccio anteriore per l’impianto di protesi d’anca.

La cicatrice, posizionata in modo obliquo lungo la piega dell’inguine, misura circa 10-12 cm ed è facilmente nascosta da biancheria intima o costumi.

Questo approccio non solo offre vantaggi estetici ma, evitando la sezione di tendini e muscoli, garantisce una maggiore stabilità dell’impianto, una riduzione delle perdite di sangue e del dolore post-operatorio, oltre a tempi di recupero più brevi.

La nuova tecnica “AnteriorPath”: perfezionamento dall'esperienza USA

Humanitas Mater Domini presenta la tecnica “AnteriorPath”, un’innovazione dell’approccio bikini.

Questa nuova metodica, sviluppata grazie all’esperienza statunitense e perfezionata in Italia dal dott. Fabio Zerbinati, offre ulteriori benefici.

L’intervento prevede due piccole incisioni: una di 6 cm e l’altra di circa 1 cm, entrambe facilmente nascoste dagli indumenti.

Vantaggi del doppio accesso chirurgico

A differenza della tecnica bikini tradizionale, dove tutti gli strumenti vengono utilizzati attraverso un unico accesso, l’approccio “AnteriorPath” si avvale di due vie d’accesso.

La prima incisione prepara l’articolazione per l’impianto, mentre la seconda consente l’introduzione di strumenti aggiuntivi attraverso un portale secondario, migliorando la precisione nella posizione della protesi.

Questa tecnica riduce i movimenti chirurgici, minimizza il coinvolgimento dei tessuti circostanti (muscoli, tendini e nervi) e migliora la visualizzazione del campo operatorio.

Inoltre, grazie all’uso di strumenti di dimensioni ridotte, si evita di dilatare l’incisione principale, riducendo ulteriormente il trauma chirurgico.

Conclusioni: un recupero più rapido e sicuro

L’approccio “AnteriorPath” si rivolge esclusivamente ai primi impianti, non alle revisioni, e combina i vantaggi dell’accesso anteriore con ulteriori miglioramenti, come un posizionamento più preciso dei componenti, una migliore guarigione delle cicatrici e una riduzione delle complicanze.

Secondo il dott. Zerbinati particolarmente, questo metodo si dimostra efficace nei pazienti in sovrappeso e garantisce tempi di recupero più rapidi, migliorando la qualità della vita post-operatoria.

Chirurgia robotica otologica di precisione all’Aou Senese

All’ospedale Santa Maria alle Scotte di Siena sono stati effettuati i primi interventi in Italia di chirurgia robotica otologica. Grazie a una tecnologia innovativa, è stato possibile eseguire impianti cocleari con estrema precisione e minore invasività, segnando un importante traguardo nel trattamento della sordità profonda.

I primi interventi in Italia

Per la prima volta in Italia, all’Azienda ospedaliero-universitaria senese sono stati effettuati interventi di chirurgia robotica otologica.

Il professor Marco Mandalà, direttore dell’Otorinolaringoiatria presso l’ospedale Santa Maria alle Scotte di Siena, ha condotto tre interventi di impianto cocleare su pazienti affetti da sordità profonda.

Questa nuova tecnica, basata su tecnologie avanzate, rappresenta un passo pionieristico nel campo della chirurgia dell’udito.

La tecnologia innovativa: precisione senza precedenti

La tecnica utilizza due strumenti all’avanguardia:

  • Un braccio meccanico progettato per definire con precisione assoluta la traiettoria degli strumenti chirurgici. Questo dispositivo mantiene costantemente la posizione e l’angolazione desiderata, riducendo il tempo complessivo necessario per l’intervento.
  • Uno strumento otologico altamente sofisticato , fondamentale per preservare le delicate strutture dell’orecchio. Esso consente movimenti lenti e costanti, tra 0,1 e 1,0 mm al secondo, minimizzando i rischi di traumi durante la procedura.

«Questa tecnologia rappresenta un ulteriore passo verso una chirurgia otologica di estrema precisione – afferma il professor Mandalà – e consente di personalizzare l’intervento chirurgico in base alle specifiche esigenze del paziente. Ciò significa ridurre la traumaticità dell’operazione, migliorandone significativamente i risultati».

Risultati incoraggianti per i pazienti

I primi tre pazienti sottoposti a questa innovativa procedura stanno bene.

Gli impianti sono stati già attivati, mostrando risultati estremamente positivi.

Mandalà sottolinea come, grazie alla tecnologia utilizzata, sia stato possibile introdurre l’elettrodo nella pentola con un movimento straordinariamente lento e controllato.

La traiettoria, completamente definita e monitorata, ha consentito un’inserimento altamente atraumatico fino all’apice cocleare.

«Grazie a questa modalità – spiega Mandalà – possiamo offrire ai pazienti una capacità uditiva più naturale, con risultati uditivi più performanti rispetto a quanto possibile con le tecniche tradizionali».

L'impianto cocleare: una rivoluzione sensoriale

Considerata la protesi bionica sensoriale più efficiente mai realizzata, l’impianto cocleare rappresenta una vera rivoluzione per le persone con sordità profonda.

«I primi risultati post-operatori – aggiunge Mandalà – dimostrano una totale preservazione dell’udito residuo nei tre pazienti operati, un fattore determinante per ottenere i migliori risultati possibili con l’impianto. Inoltre, oggi possiamo misurare con precisione la coclea, identificare l’impianto più adatto al singolo paziente e trattare anche sordità monolaterali».

Interventi più rapidi e meno invasivi

Questa tecnologia non solo migliora la qualità degli interventi, ma offre anche vantaggi significativi in ​​termini di invasività e tempi di recupero.

Mandalà spiega che è possibile eseguire l’intervento su pazienti adulti in anestesia locale, con un’attivazione immediata dell’impianto direttamente in sala operatoria.

Questo approccio consente un recupero estremamente rapido dell’udito, riducendo il disagio per i pazienti e garantendo risultati ottimali in tempi molto brevi.

Un primato italiano nel campo della chirurgia otologica

L’ospedale Santa Maria alle Scotte di Siena si conferma un centro d’eccellenza e innovazione, diventando il primo in Italia a utilizzare questa tecnologia avanzata e atraumatica.

«Siamo orgogliosi di poter offrire ai nostri pazienti questa opportunità unica – conclude Mandalà – che segna un nuovo capitolo nella chirurgia otologica e apre la strada ad ulteriori sviluppi nel trattamento delle patologie dell’udito».

La TAVI: una procedura salvavita ancora poco accessibile in Italia

Nuove raccomandazioni dagli Stati Uniti indicano che la sostituzione transcatetere della valvola aortica (TAVI/TAVR) può ridurre i rischi di morte, ictus e ricovero anche nei pazienti con stenosi grave asintomatica, oggi trattati solo con sorveglianza. In Italia, però, si eseguono appena 220 TAVI per milione di abitanti, contro un fabbisogno stimato di 400.

Una procedura salvavita, ma poco accessibile

Nonostante le evidenze scientifiche a supporto dell’estensione delle indicazioni della TAVI (sostituzione transcatetere di valvola aortica) anche ai pazienti con stenosi aortica asintomatica, in Italia questa procedura mininvasiva soddisfa solo poco più della metà del fabbisogno nazionale.

Ogni anno si eseguono 220 TAVI per milione di abitanti, rispetto a un fabbisogno stimato di 400 per milione.

Focus scientifico e sostenibilità ambientale al congresso GISE

Gli specialisti della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) hanno acceso i riflettori su nuove opportunità e carenze di accesso alla TAVI durante il 45° congresso nazionale, inaugurato a Milano.

Per la prima volta in Italia, l’evento è interamente “carbon neutral”, con emissioni di carbonio calcolate e compensate.

Oltre ad essere un momento scientifico di rilievo, il congresso si propone come un esempio di responsabilità ambientale.

La rivoluzione della TAVI nella cardiologia interventistica

La TAVI ha trasformato la cardiologia interventistica, offrendo una valida alternativa alla chirurgia a cuore aperto per i pazienti con stenosi aortica – spiega Francesco Saia, presidente GISE.

La stenosi aortica è una grave patologia che ostacola il flusso sanguigno e aumenta il rischio di morte, con una sopravvivenza inferiore al 5% a tre anni dalla diagnosi sintomatica.

Questa procedura minimamente invasiva rappresenta una soluzione innovativa per migliorare la qualità della vita dei pazienti”.

Lo studio EARLY TAVR: i vantaggi dell'intervento precoce

Durante il congresso internazionale Transcatheter Cardiovascolare Therapeutics (TCT) a Washington, è stato presentato lo studio EARLY TAVR, che ha dimostrato i benefici di un intervento precoce nei pazienti con stenosi aortica grave ma asintomatica.

Su 901 pazienti seguiti per 3,8 anni, quelli sottoposti a TAVI precoce hanno mostrato un rischio ridotto del 15% di morte, ictus o ricovero rispetto al gruppo monitorato.

Inoltre, questi pazienti hanno registrato un minore deterioramento della funzione cardiaca.

Alfredo Marchese, responsabile di cardiologia interventistica all’Ospedale S. Maria GVM di Bari, sottolinea che il 70% dei pazienti monitorati ha comunque necessitato della sostituzione della valvola entro due anni, spesso con sintomi gravi. “Non ci sono vantaggi nell’aspettare: i nuovi dati indicano che l’intervento precoce può migliorare in modo significativo gli esiti”.

Italia: tra fabbisogno insoddisfatto e disomogeneità territoriale

Nonostante i progressi scientifici, in Italia l’accesso alla TAVI resta limitato.

“Il numero di pazienti trattati è insufficiente rispetto al fabbisogno – evidenzia Saia – e le differenze geografiche sono significative: si va da 108 a 294 interventi per milione di abitanti nelle diverse regioni, contro un fabbisogno di 350-400″.

GISE sollecita le istituzioni a colmare queste lacune, individuando strumenti per migliorare l’accesso alla procedura e garantire una maggiore uniformità nei trattamenti, al fine di salvaguardare la salute dei pazienti.