Controllo completo mano bionica

La fusione tra esseri umani, parti robotiche, sensori e intelligenza artificiale, spesso immaginata nei film di fantascienza, è ora più vicina alla realtà grazie a importanti progressi chirurgici e ingegneristici. 

La ricerca e lo studio

Uno studio recente nel campo delle protesi hi-tech, pubblicato su Science Translational Medicine, ha aperto nuove speranze per le persone amputate, presentando il primo caso documentato di un paziente amputato che è stato modificato chirurgicamente per poter muovere ogni dito della sua mano bionica in modo simile a un arto naturale.

Il paziente ha subito un intervento chirurgico per incorporare sensori speciali e un impianto scheletrico nel suo corpo, consentendo un controllo più preciso della protesi.

Il coinvolgimento italiano

Nello studio hanno partecipato anche due esperti italiani: Enzo Mastinu, assegnista dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e Paolo Sassu, specialista in Ortopedia e Traumatologia e chirurgo della mano presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.

La sfida delle protesi bioniche

Le protesi della mano e del braccio sono comunemente utilizzate per sostituire arti persi a causa di incidenti o malattie. Tuttavia, controllare queste protesi e ottenere movimenti naturali è spesso difficile, poiché offrono solo un numero limitato di movimenti disponibili.

Un grande problema si presenta per le persone amputate sopra il gomito, poiché rimangono pochi muscoli per il controllo delle numerose articolazioni robotiche necessarie per ripristinare appieno la funzione di un braccio e di una mano.

Superare le limitazioni

Un team multidisciplinare di chirurghi e ingegneri ha affrontato questa sfida riconfigurando l’arto residuo e integrando sensori e un impianto scheletrico collegati elettricamente e meccanicamente alla protesi bionica. Questo permette alla mano bionica di accedere a molte più informazioni, consentendo all’utente di controllare le diverse articolazioni robotiche a piacimento.

Il futuro dell'uomo-macchina

La ricerca è stata guidata dal professor Max Ortiz Catalan, direttore del Center for Bionics and Pain Research in Svezia. Questo importante risultato dimostra che è possibile e favorisce un migliore controllo protesico.

La combinazione di chirurgia innovativa, ingegneria avanzata e algoritmi di intelligenza artificiale apre la strada a un futuro in cui l’uomo e la macchina possono coesistere in modo ancora più stretto.

L'ancora in titanio

Comunemente, le protesi sono attaccate al corpo attraverso un meccanismo che può essere scomodo e instabile. Un’alternativa è l’uso di un impianto in titanio posizionato all’interno dell’osso residuo, che offre una maggiore stabilità e ancoraggio alla protesi.

Questa procedura, chiamata osteointegrazione, consente un collegamento meccanico più efficiente tra la protesi e il corpo.

Un successo clinico

L’intervento è stato eseguito presso l’ospedale universitario Sahlgrenska in Svezia. La ricostruzione neuromuscolare è stata condotta da Paolo Sassu, che ha anche guidato il primo trapianto di mano eseguito in Scandinavia.

I risultati dimostrano il successo di questa innovazione chirurgica e ingegneristica nell’offrire un elevato livello di funzionalità a individui con amputazioni degli arti.

Il futuro delle protesi bioniche

I ricercatori stanno continuando a migliorare il sistema e il controllo della mano bionica, dimostrando come risponda alle attività quotidiane.

Questo progresso offre un futuro migliore per i pazienti che hanno subito amputazioni degli arti, aprendo nuove possibilità per il ripristino della funzionalità e migliorando la qualità della loro vita.

Fonte

L’intelligenza artificiale rivoluziona la lotta al tumore alla prostata

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale si rivela fondamentale nella battaglia contro il tumore alla prostata.

Cnr-Iit

L’Istituto di informatica e telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iit) ha sviluppato una metodologia innovativa basata su nuovi algoritmi di intelligenza artificiale che permette di prevedere con precisione la ricomparsa del tumore dopo l’asportazione chirurgica.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature, offre una speranza concreta per i pazienti affetti da questa diffusa malattia.

Il tumore alla prostata: una sfida globale

Il tumore alla prostata rappresenta una delle forme di cancro più comuni al mondo, con circa 1,4 milioni di nuove diagnosi nel 2022.

Le proiezioni indicano che nel 2025 verranno fatte 363.000 nuove diagnosi nella comunità europea, con un numero stimato di 78.000 decessi.

Questi dati evidenziano l’urgenza di trovare soluzioni efficaci per combattere questa malattia.

La sfida della recidiva

Dopo l’asportazione chirurgica della prostata, circa il 15% dei pazienti sottoposti all’intervento sono classificati come ad alto rischio di ricaduta e richiedono un monitoraggio attento per individuare eventuali segni di ripresa del tumore.

Tuttavia, la tempistica con cui la malattia si ripresenta può variare considerevolmente da paziente a paziente, rendendo necessaria la ricerca di strumenti predittivi più accurati.

Un nuovo approccio grazie all'intelligenza artificiale

L’Istituto di informatica e telematica del Cnr ha condotto una ricerca innovativa utilizzando una lista di geni marcatori e sviluppando un metodo computazionale di apprendimento automatico per analizzarli.

Questo approccio ha dimostrato una capacità predittiva superiore rispetto ai metodi attualmente in uso.

Lo studio ha coinvolto un gruppo di 1.240 pazienti e ha utilizzato un database di sequenze genetiche di esami di biopsie, confermando l’efficacia dell’intelligenza artificiale nel prevedere la ricaduta del tumore alla prostata.

Un passo avanti nella personalizzazione della cura

La metodologia sviluppata dal Cnr-Iit rappresenta un notevole miglioramento rispetto ai risultati precedenti nella predizione della sopravvivenza a cinque anni dei pazienti con tumore al seno.

In particolare, le predizioni sulla ricaduta del tumore alla prostata utilizzano un ampio spettro di marcatori genetici, integrandoli con i marcatori clinici già in uso.

Questo approccio offre la possibilità di personalizzare la terapia, consentendo una maggiore probabilità di sopravvivenza e una migliore qualità di vita per i pazienti affetti da questa malattia.

Implicazioni per la pratica clinica

Lo studio condotto dall’Istituto di informatica e telematica del Cnr offre importanti contributi alle decisioni cliniche sulla terapia del tumore alla prostata.

I risultati ottenuti consentono di adottare un approccio più mirato e preciso nel trattamento di questa malattia, offrendo la possibilità di personalizzare la cura in base alle caratteristiche genetiche del paziente.

Questo rappresenta un importante passo avanti nel migliorare le prospettive di sopravvivenza e di guarigione.

Progetti futuri e sviluppo

Il progetto “Tuscany Health Ecosystem” (The), finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), prevede lo sviluppo, nei prossimi tre anni, di un sistema diagnostico per uso clinico basato sulla metodologia sviluppata dall’Istituto di informatica e telematica del Cnr.

Questo consentirà di ampliare l’applicazione di queste scoperte rivoluzionarie, fornendo ai medici uno strumento diagnostico avanzato per la gestione del tumore alla prostata.

Conclusioni

La ricerca condotta dall’Istituto di informatica e telematica del Cnr rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro il tumore alla prostata.

L’integrazione dell’intelligenza artificiale nella pratica clinica offre nuove opportunità per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento personalizzato di questa malattia diffusa.

Grazie a questi sviluppi, si prospetta una migliore qualità di vita e una maggiore probabilità di sopravvivenza per i pazienti affetti da tumore alla prostata.

Fonte

Centro FIVET SANADOR

La fecondazione in vitro (FIVET) è considerata la tecnica di riproduzione umana assistita più efficace. è una procedura che consente l’incontro fra ovulo e spermatozoo all’esterno dell’utero.

Il Centro FIVET SANADOR aiuta le aspiranti mamme di tutta Europa.

Metodo avanzato per la riproduzione assistita

La fecondazione in vitro (FIVET) è un metodo avanzato di riproduzione assistita, che prevede la raccolta e la fecondazione artificiale degli ovociti in laboratorio e l’impianto degli embrioni così ottenuti nell’utero della paziente.

La procedura è molto complessa, consigliata quando la gravidanza non può essere ottenuta naturalmente dopo 1 anno di rapporti sessuali non protetti (o dopo 6 mesi, se la paziente ha più di 35 anni) e nessun altro trattamento per l’infertilità (stimolazione ovarica medicinale o inseminazione artificiale) ha avuto l’effetto desiderato.

Durata e fasi della FIVET

Attualmente la fecondazione in vitro è considerata la tecnica più efficace di riproduzione umana assistita e la durata di un ciclo di FIVET è di 4-6 settimane, dal momento in cui inizia il trattamento di stimolazione ovarica fino al trasferimento dell’embrione.

A seguito di una procedura di fecondazione in vitro si possono ottenere diversi embrioni vitali, ma solo uno o due verranno trasferiti nell’utero della paziente, gli altri, a seconda della qualità, del loro potenziale evolutivo stimato dall’embriologo, verranno criogenati (congelati) per la conservazione.

Procedure e scelte nella FIVET

La fecondazione in vitro è consigliata quando il medico specializzato in Riproduzione Umana Assistita determina che non ci sono altre soluzioni per ottenere una gravidanza o quando altre condizioni di salute riproduttiva della coppia lo impediscono.

Ci sono casi in cui la procedura di fecondazione in vitro viene indicata fin dall’inizio come unica opzione possibile per una coppia infertile. Ciò accade quando la coppia ha determinati problemi medici, diagnosticati attraverso una serie di test e indagini di imaging.

Prima di iniziare la procedura di fecondazione in vitro, sia la paziente che il suo partner devono sottoporsi a una serie completa di test e indagini per stabilire la causa dell’infertilità e valutare lo stato di salute generale.

Dopo aver ottenuto i risultati, il medico discuterà con il paziente le cause e la necessità del protocollo di fecondazione in vitro, nonché i passaggi successivi.

Un ciclo di fecondazione in vitro prevede diverse fasi chiaramente definite:

  1. Trattamento ormonale per stimolare l’ovulazione della paziente.
  2. Prelievo di ovociti dal paziente.
  3. Donazione e preparazione del liquido seminale, con selezione degli spermatozoi attivi.
  4. Fecondazione delle uova con gli spermatozoi selezionati.
  5. Selezione degli embrioni vitali e, se necessario, test genetici per eventuali anomalie.
  6. Trasferimento degli embrioni o criogenia e conservazione degli embrioni rimanenti.

Esistono diversi tipi di procedure di fecondazione in vitro, e la scelta spetta al paziente, su consiglio dello specialista che coordinerà il ciclo di fecondazione in vitro.

La decisione deve essere presa tenendo conto della causa dell’infertilità, della salute del paziente e dei suoi desideri.

Trasferimento embrionale e successo della terapia

Dopo aver ottenuto gli embrioni e averne analizzato la qualità da parte dell’embriologo, segue la fase del trasferimento. 

Su decisione della paziente e su consiglio del medico coordinatore e dell’embriologo, il trasferimento embrionale avviene nei giorni 2-3 o dopo l’ottenimento delle blastocisti (5-6 giorni di incubazione).

Si tratta di una procedura semplice che non richiede sedazione e consiste nel trasferire l’embrione o gli embrioni nell’utero con l’ausilio di tubicini sottilissimi, sotto guida ecografica transaddominale.

Trasferiti gli embrioni, la paziente rimarrà a riposo per un breve periodo e riceverà un trattamento specifico a casa per supportare l’impianto dell’embrione.

La paziente può riprendere le sue attività quotidiane, ma le verrà consigliato di evitare sforzi fisici intensi.

Il test di gravidanza è consigliato circa 14 giorni dopo il trasferimento degli embrioni e, se positivo, la paziente verrà in clinica per confermare la gravidanza mediante ecografia transvaginale o esame del sangue più specifico.

Tasso di successo e possibilità di cicli successivi

L’età del paziente è il principale fattore che influenza il successo di un ciclo di fecondazione in vitro.

Una donna più giovane ha maggiori possibilità di rimanere incinta con questo metodo, e ogni anno che passa diminuisce drasticamente le possibilità di successo.

Le differenze sono significative: 40-45% per 25-30 anni, 30-35% per 30-35 anni, meno del 20% per un paziente di 38-40 anni e meno del 2% per un paziente di 43 anni o più.

Oltre all’età, la riserva ovarica e i fattori genetici sono le ragioni principali che influenzano il successo della fecondazione in vitro. I fattori maschili non dovrebbero essere trascurati.

Se una procedura di fecondazione in vitro non si conclude con una gravidanza, è possibile iniziare un altro ciclo, ma generalmente è necessario attendere tra 8 e 12 settimane affinché il corpo della paziente riprenda il proprio ciclo naturale.

La letteratura specialistica accetta l’esecuzione di un massimo di quattro cicli di stimolazione per lo stesso paziente.

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Sottovalutazione del medico anestesista

Quasi un paziente su due (45,6%) in attesa di un intervento chirurgico pensa che il medico anestesista rianimatore sia un diplomato e non una laureato in Medicina e con una specializzazione. Questa percezione errata dimostra una sottovalutazione del ruolo cruciale del medico anestesista rianimatore nel processo operatorio.

La ricerca e le statistiche sulle percezioni dei pazienti

La ricerca condotta da Fausto D’Agostino e i professori Felice Eugenio Agrò e Paolo Pelosi ha coinvolto un campione di 1.400 pazienti in attesa di un intervento chirurgico. I risultati hanno rivelato una mancanza di consapevolezza diffusa riguardo alle qualifiche e alle competenze del medico anestesista rianimatore.

La necessità di informazioni approfondite sull'anestesia

I pazienti desiderano maggiori informazioni riguardo a diversi aspetti dell’anestesia e del percorso diagnostico/terapeutico.

Tra le domande più comuni figurano la durata dell’intervento, il trattamento del dolore postoperatorio, le tecniche di anestesia disponibili e le possibili complicanze.

Queste richieste indicano la necessità di una comunicazione più approfondita e chiara da parte dei medici anestesisti.

Migliorare la comunicazione tra medici, pazienti e famiglie.

La ricerca evidenzia la preferenza dei pazienti nel cercare informazioni sull’anestesia attraverso esperienze dirette o familiari anziché rivolgersi direttamente al medico.

Questo sottolinea l’importanza di migliorare le modalità di comunicazione tra medici anestesisti, pazienti e famiglie al fine di fornire informazioni chiare, accurate e rassicuranti.

La mancanza di consapevolezza sulle competenze dei medici anestesisti

Solo il 22% dei pazienti intervistati era consapevole che il medico anestesista rianimatore è laureato in Medicina, mentre solo l’11,5% sapeva che lavora in terapia intensiva ed emergenza.

Questa mancanza di conoscenza riguardo alle competenze e al ruolo specifico del medico anestesista rianimatore contribuisce alla sua sottovalutazione nel processo operatorio.

L'importanza della scelta consapevole del medico anestesista.

Sebbene le famiglie spesso selezionino il chirurgo che dovrà operare il proprio caro, la stessa attenzione non viene spesso rivolta alla scelta del medico anestesista rianimatore.

Tuttavia, considerando che il medico anestesista rianimatore ha anche il compito di gestire le terapie del dolore postoperatorio, è fondamentale che venga dato il giusto valore a questa figura specializzata nella fase decisionale del paziente e dei suoi familiari.

Il ruolo fondamentale dei medici anestesisti nel controllo del dolore postoperatorio.

Solo l’11,5% dei pazienti intervistati era a conoscenza del ruolo del medico anestesista rianimatore nel controllo del dolore postoperatorio.

Considerando l’importanza di alleviare le sofferenze dei pazienti, è fondamentale riconoscere e valorizzare il ruolo cruciale dei medici anestesisti nella gestione del dolore dopo l’intervento chirurgico.

Obesità: La formula del BMI potrebbe essere pensionata, nuovi parametri in discussione

Dopo decenni di servizio come la formula matematica, inventata nel 19° secolo dal matematico belga Adolphe Quetelet, più utilizzata per valutare il peso corporeo,  potrebbe presto essere affiancata o addirittura sostituita da nuovi parametri per valutare l’obesità.

Una richiesta basata su nuovi studi

Gli esperti della Società Italiana di Endocrinologia (SIE) hanno chiesto una revisione delle linee guida italiane per la valutazione dell’obesità, prendendo spunto dalle recenti modifiche delle linee guida americane.

Un recente studio presentato al congresso annuale dell’Endocrine Society a Chicago ha evidenziato i limiti dell’uso esclusivo del BMI e ha portato alla richiesta di integrare nuovi parametri per una valutazione più accurata.

Un'analisi su migliaia di adulti

Uno studio condotto dalla Rutgers University su un ampio campione di adulti ha rivelato le limitazioni del BMI come unico parametro per la diagnosi di obesità. Utilizzando un esame chiamato “assorbimetria raggi X a doppia energia” (DEXA), in grado di stimare la composizione corporea in modo accurato, lo studio ha dimostrato che più della metà dei soggetti obesi è stata erroneamente classificata come non obesa utilizzando solo il BMI.

Superare le limitazioni del BMI

La dottoressa Anna Maria Colao, presidente SIE e professore di Endocrinologia, sottolinea l’importanza di integrare nuovi parametri nella valutazione dell’obesità. La circonferenza vita e la stima della composizione corporea tramite il plicometro sono suggeriti come possibili parametri da affiancare al BMI. Integrando queste misurazioni, si potrebbe ridurre il numero di errori di valutazione e ottenere una diagnosi più precisa dell’obesità.

Il ruolo della differenza di genere

Il BMI non tiene conto delle differenze di genere nell’accumulo di grasso corporeo. Le donne tendono ad avere più grasso sottocutaneo sui fianchi e sulle cosce, mentre gli uomini accumulano più facilmente grasso addominale. Questa differenza è significativa per la salute, poiché il grasso viscerale è considerato più dannoso. L’utilizzo di un unico parametro come il BMI può portare a sovrastimare l’obesità nelle donne e a sottostimarla negli uomini, compromettendo la comprensione dei rischi correlati.

Nuovi approcci alla valutazione dell'obesità

Gli esperti stanno cercando nuovi criteri per una valutazione più accurata e affidabile dell’obesità. L’uso della DEXA come strumento di screening su larga scala è poco pratico dal punto di vista economico, ma l’obiettivo è trovare nuovi parametri semplici, economici e attendibili. Pur riconoscendo che il BMI può avere un certo grado di utilità negli studi di popolazione, è essenziale che gli specialisti comprendano i suoi limiti nell’individuo e lo affianchino ad altri parametri per una diagnosi più precisa dell’obesità.

Migliorare la comprensione dell'obesità per interventi adeguati

La revisione delle linee guida italiane proposta dagli esperti della SIE mira a migliorare la comprensione dell’obesità e a garantire interventi terapeutici e cambiamenti nello stile di vita adeguati.

Integrare il BMI con altri parametri, come la misura del grasso viscerale e della massa grassa relativa, potrebbe ridurre gli errori di valutazione e consentire una diagnosi più accurata delle persone obese.

È fondamentale considerare le differenze di genere nell’accumulo di grasso corporeo per una valutazione più completa del rischio di malattie correlate all’obesità.

Importanza della fisioterapia preoperatoria

I tempi di recupero dopo un intervento di protesi d’anca dipendono anche dalle precedenti condizioni delle articolazioni. Pertanto, è importante che la riabilitazione sia fatta già prima di giungere in sala operatoria.

Le conseguenze della coxartrosi:

Le persone affette da coxartrosi, una patologia che colpisce l’articolazione dell’anca, sperimentano una perdita di muscolatura, mobilità e postura corretta. Questo è causato da un utilizzo errato dell’articolazione dell’anca, che comporta una minore attivazione dei muscoli stabilizzatori, in particolare il medio gluteo. Di conseguenza, i pazienti con coxartrosi sviluppano zoppia e squilibrio muscolare e articolare, sovraccaricando l’anca non colpita dall’artrosi. Questi fattori possono avere importanti ripercussioni sul bacino e sulla colonna vertebrale.

Attività fisica mirata e fisioterapia

Per prepararsi all’intervento di protesi d’anca, è consigliabile svolgere attività fisica mirata, sotto la guida di fisioterapisti esperti, sia nel caso di intervento di protesi d’anca che nel caso di terapia conservativa. In questo modo, si può arrivare all’intervento in migliori condizioni, riducendo il tempo di recupero post-operatorio.

Riabilitazione post-operatoria

Nelle prime fasi dopo l’intervento, il fisioterapista valuterà e, se necessario, correggerà le problematiche posturali che i pazienti possono presentare a causa della coxartrosi. Saranno proposti esercizi semplici che potranno essere eseguiti sia da sdraiati che in piedi, al fine di rinforzare i muscoli. Uno dei muscoli chiave da rafforzare è il medio gluteo, che parte dall’osso iliaco del bacino e si inserisce sul grande trocantere del femore.

Riprendere la deambulazione corretta

Dopo l’intervento, è importante che i pazienti riprendano a camminare in modo continuo e corretto, senza timore di cadute o rotture della protesi, poiché ciò contribuirà al recupero muscolare. Se si desidera tornare a praticare attività sportive, saranno necessari anche esercizi di ginnastica propriocettiva per allenare la stabilità delle articolazioni.

Importanza dello stretching post-operatorio

Inoltre, dopo l’intervento di protesi d’anca, è importante decontrarre i muscoli che tendono a essere sovraccaricati, come l’ileo-psoas, il retto femorale, il sartorio, il tensore della fascia lata e gli adduttori. Questo può essere fatto mediante esercizi di stretching e fisioterapia.

Recupero confortevole e sicuro

Durante la fase post-operatoria, è fondamentale evitare di stressare ulteriormente questi muscoli, poiché il dolore avvertito dal paziente potrebbe prolungare e rendere più doloroso il processo di recupero.

Le liste di attesa nella sanità italiana,un problema persistente

Il problema delle liste di attesa non è una novità e affligge da tempo il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano. Tuttavia, negli ultimi anni si è aggravato a causa del grande numero di prestazioni non erogate durante la pandemia da COVID-19. Secondo il Ministero della Salute, nel 2020 rispetto al 2019 sono stati registrati oltre 1,57 milioni di ricoveri programmati in meno, più di 4,1 milioni di inviti agli screening oncologici non effettuati e oltre 112 milioni di prestazioni ambulatoriali saltate, tra visite specialistiche, esami di laboratorio e strumentali.

Sforzi per affrontare il problema

Sono stati stanziati 500 milioni di euro per fronteggiare il problema delle liste di attesa. Nel gennaio 2022, il Ministero della Salute ha individuato tre categorie di prestazioni prioritari da recuperare: ricoveri per interventi chirurgici programmati, inviti e prestazioni per le campagne di screening oncologici e prestazioni ambulatoriali. Ogni regione ha elaborato un Piano Operativo Regionale (POR) per definire strategie e modalità organizzative per il recupero delle prestazioni non erogate durante il periodo pandemico.

Recupero delle prestazioni:

Interventi chirurgici programmati: Le regioni hanno programmato il recupero di oltre 512.000 ricoveri programmati, ma secondo il Ministero della Salute ne sono stati recuperati poco più di 338.000 (66%). La percentuale di recupero varia dal 92% del Piemonte al 14% della Liguria.

Screening oncologici: Le regioni hanno previsto il recupero di oltre 5 milioni di inviti e quasi 2,84 milioni di prestazioni. Si stima che siano stati recuperati circa 4,2 milioni di inviti (82%) e poco più di 1,9 milioni di prestazioni (67%). Le percentuali di recupero variano notevolmente tra le diverse regioni.

Prestazioni ambulatoriali: Complessivamente, le regioni hanno programmato il recupero di quasi 11,9 milioni di prestazioni, ma finora ne sono state recuperate circa 6,8 milioni (57%). Ciò ha avuto un impatto significativo sui tempi di attesa per le nuove prestazioni ambulatoriali, con ancora oltre 5 milioni di prestazioni da recuperare.

Disparità regionali e differenze di performance

Nessuna regione ha raggiunto le quote di recupero previste per tutte le prestazioni, evidenziando una notevole variabilità nelle performance tra le regioni e all’interno di ciascuna regione per diverse tipologie di prestazioni. Alcune regioni, come la Toscana, la Provincia Autonoma di Trento e l’Emilia-Romagna, hanno ottenuto buoni risultati nel recupero, mentre altre, come la Calabria e la Campania, sono rimaste indietro.

Utilizzo delle risorse finanziarie

Nonostante siano state stanziati fondi per il recupero delle prestazioni, l’utilizzo delle risorse non è direttamente correlato al recupero effettivo. La spesa rendicontata al 31 dicembre 2022 ha raggiunto quasi il 70% del totale stanziato, ma con notevoli differenze regionali. Alcune regioni, come l’Emilia-Romagna, il Friuli Venezia Giulia e il Piemonte, hanno superato il 100% di utilizzo delle risorse, probabilmente grazie agli investimenti di risorse proprie. Questo indica che la spesa maggiore non si traduce necessariamente in una riduzione delle liste d’attesa.

Coinvolgimento del settore privato

Le regioni italiane hanno avuto la possibilità di coinvolgere gli erogatori privati accreditati per affrontare il problema delle liste di attesa. Fino a un massimo di 150 milioni di euro su un totale di 500 milioni di euro sono stati destinati alle strutture private. La percentuale di coinvolgimento del settore privato si attesta intorno al 29%, con alcune regioni, come la Puglia, la Lombardia, la Campania, la Sicilia, la Liguria e la Calabria, che superano la media nazionale. Altre regioni, come le Marche e il Molise, non hanno fatto ricorso al settore privato.

Conclusioni

Nonostante gli sforzi e i finanziamenti dedicati al recupero delle prestazioni saltate durante la pandemia, le regioni italiane devono ancora affrontare il 35% delle prestazioni arretrate, corrispondenti a 7,13 milioni di prestazioni. Le differenze regionali e la mancanza di una correlazione tra risorse utilizzate e prestazioni recuperate mettono in evidenza la complessità del problema delle liste di attesa e la necessità di un approccio più efficace per ridurle e garantire cure tempestive ai cittadini italiani.

Chirurgia robotica: tra dubbi e accelerazione nel settore

La chirurgia robotica è un campo in rapida evoluzione che promette di rivoluzionare il settore medico. Tuttavia, esistono diverse opinioni sull’efficacia e l’adozione di questa tecnologia. In questo articolo, esploreremo due punti di vista contrastanti sulla chirurgia robotica, uno che solleva dubbi sulle sue attuali prestazioni e un altro che evidenzia l’accelerazione e l’entusiasmo nel settore

Dubbi sulla chirurgia robotica

Secondo il presidente della Società italiana di chirurgia, Massimo Carlini, la chirurgia robotica non ha ancora dimostrato chiaramente di offrire vantaggi significativi rispetto alla chirurgia laparoscopica tradizionale.

Carlini sottolinea che attualmente non esistono evidenze concrete che supportino l’uso della chirurgia robotica come metodo preferenziale.

Egli indica che i tempi delle procedure possono essere più lunghi a causa della complessità delle operazioni e della necessità di acquisire abilità specifiche nell’utilizzo dei robot. Inoltre, i pazienti possono rimanere sotto anestesia per periodi più prolungati, aumentando il rischio di complicazioni.

Carlini critica anche il costo elevato dei robot chirurgici e dei relativi dispositivi, che potrebbe limitarne l’accessibilità per molti ospedali e chirurghi.

Nonostante alcuni vantaggi come maggiore precisione e minori perdite di sangue, la chirurgia robotica viene considerata ancora una evoluzione della laparoscopia, con la mancanza di feedback tattile come una limitazione significativa.

Accelerazione nel settore

Secondo Dirk Barten,senior vice-president e general manager EU Commercial & Marketing di Intuitive Surgical, nota azienda di robotica medica, la chirurgia robotica sta vivendo un’accelerazione significativa e suscitando grande entusiasmo nel settore.

Barten afferma: “Stiamo assistendo a progressi senza precedenti nella chirurgia robotica, con nuove tecnologie che offrono soluzioni sempre più avanzate”. Sottolinea inoltre che i robot chirurgici stanno diventando sempre più sofisticati, consentendo ai chirurghi di eseguire procedure complesse con precisione millimetrica.

Barten ritiene che la telemanipolazione avanzata e l’intelligenza artificiale siano le chiavi per migliorare ulteriormente la chirurgia robotica.

Egli afferma: “Stiamo lavorando a stretto contatto con chirurghi di tutto il mondo per sviluppare tecnologie che soddisfino le loro esigenze specifiche e migliorino l’esperienza dei pazienti“.

Barten è ottimista sul futuro della chirurgia robotica e prevede un’espansione notevole nel prossimo decennio.

Conclusioni:

La chirurgia robotica rimane un campo controverso e in evoluzione.

Mentre il presidente della Società italiana di chirurgia, Massimo Carlini, solleva dubbi sulle sue attuali prestazioni e sui costi associati, Dirk Barten,senior vice-president e general manager EU Commercial & Marketing di Intuitive Surgical, enfatizza l’accelerazione e l’entusiasmo nel settore.

È chiaro che ulteriori ricerche e prove scientifiche siano necessarie per valutare l’efficacia, la sicurezza e il valore a lungo termine della chirurgia robotica.

Nel frattempo, l’industria sta lavorando per superare le limitazioni attuali e stabilire una collaborazione più stretta con i chirurghi al fine di favorire l’adozione e il miglioramento della tecnologia.

Sarà interessante osservare come il campo della chirurgia robotica si svilupperà nel prossimo futuro.

Fonte

Esperti mondiali visitano i centri di protonterapia in Spagna

Centinaia di esperti mondiali della protonterapia hanno visitato oggi i soli due centri in Spagna che offrono questa forma avanzata di radioterapia: il Centro di protonterapia Quirónsalud e il Centro oncologico Clínica Universidad de Navarra.

Riconoscimenti per le strutture avanzate

I partecipanti al 61° incontro annuale del Particle Therapy Cooperative Group (PTCOG), considerato l’evento più prestigioso al mondo nel campo della protonterapia, hanno elogiato entrambe le strutture durante la loro permanenza a Madrid questa settimana. Questi centri, che combinano le più recenti tecnologie mediche con un approccio centrato sul paziente, rappresentano dei veri e propri punti di riferimento per l’intero Sistema Sanitario Nazionale spagnolo nell’impiego di questa terapia innovativa nella lotta contro il cancro.

Efficacia della protonterapia confermata

Operativi da oltre tre anni, entrambi i centri testimoniano l’efficacia della protonterapia come terapia avanzata, sicura ed efficace per il trattamento di una varietà di tumori. Durante la visita, il dottor Felipe Calvo, direttore scientifico dell’Unità di Protonterapia CCUN, ha sottolineato che la loro unità è attiva dal 2020 e nonostante la pandemia di COVID-19, è stata in grado di fornire cure a oltre 650 pazienti, di cui un terzo sono pazienti pediatrici provenienti anche dall’estero. Il dottor Calvo ha espresso la sua soddisfazione nel condividere le loro esperienze e apprendere dai colleghi presenti all’evento, con l’obiettivo di continuare a progredire nella medicina di precisione.

Un progresso storico nel trattamento del cancro

Analogamente, il dottor Alejandro Mazal, direttore del Servizio di fisica medica presso il Centro di protonterapia Quirónsalud, ha sottolineato l’importanza storica del loro centro, che ha trattato il primo paziente in Spagna con la protonterapia nel dicembre 2019. Da allora, il centro ha fornito cure a oltre 500 pazienti, metà dei quali sono bambini e adolescenti affetti da tumori complessi. Grazie all’impegno di un team altamente specializzato, che comprende professionisti con esperienza internazionale in centri di protonterapia, la loro attività è proseguita senza interruzioni, contribuendo a espandere l’accesso a questa terapia avanzata in un numero sempre maggiore di indicazioni cliniche.

Protonterapia: un approccio innovativo che guadagna riconoscimento

La visita dei partecipanti al PTCOG a questi centri di eccellenza ha dimostrato come la protonterapia stia guadagnando sempre più riconoscimento e interesse a livello globale. L’innovativa tecnologia della protonterapia offre una maggiore precisione nel trattamento dei tumori, riducendo al contempo gli effetti collaterali per i pazienti. L’opportunità di condividere conoscenze e imparare dagli esperti di tutto il mondo durante questo incontro annuale è un passo importante per promuovere ulteriormente la protonterapia come una terapia di elezione nel campo dell’oncologia.

Quirónsalud

Quirónsalud è un gruppo sanitario privato di spicco in Spagna, parte del gruppo Fresenius Helios. Con una vasta rete di ospedali e centri medici, fornisce servizi sanitari completi, tra cui consulenza medica, diagnostica, trattamenti specialistici e chirurgici. I loro ospedali sono dotati di infrastrutture moderne e tecnologie avanzate.  Quirónsalud è un gruppo sanitario di rilievo che offre assistenza medica di alta qualità attraverso la sua rete di ospedali e centri medici in Spagna.

Per saperne di più

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Accreditamento internazionale per la chirurgia cardiovascolare SANADOR

SANADOR annuncia l'accreditamento internazionale del Centro di Eccellenza in Chirurgia Cardiovascolare Mininvasiva presso l'Ospedale Clinico SANADOR come primo Centro di Eccellenza e Formazione Corcym in Romania.

SANADOR Clinical Hospital

“Siamo orgogliosi di comunicare che il Centro di Eccellenza in Chirurgia Cardiovascolare Mininvasiva dell’Ospedale Clinico SANADOR ha ottenuto l’accreditamento internazionale, un riconoscimento dei nostri sforzi e della dedizione del team di chirurghi cardiovascolari e di tutto il personale medico. Questo risultato conferma che SANADOR Clinical Hospital è all’avanguardia dell’innovazione e dell’eccellenza medica in Romania, offrendo ai nostri pazienti le tecniche più avanzate e i trattamenti minimamente invasivi per le condizioni cardiovascolari”, ha dichiarato il Prof. Dr. Victor Costache, Capo del Dipartimento di Chirurgia Cardiovascolare presso l’Ospedale Clinico SANADOR.

Sala operatoria completamente digitalizzata

Il Centro di Eccellenza in Chirurgia Cardiovascolare Mininvasiva presso l’Ospedale Clinico SANADOR offre ai pazienti i trattamenti più moderni, eseguiti da medici altamente qualificati con esperienza e formazione in importanti centri internazionali di eccellenza. Il centro opera nella prima sala operatoria completamente digitalizzata in Romania. Le procedure chirurgiche possono essere eseguite tramite minitoracotomia o chirurgia endoscopica, grazie all’utilizzo di attrezzature endoscopiche 3D e 4K all’avanguardia. Se necessario, gli interventi chirurgici possono essere integrati con procedure di cardiologia interventistica. SANADOR Clinical Hospital è l’unico ospedale in Romania dotato di due angiografi Philips Azurion 7 ad alte prestazioni, che consentono l’esecuzione di procedure endovascolari avanzate, molte delle quali eseguite per la prima volta nel nostro paese presso SANADOR.

Revisori provenienti dall'Italia

Per ottenere questa certificazione, il Centro di Eccellenza in Chirurgia Cardiovascolare Mininvasiva dell’Ospedale Clinico SANADOR è stato sottoposto a rigorose ispezioni da parte di un comitato di revisori provenienti dall’Italia. Durante queste ispezioni sono state valutate attentamente le strutture dell’ospedale e sono state osservate numerose procedure chirurgiche cardiovascolari mininvasive eseguite con successo dal team guidato dal Prof. Dr. Victor Costache. Questo processo di audit ha incluso una valutazione dettagliata della competenza dei chirurghi di SANADOR, della qualità delle prestazioni mediche, dei risultati ottenuti e del livello di soddisfazione dei pazienti.

Rete centri di eccellenza Corcym Academy

“Il nostro ringraziamento va a Corcym Academy per l’opportunità di far parte della sua rete selezionata di centri di eccellenza e formazione nel campo della chirurgia cardiovascolare mininvasiva. Questa collaborazione contribuirà al miglioramento continuo dei nostri servizi, grazie allo scambio di conoscenze ed esperienze con altre istituzioni nel settore della chirurgia cardiovascolare”, ha affermato il Prof. Dr. Victor Costache. Il Centro di Eccellenza in Chirurgia Cardiovascolare Mininvasiva di SANADOR si è distinto negli ultimi anni grazie alla realizzazione di numerose procedure chirurgiche e angiografiche, molte delle quali erano le prime nel nostro paese, a beneficio dei pazienti rumeni.

SANADOR

Fondata nel 2001, SANADOR ha registrato uno sviluppo continuo e attualmente è proprietaria del più grande ospedale clinico multidisciplinare privato del paese. Inoltre, gestisce un centro oncologico completo, cliniche, laboratori di analisi medica e punti di raccolta, nonché strutture di radiologia e imaging medico ad alte prestazioni, tutte situate a Bucarest. SANADOR Clinical Hospital è l’unico ospedale privato che offre una vasta gamma di servizi medici, compresi il pronto soccorso per adulti e pediatrico, 21 linee di emergenza e una flotta di ambulanze propria.

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