Un team di ricerca ha sviluppato un sistema basato sull’intelligenza artificiale capace di identificare i marcatori genetici dell’autismo. I media hanno descritto questa innovazione come una “svolta nella diagnosi,” ma Angsa e la Fondazione Italiana Autismo invitano alla cautela.

Una visione completa dell'autismo

Trattare l’autismo come una condizione monolitica, riducendolo a una questione genetica risolvibile con un semplice test, non rende giustizia alla complessità di questa condizione.

È fondamentale evitare queste semplificazioni e adottare una visione più completa e rispettosa dell’autismo e dei diversi bisogni.

Questo è il messaggio che l’associazione Angsa, che riunisce genitori di persone con autismo, e la Fondazione Italiana Autismo vogliono trasmettere in risposta a una recente notizia pubblicata da alcuni dei principali quotidiani nazionali.

La notizia riguarda una presunta “svolta” nella diagnosi precoce dell’autismo, basata su una nuova tecnologia sviluppata da un team di ricerca co-diretto da Gustavo K. Rohde.

La complessità della diagnosi dell'autismo

La notizia sembra promettere mari e monti, suggerendo che presto potremmo essere in grado di diagnosticare l’autismo con una precisione straordinaria grazie a un’innovativa intelligenza artificiale.

Ma c’è un problema: la realtà è molto più complessa”, spiegano le associazioni.

Per chiarire la questione, Angsa e la Fondazione Italiana Autismo lasciano la parola al professor David Vagni, ricercatore del Cnr.

Il contributo del Professor David Vagni

Il focus dello studio in questione non è sul codice genetico dell’autismo, ma sulla capacità di identificare specifiche mutazioni genetiche, come la delezione o duplicazione in 16p11.2, utilizzando una tecnica di imaging cerebrale avanzata chiamata morfometria basata sul trasporto (TBM)”, spiega Vagni.

Tuttavia, queste mutazioni geneticamente rilevabili rappresentano solo una piccola frazione dei casi di autismo (circa il 20%) e le mutazioni in 16p11.2 solo lo 0,5-1%. Inoltre, tra le persone con la mutazione 16p11.2, solo il 20-30% è effettivamente autistico.

Parlare di “svolta” nella diagnosi dell’autismo basandosi su questi numeri è, quindi, quantomeno fuorviante, conclude Vagni.

Le critiche alla semplificazione mediatica

Per Angsa e la Fondazione Italiana Autismo, “questo tipo di semplificazione mediatica non solo è imprecisa, ma può essere dannosa”.

Marco Bertelli della Fondazione Italiana Autismo commenta: “L’unico dato interessante della ricerca è la capacità dell’IA di gestire perfettamente il confronto statistico di dettagli all’interno di una massa dati enorme, come quella che si associa a numerose immagini tridimensionali del sistema nervoso centrale e ai loro correlati genetici e comportamentali.

I risultati di questo studio indicano che, se usata con saggezza e cautela, la capacità statistica dell’IA può aiutarci a fare ordine nell’attuale eterogeneità delle condizioni raggruppate sotto la denominazione di disturbo dello spettro autistico e permettere di conseguenza diagnosi e interventi di precisione”.

Conclusione: Progresso e Verità

“La ricerca scientifica deve continuare a progredire, certo, ma non a scapito della verità e della comprensione umana”, conclude Giovanni Marino, presidente di Angsa.

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