Avete presente il sushi, con la sua serie di ingredienti variamente composti tra loro fino a formare un’unità composita capace di solleticare il palato? Ebbene, fatte le dovute proporzioni in termini di ricerca e tecnologia, la stessa strategia “costruttiva” fatta di fogli sovrapposti e poi arrotolati assieme fino a creare un vero e proprio fascio muscolare potrebbe essere alla base di una mano robotica bioibrida per il futuro.

Lo studio delle università giapponesi

A suggerire questa ipotesi è una ricerca condotta da esperti delle Università di Tokyo e Waseda, in Giappone, pubblicata su Science Robotics.

L’approccio del sushi è stato impiegato per assemblare sottili fili di tessuto muscolare coltivato in laboratorio, successivamente riaccoppiati tra loro in rotoli fino a formare veri e propri fasci muscolari in grado di contrarre le dita.

Questi aggregati, denominati tecnicamente MuMuTa, fanno pensare a possibili arti bioibridi per il futuro.

Attualmente, la ricerca è ancora in fase di laboratorio, ma questa tecnologia potrebbe rivelarsi di grande importanza non solo nel settore delle protesi, ma anche per lo studio di nuovi farmaci che agiscono sul tessuto muscolare.

Come funziona la mano bioibrida

Lo studio evidenzia come la mano sia costruita a partire da una struttura di plastica stampata in 3D, sulla quale vengono integrati tendini costituiti da tessuto muscolare.

L’innovazione principale sta nelle dimensioni e nelle funzionalità della protesi. Il prototipo sviluppato ha una lunghezza di 18 centimetri, superando i dispositivi precedenti.

Inoltre, presenta dita multiarticolate che possono essere mosse individualmente per eseguire gesti o in combinazione per manipolare oggetti.

La strategia del “sushi” per costruire ogni tendine, partendo da tessuto muscolare cresciuto in laboratorio, ha consentito di ottenere questi risultati.

I MuMuTa vengono stimolati elettricamente tramite cavi impermeabili.

Per testare le capacità della mano, il team ha eseguito movimenti come il gesto a forbice, contrarre il mignolo, l’anulare e il pollice, oltre a valutare le capacità delle singole dita.

I risultati dimostrano che il prototipo è in grado di riprodurre diverse azioni grazie alla flessibilità delle dita multiarticolate.

Le difficoltà da superare

Nonostante i progressi, questa tecnologia presenta ancora alcune sfide.

Un ostacolo significativo è la potenziale necrosi del tessuto muscolare sviluppato in laboratorio, soprattutto nelle porzioni centrali dei fasci muscolari di grandi dimensioni, che possono avere difficoltà a ricevere un’adeguata nutrizione.

Per superare questo problema, si è optato per l’uso di più fasci muscolari sottili raggruppati insieme, creando tendini con una capacità di contrazione e una robustezza adeguate.

Un’altra sfida riguarda la necessità di mantenere la mano sospesa in un liquido per ridurre l’attrito e consentire il movimento libero delle dita.

Inoltre, al momento le dita non possono essere riportate intenzionalmente nella posizione iniziale dritta, ma lo fanno fluttuando.

Per migliorare il controllo del movimento, una possibile soluzione potrebbe essere l’aggiunta di un materiale elastico o di MuMuTa sul dorso delle dita, che si contraggano nella direzione opposta.

La resistenza del tessuto muscolare

Uno degli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca riguarda la risposta dei tessuti muscolari ingegnerizzati alla stimolazione elettrica.

Come spiega Shoji Takeuchi dell’Università di Tokyo, «la creazione dei MuMuTa ci ha permesso di superare la nostra sfida più grande, ovvero garantire una forza contrattile e una lunghezza nei muscoli sufficienti per guidare la grande struttura della mano».

Tuttavia, i ricercatori hanno osservato che la forza contrattile dei tessuti diminuisce dopo circa 10 minuti di stimolazione elettrica, mostrando segni di affaticamento. Sorprendentemente, il recupero avviene nel giro di un’ora di riposo, un comportamento simile a quello dei muscoli biologici umani.

Prospettive future

La mano robotica bioibrida rappresenta un’importante evoluzione nel campo della robotica e delle protesi.

Seppur ancora in fase sperimentale, i risultati ottenuti suggeriscono la possibilità di sviluppare arti artificiali sempre più sofisticati e simili a quelli naturali.

Con ulteriori miglioramenti, questa tecnologia potrebbe avere un impatto significativo non solo nella protesica, ma anche in ambiti medici e farmacologici, aprendo nuove strade per la ricerca e l’innovazione nel settore.

Fonte:

Recommended Posts