Malattie reumatologiche: oltre il luogo comune dei “Reumatismi”

Le malattie reumatologiche sono un insieme complesso di oltre 150 patologie che colpiscono non solo le articolazioni, ma anche muscoli, ossa e, in alcuni casi, organi interni. Spesso associate erroneamente all’invecchiamento o alle condizioni climatiche, queste malattie possono insorgere a qualsiasi età, anche nei bambini, e rappresentano la prima causa di disabilità nei paesi occidentali.

Un'espressione comune, una realtà complessa

Chi non ha mai sentito o pronunciato la frase «Ho i reumatismi» per descrivere dolori articolari spesso associati a freddo e umidità? In realtà, dietro questa espressione popolare si cela il vasto mondo delle malattie reumatologiche, che, dal punto di vista medico, non sono causate dalle condizioni atmosferiche e non si limitano a colpire solo le articolazioni, ma possono coinvolgere anche altri organi.

Secondo la Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia (FIRA), nel mondo occidentale una persona su sette soffre di una malattia reumatologica, rendendole la prima causa di disabilità. Tuttavia, un’indagine della Società Italiana di Reumatologia (SIR) ha rivelato che il 15% degli italiani non ha mai sentito parlare di queste patologie. Un altro falso mito è che siano legate esclusivamente all’invecchiamento: in realtà, possono insorgere a qualsiasi età, persino nei bambini.

Oltre 150 malattie reumatologiche

Le malattie reumatologiche comprendono circa 150 patologie, molte delle quali croniche. L’artrosi, la più diffusa, è più frequente con l’avanzare dell’età, ma altre condizioni, come l’artrite reumatoide, possono colpire in qualunque fase della vita, anche durante l’infanzia e l’adolescenza. Se insorgono prima dei 16 anni, vengono classificate come forme giovanili.

«Alcune di queste patologie sono rare, mentre altre, come l’artrite reumatoide, sono molto comuni» spiega Carlo Selmi, responsabile di Reumatologia e Immunologia Clinica all’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano) e docente presso Humanitas University.

Sintomi comuni: dolore e infiammazione

Tutte le malattie reumatologiche hanno due elementi principali: dolore e infiammazione. Tuttavia, la loro proporzione varia in base alla patologia. Ad esempio:

  • Nell’artrosi e nella fibromialgia, il dolore è predominante.
  • Nell’artrite reumatoide o nel lupus eritematoso sistemico, prevale l’infiammazione.

Queste malattie interessano principalmente muscoli, ossa e articolazioni, ma molte sono sistemiche, ovvero possono coinvolgere anche polmoni, cuore e cute, con un impatto significativo sull’intero organismo.

Malattie reumatologiche e genere: perché le donne sono più colpite

Le malattie reumatologiche colpiscono in modo sproporzionato le donne, con una prevalenza del 90% nei casi di connettiviti e fibromialgia. Questo fenomeno è legato a due fattori:

  1. Ormoni sessuali, in particolare gli estrogeni, che influenzano il sistema immunitario. Se da un lato possono proteggere dall’infiammazione, dall’altro, in alcune malattie come il lupus, possono favorirne lo sviluppo.
  2. Maggiore reattività del sistema immunitario nelle donne, che le rende più resistenti alle infezioni, ma anche più suscettibili alle malattie autoimmuni.

Dove colpiscono le malattie reumatologiche

I sintomi variano in base alla sede colpita:

  • Articolazioni → Dolore, gonfiore, rigidità e, se non trattate, deformazioni.
  • Pelle → Arrossamenti, lesioni o ulcere.
  • Organi interni → Problemi respiratori o renali.

Molte di queste patologie hanno una base autoimmune, ovvero derivano da un errore del sistema immunitario, che attacca i tessuti sani. Altre sono autoinfiammatorie, come l’artrite da gotta, causata dall’accumulo di acido urico nelle articolazioni.

Artrosi e fibromialgia: quando il sistema immunitario non è coinvolto

Non tutte le malattie reumatologiche sono di origine immunitaria. Ad esempio:

  • L’artrosi è dovuta all’usura delle articolazioni.
  • La fibromialgia è legata a un’alterazione della percezione del dolore nel sistema nervoso.

Queste patologie richiedono trattamenti diversi rispetto alle malattie autoimmuni.

Genetica e stili di vita: fumo e alimentazione contano

Le malattie reumatologiche hanno una componente genetica, ma alcuni fattori ambientali possono aumentarne il rischio:

  • Fumo → Accresce il rischio di artrite reumatoide.
  • Obesità → Aggrava i sintomi e riduce l’efficacia dei farmaci.
  • Dieta mediterranea → Ricca di frutta, verdura, legumi e olio d’oliva, può avere un effetto protettivo.

Secondo Carlomaurizio Montecucco, docente all’Università di Pavia, questi fattori influenzano anche la risposta ai farmaci, rendendo alcune forme di artrite più difficili da trattare.

Microbiota intestinale e malattie reumatologiche

Un settore emergente della ricerca riguarda il microbiota intestinale, ovvero l’insieme di batteri e microrganismi che vivono nell’intestino. Alterazioni del microbiota (disbiosi) possono favorire l’infiammazione e contribuire allo sviluppo delle malattie reumatologiche.

«Ripristinare l’equilibrio del microbiota attraverso dieta, probiotici o trapianto di microbiota potrebbe diventare una nuova strategia terapeutica», spiega Selmi.

Attività fisica: un’alleata contro il dolore

L’esercizio fisico è fondamentale anche per chi soffre di malattie reumatologiche. Secondo Selmi, non esistono controindicazioni assolute alla pratica sportiva, a meno che non ci siano problemi cardiaci o articolari gravi.

Attività come il nuoto e discipline a basso impatto possono ridurre il dolore e migliorare la qualità della vita. Inoltre, lo sport ha effetti benefici anche sul microbiota intestinale.

Salute articolare e igiene orale

Un legame sorprendente esiste tra la salute orale e le malattie reumatologiche. Il batterio Porphyromonas gingivalis, responsabile della parodontite, è in grado di modificare alcune proteine, rendendole “estranee” al sistema immunitario. Questo processo può innescare una risposta autoimmune e favorire lo sviluppo dell’artrite reumatoide.

Un’accurata igiene dentale e la cura della parodontite possono quindi ridurre il rischio di sviluppare questa malattia.

Inquinamento: un fattore di rischio sottovalutato

L’inquinamento atmosferico è stato associato a un aumento delle malattie reumatologiche, in particolare l’artrite reumatoide. Il particolato fine (PM2.5) può stimolare una risposta infiammatoria e attivare il sistema immunitario in modo anomalo.

Montecucco sottolinea che gli effetti degli inquinanti variano a seconda della predisposizione genetica, ma la loro riduzione potrebbe contribuire a prevenire molte patologie autoimmuni.

Conclusione: prevenzione e diagnosi precoce

Sebbene le malattie reumatologiche non possano essere completamente prevenute, adottare uno stile di vita sano, fare esercizio fisico e monitorare la salute possono fare la differenza. La diagnosi precoce è cruciale per gestire al meglio queste patologie e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Fonte:

Cellule staminali mesenchimali, una promessa per tendiniti e artrosi

Le infiltrazioni con cellule staminali mesenchimali rappresentano una delle strategie promettenti nell’ambito dell’ortobiologia, il campo dei trattamenti non invasivi che sfruttano il potere rigenerativo delle cellule del corpo per affrontare disturbi ortopedici come tendiniti e artrosi lievi. Tuttavia, secondo gli esperti della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (SIOT), questa terapia rimane ancora oggetto di studio.

Ruolo delle staminali mesenchimali in ortopedia

Le staminali mesenchimali sono un tipo speciale di cellule staminali che possono essere estratte dal midollo osseo o dal grasso sottocutaneo.

Queste cellule sono interessanti per la loro capacità rigenerativa, in quanto possono differenziarsi in diversi tipi cellulari, come fibroblasti, osteoblasti, condrociti o cellule muscolari.

Tuttavia, il loro potenziale in ortopedia riguarda principalmente le loro capacità di azione indiretta.

Effetto paracrino delle staminali mesenchimali

Le staminali mesenchimali rilasciano sostanze che possono istruire le cellule circostanti del tessuto bersaglio, attivando così un’azione rigenerativa.

Ad esempio, se utilizzate contro le lesioni della cartilagine, stimolano i condrociti e le staminali residenti della cartilagine, promuovendo la rigenerazione del tessuto danneggiato.

Procedura di iniezione delle staminali mesenchimali

La procedura prevede la raccolta di un numero limitato di staminali, solitamente dal grasso sottocutaneo del paziente.

Queste cellule vengono quindi lavorate e iniettate nei siti di interesse.

Finora, l’efficacia di questa terapia è stata dimostrata soprattutto nel trattamento di disturbi tendinei, come quelli che colpiscono la cuffia dei rotatori della spalla.

Tuttavia, sono in corso studi sperimentali anche per il trattamento dei primi stadi di artrosi al ginocchio, all’anca e alla spalla.

È importante notare che, sebbene alcuni pazienti sembrino trarre beneficio da questo trattamento, mancano dati incontrovertibili sull’efficacia di questa terapia rispetto ad altre pratiche ortobiologiche più consolidate, come l’utilizzo di acido ialuronico o plasma arricchito di piastrine.

Limiti e considerazioni

Anche quando l’efficacia delle staminali mesenchimali è stata dimostrata, ci sono diversi fattori che limitano la loro applicazione pratica.

Ad esempio, per utilizzare le cellule mesenchimali prelevate dal grasso sottocutaneo, è necessario eseguire un intervento aggiuntivo sul paziente, il che potrebbe non essere possibile per tutti i pazienti.

Inoltre, questa terapia non è adatta a tutte le lesioni della cuffia dei rotatori, ma viene utilizzata principalmente nei casi di interventi di revisione, dove i tessuti tendono a rompersi nuovamente dopo l’operazione.

Utilizzo delle staminali mesenchimali contro l'artrosi

Nel caso dell’artrosi, l’impiego delle staminali mesenchimali è riservato principalmente ai casi lievi in pazienti giovani, al fine di ritardare eventuali interventi chirurgici.

Tuttavia, questa procedura è ancora in fase di valutazione e richiede ulteriori prove di efficacia.

È importante considerare che, oltre alle iniezioni articolari, modifiche dello stile di vita come la riduzione del peso e l’esercizio fisico possono portare benefici significativi, come evidenziato dalle recenti linee guida per l’artrosi del ginocchio pubblicate sul Journal of Orthopaedics and Traumatology.

Fonte:

Artrosi coinvolgerà un miliardo di individui entro il 2050

L’artrosi sta emergendo come una sfida crescente per la salute globale. Un’analisi dettagliata condotta su dati di tre decenni ha evidenziato connessioni cruciali tra invecchiamento, obesità e il rischio di sviluppare artrosi.

Aumento preoccupante dei casi di artrosi entro il 2050

Entro il 2050, si prevede che quasi 1 miliardo di persone soffrirà di artrosi, la forma più comune di artrite, interessando il 15% della popolazione mondiale con età superiore ai 30 anni.

Questo incremento significativo è attribuito a diversi fattori chiave: l’invecchiamento della popolazione, l’obesità e la crescita demografica.

Una ricerca approfondita condotta dall’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME), come parte dello studio Global Burden of Disease 2021 e pubblicata su The Lancet Rheumatology, ha esaminato i dati relativi all’artrosi dal 1990 al 2020 in oltre 200 paesi.

Andamento crescente dei casi di osteoartrite

Nel 1990, circa 256 milioni di individui erano affetti da osteoartrite. Nel 2020, questa cifra è più che raddoppiata, raggiungendo 595 milioni di persone.

Le proiezioni indicano che entro il 2050, il numero di persone colpite si avvicinerà al miliardo.

L’assenza di una cura definitiva per l’osteoartrite mette in luce l’importanza di concentrarsi su strategie preventive e interventi tempestivi, rendendo trattamenti efficaci come le sostituzioni articolari più accessibili, specialmente nei paesi a reddito medio e basso.

Zone del corpo più colpite e differenze di genere

Le parti del corpo maggiormente soggette all’osteoartrite sono le ginocchia e le anche.

Le stime proiettate entro il 2050 rivelano un aumento del 74,9% dei casi al ginocchio, del 48,6% alla mano, del 78,6% all’anca, del 95,1% a gomito e spalla.

Inoltre, le donne sono più colpite dagli effetti dell’osteoartrite rispetto agli uomini.

Nel 2020, il 61% dei casi riguardava le donne, mentre solo il 39% gli uomini.

Fattori genetici, ormonali e differenze anatomiche sono indicati come cause di questa disparità di genere secondo Jacek Kopek dell’Università della Columbia Britannica.

Ruolo dell'obesità nel rischio di osteoartrite

Lo studio rileva che l‘obesità o un elevato indice di massa corporea (BMI) rappresenta un significativo fattore di rischio per lo sviluppo dell’osteoartrite.

Una riduzione efficace dell’obesità nella popolazione globale potrebbe contribuire a una diminuzione del carico di osteoartrite di circa il 20%.

Nel 1990, l’obesità causava il 16% della disabilità legata all’osteoartrite; nel 2020, tale percentuale era salita al 20%.

Conclusioni

L’aumento dei casi di osteoartrite entro il 2050 è un campanello d’allarme che richiede una maggiore attenzione.

Concentrarsi su strategie preventive, interventi tempestivi e accessibilità a trattamenti efficaci è cruciale per affrontare questa sfida crescente, specialmente considerando il ruolo chiave dell’invecchiamento, dell’obesità e delle differenze di genere.