Protesi al seno come regalo per i 18 anni: chirurghi estetici contrari

A 18 anni non avrebbero bisogno di nulla per essere belle. Ma spesso ricevono l’intervento al seno come regalo di compleanno. Non vengono con il fidanzato, ma con la mamma. E di solito è proprio lei a insistere di più, di fronte ai miei tentativi di dissuasione, dice Emanuele Bartoletti.

L'influenza dei social media sull'estetica giovanile

Emanuele Bartoletti, presidente della Società Italiana di Medicina Estetica (Sime) e direttore dell’ambulatorio di medicina estetica all’ospedale Fatebenefratelli-Gemelli Isola a Roma, potrebbe essere contento della piega che prendono i suoi affari.

Ma rifare il seno per le diciottenni è diventato una moda dettata dai social. E la medicina non deve diventare una moda dettata dai social. Non è possibile sottoporsi a un intervento chirurgico per poter postare il selfie del prima e del dopo”.

Regolamenti e sanzioni per interventi precoci

Secondo i dati del Registro nazionale per le protesi mammarie le donne che scelgono l’intervento prima dei vent’anni sono l’1%. Ma il loro numero è in aumento.

E il Ministero della Salute ha sentito il bisogno di intervenire per ribadire le regole in vigore dal 2012.

In una circolare ricorda che è illegale operare al seno per fini estetici ragazze minorenni e che tutte le pazienti su cui si interviene devono essere inserite nel registro nazionale per fini di monitoraggio e di ricerca.

Per i medici che violano le regole è prevista una multa di 20mila euro e la sospensione dalla professione per tre mesi.

Riflessioni sull'età e la maturità decisionale

“L’adolescenza è un periodo di incertezza” riflette Bartoletti. “Prima di optare per l’intervento spesso basta aspettare che il tempo appiani i dubbi. Le ragazze di solito lo capiscono prima delle madri. Da tempo chiedo che si smetta di regalare la protesi al seno per i 18 anni. E’ una deriva che va assolutamente bloccata. E’ vero che l’intervento è reversibile, ma per togliere la protesi bisogna comunque tornare in sala operatoria. Il seno avrà nel frattempo cambiato forma. Riadattarlo può richiedere delle procedure che lasciano cicatrici”.

Tendenze e conseguenze degli interventi giovanili

Gli interventi per aumentare le dimensioni del seno sono in crescita a tutte le età.

Hanno uno spiccato andamento stagionale. Nel 2019 il picco di giugno raggiungeva i 160-170 casi al mese.

A maggio del 2023 si è arrivati invece a 400. Una donna su quattro nel corso della vita cambia idea e torna sotto ai ferri per eliminare la protesi.

Nel 37% dei casi questa scelta non è motivata da ragioni mediche. E’ solo frutto di scontentezza.

Fattori di riflessione sull'età e le motivazioni

Fino all’anno scorso – i dati del registro non sono aggiornati al 2024 – le diciottenni rappresentavano un’esigua minoranza.

Qualche ragazza con meno di vent’anni compariva anche nella lista di chi ci aveva ripensato e aveva deciso di eliminare la protesi.

Nella fascia 20-24 anni la percentuale delle donne che hanno fatto ricorso alla chirurgia per ottenere un seno più grande si avvicinava al 10% del totale degli interventi effettuati, per superare il 15% tra 25 e 29 e poi toccare il picco quasi al 20% tra 30 e 39 anni.

Le ultime operazioni avvengono tra 65 e 69 anni.

Considerazioni sulla salute e sulle implicazioni future

“Non è vero che una protesi ostacola la diagnosi di un eventuale tumore al seno”, spiega Bartoletti. “Ma le complicanze dell’intervento di chirurgia plastica sono sempre possibili.

Si va dagli ematomi all’eventualità che la protesi si giri o si indurisca. Alcune protesi di vecchia generazione, in casi molto rari, hanno causato una forma di tumore comunque trattabile.

Le ragazze giovani poi si troveranno probabilmente in futuro ad allattare. Non esistono controindicazioni, ma il cambiamento di forma del seno che avviene con l’allattamento potrebbe richiedere un intervento successivo di riadattamento”.

Ruolo delle influenze familiari e sociali

Se questi avvertimenti siano sufficienti a far cambiare idea alle madri appassionate di chirurgia estetica e alle figlie appena diventate maggiorenni non è chiaro. “Io sconsiglio l’intervento, se non c’è un’indicazione medica, ma non so se poi le ragazze si rivolgeranno ad altri” ammette Bartoletti.

“Quel che osservo è che mai, o molto raramente, a insistere per la protesi sono fidanzati o mariti”. Il ritocco al seno, opportuno o meno, resta una scelta femminile.

Fonte:

Corsa alla chirurgia estetica lascia ospedali senza medici

Specializzazioni in chirurgia estetica al completo, mentre quelle in oncologia e toracica restano vacanti. “Un intervento estetico può fruttare quanto uno stipendio mensile di un medico ospedaliero.”

Le preferenze dei giovani medici

Quando si tratta di scegliere se impugnare un bisturi, i giovani laureati in medicina hanno le idee molto chiare.

Preferiscono tirare fuori dallo sterilizzatore gli strumenti necessari per gli interventi estetici piuttosto che quelli che si usano per curare tumori o altri problemi più o meno gravi.

A dirlo sono i risultati degli ultimi bandi per le scuole di specializzazione universitarie, quelli assegnati a fine anno scorso (in questi giorni iniziano le selezioni per il 2024).

La popolarità della chirurgia estetica

Se ci fossero ancora più borse in chirurgia plastica ed estetica rispetto alle 119 messe a disposizione, sicuramente verrebbero tutte prese.

Il 97% dei posti, cioè 116, nel 2023 è infatti stato occupato.

Tre sono rimasti vacanti solo perché i dottori che li avevano ottenuti hanno poi cambiato idea e si sono spostati in altre specializzazioni.

La scarsa attrattiva della chirurgia generale

Le altre discipline chirurgiche, invece, sono in affanno e restano ben distanti dall’occupare tutti i posti.

Il caso più eclatante è quello della chirurgia generale, dove di 686 borse ne sono state assegnate 260, cioè appena il 38%.

«La nostra specialità è sempre meno attrattiva — spiega Vincenzo Bottino, presidente di Acoi, l’associazione dei chirurghi ospedalieri — Il problema sono i contenziosi medico-legali, sempre più diffusi, e il fatto che ci occupiamo spesso di emergenza.

I chirurghi plastici rischiano il contenzioso pure loro ma generalmente i loro sono interventi più semplici».

La tendenza verso il privato

Inoltre, la chirurgia plastica viene svolta principalmente nel settore privato.

Quel tipo di chirurgia, infatti, spinge i professionisti verso ambulatori e cliniche dove, vista la richiesta di ritocchi di vario genere, anche da parte di ragazze che chiedono ai genitori come regalo le protesi al seno, fanno ottimi affari.

Nel settore pubblico restano quelli che si occupano di patologie oncologiche, come il melanoma e gli altri tumori della pelle, o di ricostruzioni dopo traumi e malattie.

La difficoltà di reclutamento

«Abbiamo difficoltà a trovare colleghi che lavorino con noi in ospedale — spiega Lorenzo Borgognoni, che coordina il gruppo chirurgico nazionale dell’Imi, l’Intergruppo melanoma italiano, e dirige la chirurgia plastica e ricostruttiva e centro di riferimento toscano per il melanoma, all’ospedale di Ponte a Niccheri a Firenze — Molti professionisti percorrono la strada privata.

Pochi scelgono la chirurgia ricostruttiva, ad esempio la chirurgia plastica oncologica.

Con i colleghi degli altri ospedali ci confrontiamo spesso perché constatiamo la carenza di candidati nei concorsi per dirigente medico in ambito nazionale».

L'educazione nelle scuole

Gran parte degli specializzati sceglie la chirurgia estetica. «È comunque un settore con una sua dignità — dice Borgognoni — ed è importante che ad occuparsene siano persone preparate, specialisti ben formati.

Scelgono in tanti quella strada perché con un intervento guadagnano quanto prende un ospedaliero in un mese di lavoro».

Poco conta se chi sta nel pubblico si occupa di casi più gravi.

Per far comprendere gli aspetti positivi del lavoro all’interno dell’ospedale, Acoi, spiega ancora Bottino, sta preparando «una campagna educativa nelle scuole, anche tra chi è iscritto ai primi anni di medicina.

I giovani sono spaventati dalla chirurgia, vedono ostacoli e difficoltà mentre la gratificazione che dà salvare la vita delle persone oggi sembra sia secondaria».

Le sfide della chirurgia toracica

La specialità che assegna meno borse di specializzazione, 28 e cioè appena il 30% del totale, è la chirurgia toracica, un’altra disciplina prettamente pubblica.

Del resto, i privati non sono interessati a fare interventi complessi come quelli sul tumore al polmone.

Mario Nosotti è ordinario e presidente eletto della società scientifica della chirurgia toracica. «Per noi, intanto, c’è un problema di accesso alla specialità. Prima che il concorso fosse unico e nazionale, ogni settore faceva i suoi bandi. E così gli studenti di medicina venivano prima a vedere come si lavora in chirurgia toracica. Adesso la nostra branca è diventata di nicchia, poco conosciuta. Inoltre, il lavoro è impegnativo, richiede dedizione e infatti qualcuno dopo aver visto per un anno come funziona cambia».

Migliorare le condizioni dei medici

Per Nosotti, infine, c’è un tema più generale: «I medici devono essere pagati meglio, recuperare un ruolo che hanno perso, e se ci facessero fare meno burocrazia potremmo dedicarci di più al lavoro, cosa che ci farebbe diventare più attrattivi per i giovani colleghi e al contempo ridurrebbe le carenze degli organici».

Fonte:

Curarsi in Turchia. Una nuova opportunità con SEF

Clinica Turan Turan

Sempre più pazienti europei ed extra-europei cercano cure al di fuori del loro paese.

I motivi possono essere diversi, come motivi economici, lunghe liste di attesa, terapie non disponibili nella propria nazione.

Un buon numero di richieste che sono arrivate a SEF nell’ultimo anno indicavano la Turchia come una delle mete preferite per il Turismo medico.

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