Prime evidenze dal registro delle protesi mammarie

 

Il registro nazionale delle protesi mammarie ha fornito i primi dati rilevanti sugli impianti in Italia, migliorando la sicurezza dei pazienti e ottimizzando la gestione clinica. Grazie a un monitoraggio rigoroso, questo strumento offre benefici per la salute pubblica e l’uso efficiente delle risorse sanitarie.

Statistiche sugli impianti di protesi mammarie in Italia

Dal 1° agosto dell’anno scorso al 30 giugno 2024, sono state oltre 500 le strutture sanitarie che hanno caricato almeno una volta le informazioni relative all’impianto di protesi mammarie.

Durante questo periodo, 1.207 chirurghi sono stati coinvolti in oltre 22.500 interventi, di cui più di 6.500 eseguiti in strutture pubbliche e 15.772 in strutture private.

Complessivamente, sono state impiantate più di 37.000 protesi mammarie, con oltre 8.000 interventi nel pubblico e più di 28.000 nel privato, coinvolgendo oltre 21.800 pazienti.

Il Registro Nazionale delle Protesi Mammarie

I dati provengono dal Registro Nazionale delle Protesi Mammarie, istituito per monitorare l’attività clinica, prevenire complicanze, migliorare la gestione degli effetti indesiderati e rintracciare tempestivamente i pazienti se necessario.

Avviato a pieno regime nel 2023, il registro offre la possibilità di un controllo continuo a scopo di ricerca scientifica e clinica.

Nel lungo termine, si prevede che diventi uno strumento utile per la programmazione dei dispositivi medici impiantabili.

La storia dei Registri sulle Protesi Mammarie

Il registro nazionale è stato istituito presso il Ministero della Salute insieme ai registri regionali e provinciali, grazie alla legge 86 del 2012.

La necessità di raccogliere informazioni su questi dispositivi nasce dall’importanza che il mondo scientifico e le istituzioni attribuiscono alle protesi mammarie, classificate nella più alta categoria di rischio (classe III) dal decreto legislativo 304 del 2004.

La legge è stata approvata a seguito di problemi riscontrati in Europa, tra cui il caso delle protesi PIP riempite di silicone non conforme.

Obbligo di registrazione degli interventi

Tutte le Regioni e Province autonome italiane hanno istituito un proprio registro e, di conseguenza, tutti i chirurghi che impiantano o rimuovono protesi mammarie devono registrare l’intervento entro tre giorni dalla procedura.

Le strutture sanitarie che omettono la raccolta e trasmissione dei dati sono soggette a sanzioni amministrative.

Inoltre, i distributori di protesi sono obbligati a registrare mensilmente ogni dispositivo venduto in Italia.

Il primato italiano nel Registro delle Protesi Mammarie

L’Italia vanta un primato globale per il suo registro delle protesi mammarie grazie all’obbligatorietà della trasmissione dei dati e alla gestione da parte di un’istituzione governativa.

In altri Paesi, come Francia, Svezia, Olanda, Regno Unito e Stati Uniti, i registri sono volontari e raggiungono una copertura variabile.

Il registro italiano è considerato un esempio di best practice, poiché consente di monitorare la sicurezza e l’efficacia dei dispositivi medici e di migliorare la qualità delle cure.

Estensione del modello ad altri dispositivi medici

Il monitoraggio delle protesi mammarie non solo tutela la salute dei pazienti, ma può anche contribuire a contenere la spesa pubblica.

Solo nel 2023, sono stati spesi oltre 5 miliardi di euro per dispositivi medici.

Il modello del registro potrebbe essere esteso ad altre categorie di impianti, come quelli cardiologici e ortopedici, che rappresentano circa l’84% della spesa per dispositivi ad alto rischio.

Analisi dei dati sulle sostituzioni

Per conoscere la durata media di vita di una protesi mammaria sarà necessario attendere gli interventi di sostituzione o rimozione.

Tuttavia, il Ministero della Salute ha iniziato a monitorare i tempi medi di revisione degli impianti.

I dati mostrano che i tempi di revisione sono inferiori nei pazienti sottoposti a procedure ricostruttive, probabilmente a causa di trattamenti come la chemioterapia o la radioterapia, che influenzano gli esiti chirurgici.

Al Meyer ricostruito il naso a un bambino con stampa 3D

I medici dell’Irccs hanno lavorato a fianco degli ingegneri di T3Ddy per “copiare” il naso del gemello. Gli hanno ricostruito il naso progettandolo con l’ausilio della stampa 3D, “copiando” quello del fratellino gemello per ottenere un risultato quanto più possibile naturale.

Il caso clinico

È la storia di un bambino di 5 anni, operato con successo dal team di chirurghi dell’AOU Meyer Irccs, guidato dal dottor Flavio Facchini, specialista in Chirurgia Plastica e Ricostruttiva.

Nato prematuro alla 28esima settimana di gravidanza, il piccolo era privo della piramide nasale a seguito di una complicanza perinatale: di fatto il suo volto risultava senza nasino, con solo due buchini per respirare.

I genitori si sono rivolti al Meyer per iniziare la ricostruzione il prima possibile, per evitare al bambino la grande sofferenza emotiva e le difficoltà sociali a cui sarebbe andato incontro senza un intervento tempestivo.

Tecnologie utilizzate

Utilizzando le moderne tecnologie di scansione 3D è stato possibile acquisire la geometria del volto del gemello.

La forma del naso è stata utilizzata per progettare e stampare strumenti di ausilio al chirurgo: grazie alla tecnologia 3D sono state stampate delle “sagome” che – proprio come fossero delle dime di taglio – sono servite per prelevare frammenti di cartilagine costale del bambino con altissima precisione, rendendo l’intervento il meno invasivo possibile.

Questi frammenti sono stati assemblati, un po’ come le tessere di un puzzle, per costruire l’impalcatura ossea e cartilaginea della piramide nasale, successivamente ricoperta con lembi cutanei prelevati dalla fronte e dal tessuto mucoso del piccolo.

Maschera trasparente e risultati dell’intervento

Non solo: sempre utilizzando le immagini 3D del volto del fratello, è stata realizzata anche una maschera trasparente sterile in 3D, che durante l’intervento ha consentito di verificare la perfetta corrispondenza delle dimensioni.

Il primo intervento è durato oltre 7 ore, seguito da un secondo di rifinitura: entrambi sono riusciti perfettamente, il piccolo sta bene, è già a casa ed è tornato all’asilo.

Testimonianza della famiglia

Racconta la mamma: “Fin dal primo contatto avuto con il dottor Facchini e il suo team abbiamo avuto la percezione di poterci affidare totalmente al Meyer: abbiamo trovato una disponibilità ed un’umanità incredibili, ci hanno accompagnati all’intervento con incontri periodici, affiancandoci e rispondendo a tutte le nostre domande.

È andato tutto benissimo, questo incontro con il Meyer ha restituito al nostro bambino sicurezza in se stesso e la speranza di una vita normale, come quella del suo gemello: guardandosi adesso dice ‘Ora sono davvero come il mio fratellino e i miei compagni!’”.

Collaborazione e innovazione

Tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione tra i chirurghi del Meyer e T3Ddy (www.t3ddy.org), il laboratorio sostenuto dalla Fondazione Meyer, coordinato dalla professoressa Monica Carfagni per l’Unifi e dall’ing. Kathleen McGreevy per il Meyer, dedicato proprio all’introduzione di tecnologie 3D innovative nella pratica clinica.

In sala, insieme al dottor Facchini, c’era la chirurga pediatrica Alessandra Martin, oltre ad anestesisti e infermieri, questi ultimi formati con un corso ad hoc in preparazione agli interventi di questo tipo.

Preparazione Pre-Operatoria

In fase pre-operatoria, ingegneri e medici hanno lavorato fianco a fianco: partendo dalla scansione 3D, gli ingegneri di T3Ddy, guidati dal prof. Yary Volpe, hanno ottimizzato il design della ricostruzione per adattarlo perfettamente alla conformazione specifica del paziente, identica a quella del gemello.

Eseguendo una replica stampata in 3D del volto, è stato possibile simulare l’intero intervento due volte prima dell’esecuzione reale in sala operatoria.

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