Il progetto RESCUE mira a nuove terapie RNA per la rigenerazione del cuore

Con un finanziamento di 1,5 milioni di euro, l’Unione Europea sostiene il progetto RESCUE, mirato a sviluppare un nuovo farmaco a RNA capace di rigenerare il cuore e promuovere simultaneamente la vascolarizzazione del tessuto. L’Università degli Studi di Trieste, in collaborazione con il Centro Cardiologico Monzino, coordina il gruppo di ricerca internazionale.

Obiettivo del progetto RESCUE

Sviluppare una nuova terapia capace di rigenerare completamente il cuore dopo un infarto del miocardio, formando nuovo tessuto e nuovi vasi sanguigni per riportare il muscolo cardiaco alla sua piena funzionalità: è questo l’obiettivo del progetto di ricerca internazionale RESCUE – Bridging the gap between cardiac regeneration and revascularization, coordinato dall’Università degli Studi di Trieste.

Questo progetto coinvolge esperti di rigenerazione cardiaca e angiogenesi provenienti da Italia, Spagna, Olanda, Slovacchia e Turchia.

La sinergia tra rigenerazione cardiaca e rivascolarizzazione

“Per molti anni i progressi nei campi della rigenerazione cardiaca e dell’angiogenesi hanno proceduto parallelamente, senza parlarsi.

Tuttavia, per riparare un cuore danneggiato da un infarto è necessaria la formazione sia di nuovo muscolo cardiaco sia di nuovi vasi sanguigni.

Con il progetto RESCUE puntiamo a colmare questa lacuna tra rigenerazione cardiaca e rivascolarizzazione: vogliamo, infatti, sviluppare un nuovo farmaco biologico, che contenga due principi attivi – e in particolare due molecole di RNA – in grado di rigenerare il cuore e simultaneamente promuovere la vascolarizzazione del tessuto rigenerato”, spiega la coordinatrice del progetto Serena Zacchigna, professoressa di biologia molecolare presso il dipartimento di scienze mediche, chirurgiche e della salute dell’Università degli Studi di Trieste e direttrice del laboratorio di biologia cardiovascolare dell’ICGEB (Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie).

Identificazione delle molecole candidate

I ricercatori hanno già identificato alcune molecole candidate, che si sono rivelate in grado di promuovere da un lato la proliferazione delle cellule del muscolo cardiaco e dall’altro la formazione di nuovi vasi sanguigni, sia piccoli capillari che arterie più grosse.

Nei prossimi tre anni i ricercatori sperimenteranno diverse combinazioni fino a identificare quella più efficace.

Sarà la prima volta che due molecole biologiche, capaci di stimolare questi due processi fondamentali per la riparazione di un cuore infartuato, vengono unite in un unico farmaco, per dimostrare la sinergia d’azione.

Collaborazione e coordinamento

L’Università di Trieste – l’unico ateneo italiano alla guida di uno dei diciassette progetti selezionati dal bando CARDINNOV – coordinerà lo studio in collaborazione con il Centro Cardiologico Monzino IRCCS, in particolare con il gruppo di ricerca del prof. Giulio Pompilio, direttore scientifico e delegato italiano alternate presso il Comitato per le Terapie Avanzate (CAT) dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA).

L'importanza dei farmaci a RNA

“L’infarto del miocardio continua ad essere una delle principali cause di morte – spiega il prof. Giulio Pompilio, direttore scientifico del Centro Cardiologico Monzino IRCCS – La ricerca ha recentemente prodotto nuovi farmaci a RNA che agiscono sui fattori di rischio dell’infarto, ma non si hanno ancora terapie che stimolano la riparazione del cuore.

Nei prossimi anni ci aspettiamo che un numero sempre maggiore di farmaci a RNA arrivi alla clinica per il trattamento delle malattie cardiache”, conclude il professore.

Collaborazioni internazionali e educazione

Al progetto collaborano il Centro Nazionale per la Ricerca Cardiovascolare (CNIC) di Madrid, l’Università di Utrecht, l’Università Lokman Hekim di Ankara, l’Accademia Slovacca delle Scienze e l’associazione di pazienti PLN Foundation, quest’ultima incaricata di educare e sensibilizzare pazienti e caregiver sulle nuove terapie a RNA.

Finanziamento e supporto

Con un finanziamento di 1,5 milioni di euro – dei quali oltre 600mila sono destinati all’Italia, attraverso il Ministero dell’Università e della Ricerca e il Ministero della Salute – il progetto è promosso dalla partnership Ue ERA4Health, che sostiene la collaborazione tra diversi enti di ricerca europei e internazionali in aree prioritarie nel settore della salute, favorendo lo sviluppo di innovazioni terapeutiche.

Fonte:

Un over 60 su quattro ignora di avere un’anomalia alle valvole cardiache

I problemi alle valvole cardiache aumentano di frequenza e gravità con l’avanzare dell’età. Tra i 60 e i 65 anni, solo l’1,5% delle persone ha un problema che richiede attenzione medica. Tuttavia, questa percentuale sale al 2,1% dopo i 70 anni e supera il 10% dopo gli 85 anni.

Problemi alle valvole cardiache negli over 60

Il 28,2 per cento delle persone con più di 60 anni ha un problema alle valvole cardiache non diagnosticato.

Il più delle volte si tratta di un’anomalia di lieve entità, che tuttavia in molti casi è destinata ad aggravarsi con l’età.

Lo studio dell’University of East Anglia

È quanto emerge da uno studio condotto da ricercatori dell’University of East Anglia di Norwich, nel Regno Unito, pubblicato sull’European Heart JournalCardiovascular Imaging. “Abbiamo esaminato tramite elettrocardiogramma quasi 4.500 persone asintomatiche con più di 60 anni”, spiega uno degli autori dello studio, il cardiologo Vassilios Vassiliou (ospedale Universitario di Norfolk e Norwich). Risultato: problemi alle valvole cardiache per oltre un quarto di loro.

Patologie valvolari e rischi correlati

I più diffusi erano “una incompleta apertura (stenosi valvolare) che si traduce in una restrizione del flusso sanguigno e la chiusura insufficiente: un rigurgito che può portare il sangue a rifluire nella direzione sbagliata”, illustra Michael Frenneaux, specialista dell’Imperial College e tra i firmatari della ricerca.

Questi problemi possono mettere a dura prova il cuore e farlo lavorare di più. Nel corso del tempo possono aumentare il rischio di infarto, ictus e altre patologie cardiache”.

Problemi valvolari sempre più frequenti con l’età

Lo studio ha inoltre mostrato che i problemi alle valvole cardiache diventano sempre più frequenti e seri al crescere dell’età.

Se tra i 60 e i 65 anni soltanto l’1,5 per cento ha un problema che richiede l’attenzione medica, la quota sale al 2,1 per cento appena si superano i 70 anni ed è superiore al dieci per cento dopo gli 85 anni.

Sintomi mascherati dalla ridotta attività fisica

All’avanzare dell’età, inoltre, i sintomi, (fiato corto, stanchezza, dolore al torace, debolezza o vertigini, caviglie e piedi gonfi, palpitazioni) “possono essere mascherati da una ridotta attività fisica e da una mobilità ridotta”, spiegano i ricercatori.

L’importanza di un monitoraggio attento

È quindi necessaria particolare attenzione. “Se le persone sviluppano nuovi sintomi o segni che potrebbero indicare una malattia cardiaca, ne discutano con il proprio medico”. 

Cuore 3.0, nuove strategie contro le minacce cardiovascolari del terzo millennio

In un panorama scientifico in evoluzione, i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare sono solo la superficie. La nuova prospettiva dell’esposoma, evidenziata nella recente review su European Heart Journal, ci invita a considerare impatti ambientali, sociali e psicologici sulla salute cardiaca.

Il quadro emergente dell'Esposoma

La cardiopatia ischemica, nonostante gli avanzamenti nei trattamenti dei fattori di rischio tradizionali, rimane la principale causa di morte a livello globale.

Il dottor Montone sottolinea la necessità di considerare l’interazione imprevedibile di nuovi fattori di rischio, enfatizzando il concetto di esposoma.

La review esamina come l’esposizione a lungo termine all’esposoma possa contribuire alla comparsa della cardiopatia ischemica e propone strategie di mitigazione del rischio.

Inquinamento ambientale

L’inquinamento atmosferico, soprattutto da PM2.5, può ridurre l’aspettativa di vita più del fumo di tabacco.

Nel 2019, l’inquinamento causò 7 milioni di decessi nel mondo, principalmente legati a malattie cardiovascolari.

Gli inquinanti atmosferici alterano il colesterolo, aumentano la pressione e promuovono diabete e obesità.

Inoltre, inquinamento acustico, luminoso e stress sociale contribuiscono alla disfunzione endoteliale e ai problemi cardiaci.

Cambiamenti climatici e salute del cuore

I cambiamenti climatici, correlati all’inquinamento, impattano significativamente sulla salute del cuore.

Le ondate di caldo prolungato sono associate a un aumento del rischio di mortalità cardiovascolare.

Salute mentale e cuore

Lo stress cronico, la depressione, l’isolamento sociale sono collegati alle malattie cardiovascolari.

Lo stress attiva il sistema nervoso simpatico, contribuendo all’ipertensione, mentre la produzione di cortisolo promuove insulino-resistenza e obesità.

Anche le infezioni respiratorie, inclusi influenza e COVID-19, aumentano il rischio cardiovascolare attraverso infiammazione e danni diretti alle cellule del cuore.

Affrontare l'esposoma per la salute del cuore

Contrastare l’esposoma richiede azioni più complesse rispetto alle tradizionali cure.

La responsabilità individuale è importante, ma politiche ambientali e mitigazioni sono fondamentali.

Ridurre l’inquinamento richiede transizioni energetiche, politiche per il traffico e città ben progettate.

Anche la sensibilizzazione internazionale, come la settimana ‘DarkSky’, è cruciale.

Prospettive per il futuro

La protezione del cuore richiede un approccio olistico.

Dall’adozione di fonti sostenibili a iniziative di salute mentale, la consapevolezza collettiva è cruciale.

Gli operatori sanitari dovrebbero considerare l’importanza di ridurre l’esposizione a nuovi fattori di rischio cardiovascolare, spingendo per ulteriori ricerche sull’impatto complessivo dell’esposoma sulla salute cardiovascolare.

La strada è lunga, ma la consapevolezza crescente e l’impegno sono passi nella giusta direzione.