Liste d’attesa ospedaliere: 20 milioni di visite da recuperare, straordinari non bastano

Il decreto Schillaci sulle liste d’attesa, in esame al Parlamento, mira a recuperare 20 milioni di prestazioni perse tra il 2019 e il 2021. Tuttavia, le risorse limitate e il personale stremato sollevano dubbi sulla sua efficacia. Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, critica la mancanza di interventi strutturali nel provvedimento.

Il decreto Schillaci: un’analisi critica

Il decreto Schillaci sulle liste d’attesa, attualmente all’esame del Parlamento, sembra incompleto.

Considerando gli ultimi anni di sofferenza del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), cerca di affrontare il problema enorme di quasi 20 milioni di prestazioni perse tra il 2019 e il 2021 con le poche risorse disponibili negli ospedali, un personale stremato e risorse insufficienti.

Nonostante le buone intenzioni, ci sono molti aspetti critici nel decreto.

La libera professione intramuraria e altre tematiche

Il decreto punta il dito contro la libera professione intramuraria introducendo interventi coercitivi.

Tuttavia, è evidente che le liste d’attesa sono legate a problemi più ampi, inclusi l’organizzazione delle aziende e del sistema sanitario nel suo complesso, nonché l’assistenza sul territorio, la quale non viene coinvolta adeguatamente.

Critiche del Presidente della Cimo-Fesmed

Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed (medici ospedalieri), riconosce le buone intenzioni del ministro della Salute ma critica il provvedimento.

Pur approvando misure come il Cup regionale, Quici sottolinea la mancanza di interventi strutturali necessari.

Punti critici del Decreto Legge

Tetto sul personale

Uno dei principali punti critici è il mancato sblocco immediato del tetto sul personale, che sarebbe dovuto avvenire senza attendere il 2025.

Quici auspica che il ministro intervenga con un decreto per permettere assunzioni adeguate.

Fabbisogno di medici e infermieri

Il metodo proposto da Agenas per stimare il fabbisogno di medici e infermieri è considerato troppo complicato e inadeguato.

La stima di 10.000 medici in meno non riflette la realtà delle corsie vuote, dei turni coperti a stento e delle file di pazienti nei Pronto Soccorso.

Inoltre, la medicina è cambiata, aumentando gli standard del fabbisogno di medici.

Incremento delle risorse

Per evitare la fuga di medici all’estero o nel settore privato, è necessario un incremento strutturale delle risorse.

Attualmente, l’unico denaro stanziato dal decreto legge è destinato agli straordinari, una soluzione temporanea che non risolve il problema.

Inadeguatezza delle misure di compensazione

L’aumento della retribuzione per gli straordinari non è sufficiente.

È necessaria un’indennità di specificità adeguata per rendere più attraente il Ssn.

Non è solo un problema di Pronto Soccorso; mancano anche chirurghi, anestesisti, rianimatori, radioterapisti, ecc.

Il nuovo contratto 2022-2024 prevede un incremento insufficiente rispetto all’inflazione.

Domanda inappropriata di prestazioni da medicina difensiva

Il fenomeno della medicina difensiva, che costa 10 miliardi, contribuisce a gonfiare le liste d’attesa.

La commissione istituita dal ministro della Giustizia Nordio non sembra modificare sostanzialmente il problema della colpa medica, lasciando una grande quota di inappropriatezza.

I medici continueranno a richiedere più prestazioni del necessario per timore di cause legali, aumentando costi e liste d’attesa.

Prestazioni perse durante la pandemia

Esecuzione delle prestazioni in ospedale

Circa 19,8 milioni di prestazioni sono state eseguite in meno tra il 2019 e il 2021 a causa della pandemia.

Questo calo significativo denota un gap nell’offerta sanitaria, anche dovuto all’assenza di prevenzione secondaria e terziaria e all’inadeguatezza del territorio nel gestire una parte della domanda.

Gestione delle prestazioni fuori dall’ospedale

Il maggior calo delle prestazioni ha riguardato aree gestibili fuori dall’ospedale, come psichiatria (-37%), oculistica (-21,67%) e dermatologia (-19%).

Non è possibile chiedere ulteriori sforzi ai medici ospedalieri, già sovraccarichi.

Le liste d’attesa devono essere affrontate in modo olistico, considerando l’intero sistema sanitario.

Carenza di Medici o Infermieri?

In un contesto sanitario in continua evoluzione, sorgono interrogativi cruciali: è la carenza di medici o di infermieri a mettere a repentaglio la qualità dell’assistenza?

Densità medica e rapporto infermieri-medico in Italia e all'estero

In Italia, la forza lavoro medica ammonta a circa 244.000 professionisti. Di questi, il 44% opera come dipendente del Sistema Sanitario Nazionale (Ssn), il 34% è convenzionato con il Ssn (ad esempio, i medici di medicina generale), e il restante 12% lavora nel settore privato accreditato dal Ssn. La densità medica del paese, con 4,1 medici ogni 1.000 abitanti, si colloca tra le più elevate in Europa.

In confronto, il Regno Unito e la Francia vantano rispettivamente 3 e 3,3 medici ogni 1.000 abitanti.

Tuttavia, tale scenario cambia drammaticamente quando si considera il rapporto infermieri-medico.

Nel Ssn italiano, operano 1,42 infermieri per ogni medico, mentre in Germania il rapporto è di 2,7, nel Regno Unito di 2,8 e in Francia di 3,3.

Perché la percezione di mancanza di medici?

Sebbene l’Italia disponga di una densità medica elevata, la sensazione di carenza di medici è diffusa.

Questo fenomeno è influenzato da vari fattori. La quantità di medici necessaria in un sistema sanitario è determinata da tre elementi principali:

a) la suddivisione dei ruoli e delle funzioni tra medici e altre professioni sanitarie;

b) l’equilibrio tra personale e tecnologie, spesso regolato da standard procedurali;

c) la prevalenza delle patologie.

Negli ultimi vent’anni, le professioni sanitarie come infermieri, riabilitatori e tecnici diagnostici hanno richiesto una formazione universitaria.

Tuttavia, il Ssn non ha ancora formalmente riconosciuto il livello di autonomia professionale di questi ruoli, mantenendo intatto il numero di medici richiesti dal sistema.

Nonostante il Ssn disponga di tecnologie avanzate, gli standard di personale non sono stati ridotti, nonostante le macchine abbiano aumentato l’efficienza lavorativa.

In breve, il panorama medico è cambiato, ma le norme e le funzioni rimangono ancorate a quanto viene svolto nei paesi più sviluppati, dove le professioni sanitarie sono più autonome e necessitano di meno supervisione medica.

Impatto dell'invecchiamento della popolazione

L’Italia è uno dei paesi più anziani al mondo, con una popolazione in cui gli ultra 65 anni sono il doppio rispetto agli under 15, rappresentando il 25% della popolazione.

Questo scenario determina una maggiore prevalenza di patologie croniche e fragilità che richiedono cure mirate e assistenza prolungata, dunque più infermieri e operatori socio-sanitari, ma meno medici.

La mancanza di infermieri o la sottovalutazione del loro ruolo porta ad un sovraccarico improprio dei medici.

Situazione attuale e prospettive future

Le borse di studio per le scuole di specializzazione mediche sono aumentate nel corso degli anni, da 7.500 posti nel 2008 a 14.000 nel 2023. Nel decennio 2022-2031, si prevede un massimo di 10.000 pensionamenti di specialisti all’anno, di cui 5.000 dal Ssn.

Di conseguenza, tra qualche anno, ci si aspetta un incremento del numero di medici.

Al contrario, i posti universitari per infermieri sono spesso non occupati, e solo il 75% degli iscritti riesce a completare gli studi.

Di conseguenza, il numero di infermieri pensionati supera le nuove assunzioni (14.000), risultando in una carenza di 60.000 infermieri rispetto alle necessità.

Questo scenario porta a una direzione opposta al necessario: più medici e meno infermieri.

Soluzioni e Prospettive

Per affrontare questa sfida, occorrono diverse azioni.

In primo luogo, è essenziale ridisegnare l’immagine delle professioni sanitarie tra i giovani, attraverso una campagna informativa che ne evidenzi le qualifiche, le opportunità occupazionali e i ruoli di rilievo.

È necessario anche rivedere i modelli organizzativi e le regole relative al personale coinvolto nelle procedure, limitando la presenza di medici solo quando è strettamente necessario e superando vecchie abitudini burocratiche.

Inoltre, è importante aggiornare le programmazioni universitarie per rispondere alla reale richiesta di personale nel settore sanitario.

In conclusione, il problema delle carenze e delle percezioni errate nel settore sanitario richiede un approccio olistico e lungimirante, orientato a garantire un equilibrio tra medici e professioni sanitarie in linea con le necessità della popolazione e i cambiamenti nella pratica medica moderna.