L’intelligenza artificiale rivoluziona la lotta al tumore alla prostata

L’utilizzo dell’intelligenza artificiale si rivela fondamentale nella battaglia contro il tumore alla prostata.

Cnr-Iit

L’Istituto di informatica e telematica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iit) ha sviluppato una metodologia innovativa basata su nuovi algoritmi di intelligenza artificiale che permette di prevedere con precisione la ricomparsa del tumore dopo l’asportazione chirurgica.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature, offre una speranza concreta per i pazienti affetti da questa diffusa malattia.

Il tumore alla prostata: una sfida globale

Il tumore alla prostata rappresenta una delle forme di cancro più comuni al mondo, con circa 1,4 milioni di nuove diagnosi nel 2022.

Le proiezioni indicano che nel 2025 verranno fatte 363.000 nuove diagnosi nella comunità europea, con un numero stimato di 78.000 decessi.

Questi dati evidenziano l’urgenza di trovare soluzioni efficaci per combattere questa malattia.

La sfida della recidiva

Dopo l’asportazione chirurgica della prostata, circa il 15% dei pazienti sottoposti all’intervento sono classificati come ad alto rischio di ricaduta e richiedono un monitoraggio attento per individuare eventuali segni di ripresa del tumore.

Tuttavia, la tempistica con cui la malattia si ripresenta può variare considerevolmente da paziente a paziente, rendendo necessaria la ricerca di strumenti predittivi più accurati.

Un nuovo approccio grazie all'intelligenza artificiale

L’Istituto di informatica e telematica del Cnr ha condotto una ricerca innovativa utilizzando una lista di geni marcatori e sviluppando un metodo computazionale di apprendimento automatico per analizzarli.

Questo approccio ha dimostrato una capacità predittiva superiore rispetto ai metodi attualmente in uso.

Lo studio ha coinvolto un gruppo di 1.240 pazienti e ha utilizzato un database di sequenze genetiche di esami di biopsie, confermando l’efficacia dell’intelligenza artificiale nel prevedere la ricaduta del tumore alla prostata.

Un passo avanti nella personalizzazione della cura

La metodologia sviluppata dal Cnr-Iit rappresenta un notevole miglioramento rispetto ai risultati precedenti nella predizione della sopravvivenza a cinque anni dei pazienti con tumore al seno.

In particolare, le predizioni sulla ricaduta del tumore alla prostata utilizzano un ampio spettro di marcatori genetici, integrandoli con i marcatori clinici già in uso.

Questo approccio offre la possibilità di personalizzare la terapia, consentendo una maggiore probabilità di sopravvivenza e una migliore qualità di vita per i pazienti affetti da questa malattia.

Implicazioni per la pratica clinica

Lo studio condotto dall’Istituto di informatica e telematica del Cnr offre importanti contributi alle decisioni cliniche sulla terapia del tumore alla prostata.

I risultati ottenuti consentono di adottare un approccio più mirato e preciso nel trattamento di questa malattia, offrendo la possibilità di personalizzare la cura in base alle caratteristiche genetiche del paziente.

Questo rappresenta un importante passo avanti nel migliorare le prospettive di sopravvivenza e di guarigione.

Progetti futuri e sviluppo

Il progetto “Tuscany Health Ecosystem” (The), finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), prevede lo sviluppo, nei prossimi tre anni, di un sistema diagnostico per uso clinico basato sulla metodologia sviluppata dall’Istituto di informatica e telematica del Cnr.

Questo consentirà di ampliare l’applicazione di queste scoperte rivoluzionarie, fornendo ai medici uno strumento diagnostico avanzato per la gestione del tumore alla prostata.

Conclusioni

La ricerca condotta dall’Istituto di informatica e telematica del Cnr rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro il tumore alla prostata.

L’integrazione dell’intelligenza artificiale nella pratica clinica offre nuove opportunità per la prevenzione, la diagnosi e il trattamento personalizzato di questa malattia diffusa.

Grazie a questi sviluppi, si prospetta una migliore qualità di vita e una maggiore probabilità di sopravvivenza per i pazienti affetti da tumore alla prostata.

Fonte

Centro FIVET SANADOR

La fecondazione in vitro (FIVET) è considerata la tecnica di riproduzione umana assistita più efficace. è una procedura che consente l’incontro fra ovulo e spermatozoo all’esterno dell’utero.

Il Centro FIVET SANADOR aiuta le aspiranti mamme di tutta Europa.

Metodo avanzato per la riproduzione assistita

La fecondazione in vitro (FIVET) è un metodo avanzato di riproduzione assistita, che prevede la raccolta e la fecondazione artificiale degli ovociti in laboratorio e l’impianto degli embrioni così ottenuti nell’utero della paziente.

La procedura è molto complessa, consigliata quando la gravidanza non può essere ottenuta naturalmente dopo 1 anno di rapporti sessuali non protetti (o dopo 6 mesi, se la paziente ha più di 35 anni) e nessun altro trattamento per l’infertilità (stimolazione ovarica medicinale o inseminazione artificiale) ha avuto l’effetto desiderato.

Durata e fasi della FIVET

Attualmente la fecondazione in vitro è considerata la tecnica più efficace di riproduzione umana assistita e la durata di un ciclo di FIVET è di 4-6 settimane, dal momento in cui inizia il trattamento di stimolazione ovarica fino al trasferimento dell’embrione.

A seguito di una procedura di fecondazione in vitro si possono ottenere diversi embrioni vitali, ma solo uno o due verranno trasferiti nell’utero della paziente, gli altri, a seconda della qualità, del loro potenziale evolutivo stimato dall’embriologo, verranno criogenati (congelati) per la conservazione.

Procedure e scelte nella FIVET

La fecondazione in vitro è consigliata quando il medico specializzato in Riproduzione Umana Assistita determina che non ci sono altre soluzioni per ottenere una gravidanza o quando altre condizioni di salute riproduttiva della coppia lo impediscono.

Ci sono casi in cui la procedura di fecondazione in vitro viene indicata fin dall’inizio come unica opzione possibile per una coppia infertile. Ciò accade quando la coppia ha determinati problemi medici, diagnosticati attraverso una serie di test e indagini di imaging.

Prima di iniziare la procedura di fecondazione in vitro, sia la paziente che il suo partner devono sottoporsi a una serie completa di test e indagini per stabilire la causa dell’infertilità e valutare lo stato di salute generale.

Dopo aver ottenuto i risultati, il medico discuterà con il paziente le cause e la necessità del protocollo di fecondazione in vitro, nonché i passaggi successivi.

Un ciclo di fecondazione in vitro prevede diverse fasi chiaramente definite:

  1. Trattamento ormonale per stimolare l’ovulazione della paziente.
  2. Prelievo di ovociti dal paziente.
  3. Donazione e preparazione del liquido seminale, con selezione degli spermatozoi attivi.
  4. Fecondazione delle uova con gli spermatozoi selezionati.
  5. Selezione degli embrioni vitali e, se necessario, test genetici per eventuali anomalie.
  6. Trasferimento degli embrioni o criogenia e conservazione degli embrioni rimanenti.

Esistono diversi tipi di procedure di fecondazione in vitro, e la scelta spetta al paziente, su consiglio dello specialista che coordinerà il ciclo di fecondazione in vitro.

La decisione deve essere presa tenendo conto della causa dell’infertilità, della salute del paziente e dei suoi desideri.

Trasferimento embrionale e successo della terapia

Dopo aver ottenuto gli embrioni e averne analizzato la qualità da parte dell’embriologo, segue la fase del trasferimento. 

Su decisione della paziente e su consiglio del medico coordinatore e dell’embriologo, il trasferimento embrionale avviene nei giorni 2-3 o dopo l’ottenimento delle blastocisti (5-6 giorni di incubazione).

Si tratta di una procedura semplice che non richiede sedazione e consiste nel trasferire l’embrione o gli embrioni nell’utero con l’ausilio di tubicini sottilissimi, sotto guida ecografica transaddominale.

Trasferiti gli embrioni, la paziente rimarrà a riposo per un breve periodo e riceverà un trattamento specifico a casa per supportare l’impianto dell’embrione.

La paziente può riprendere le sue attività quotidiane, ma le verrà consigliato di evitare sforzi fisici intensi.

Il test di gravidanza è consigliato circa 14 giorni dopo il trasferimento degli embrioni e, se positivo, la paziente verrà in clinica per confermare la gravidanza mediante ecografia transvaginale o esame del sangue più specifico.

Tasso di successo e possibilità di cicli successivi

L’età del paziente è il principale fattore che influenza il successo di un ciclo di fecondazione in vitro.

Una donna più giovane ha maggiori possibilità di rimanere incinta con questo metodo, e ogni anno che passa diminuisce drasticamente le possibilità di successo.

Le differenze sono significative: 40-45% per 25-30 anni, 30-35% per 30-35 anni, meno del 20% per un paziente di 38-40 anni e meno del 2% per un paziente di 43 anni o più.

Oltre all’età, la riserva ovarica e i fattori genetici sono le ragioni principali che influenzano il successo della fecondazione in vitro. I fattori maschili non dovrebbero essere trascurati.

Se una procedura di fecondazione in vitro non si conclude con una gravidanza, è possibile iniziare un altro ciclo, ma generalmente è necessario attendere tra 8 e 12 settimane affinché il corpo della paziente riprenda il proprio ciclo naturale.

La letteratura specialistica accetta l’esecuzione di un massimo di quattro cicli di stimolazione per lo stesso paziente.

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