Rigenerazione del midollo spinale: un’innovazione italiana con staminali ed elettrodi flessibili

Numerosi team nel mondo stanno cercando di rigenerare il midollo spinale dopo traumi o incidenti. Un settore in cui l’Italia gioca un ruolo importante con un nuovo dispositivo che utilizza mini-scosse di un elettrodo innovativo e cellule staminali. Questo progetto europeo coinvolge molte giovani ricercatrici e potrebbe rivoluzionare il trattamento delle lesioni spinali.

Lavori in corso

Di che si tratta? Parliamo di una struttura elettrificata biocompatibile e flessibile (detta scaffold) per trattare le lesioni del midollo spinale.

Il dispositivo si basa sul trapianto di cellule staminali e la rigenerazione del tessuto lesionato grazie a impulsi elettrici che favoriscono la trasformazione in neuroni.

Gli scienziati di Riseup, un progetto europeo guidato da Enea, lavorano con partner italiani, spagnoli e francesi. Il gruppo è caratterizzato da una significativa partecipazione di giovani ricercatrici.

“Attualmente – precisa Claudia Consales, coordinatrice del progetto e ricercatrice Enea – non esistono cure efficaci per le lesioni al midollo spinale che causano paralisi e disabilità permanenti.

Tuttavia, la ricerca sulle cellule staminali ha aperto nuove prospettive ed è in continuo sviluppo”.

Il dispositivo

Lo scaffold elettrificato si adatta alla curvatura del midollo spinale grazie a un metallo poroso che mantiene la conducibilità elettrica anche quando è piegato o deformato.

“Questa nuova tecnologia – spiega Consales – potrebbe rivoluzionare il settore delle apparecchiature biomedicali.

La flessibilità e la capacità di rilasciare correnti di diversa intensità e durata rendono questo dispositivo adatto a trattamenti di patologie neurologiche, controllo del dolore e monitoraggio dei segnali bioelettrici del corpo”.

Prospettive future

Attualmente lo scaffold è in fase di test su staminali coltivate in vitro e in un modello in vivo di lesione del midollo spinale. “Gli esperimenti, basati su un approccio multidisciplinare, stanno dando risultati preliminari incoraggianti”, conclude Consales.

La ricerca è avanzata e la speranza è che questi studi portino a soluzioni concrete per migliorare la vita delle persone con lesioni spinali.

Ripristino dell’uso della mano utilizzando i nervi del piede

Il CTO della Città della Salute di Torino ha segnato un nuovo capitolo nella storia della chirurgia ricostruttiva nervosa, con un intervento rivoluzionario che utilizza i nervi del piede per ripristinare l’uso della mano.

Una pionieristica procedura chirurgica

Un team composto da microchirurghi e neurochirurghi ha condotto questa procedura unica nel suo genere, aprendo nuove prospettive per la chirurgia ricostruttiva nervosa.

La squadra, composta dal dottor Bruno Battiston, dottor Paolo Titolo, dottoressa Francesca Vincitorio, e il professor Diego Garbossa, ha eseguito per la prima volta al mondo questa innovativa procedura, offrendo una luce di speranza a pazienti come Giovanni, il cui destino è stato segnato da un tragico incidente stradale.

Una storia di speranza dopo un grave incidente

Giovanni, 55 anni, operatore sociosanitario, è stato coinvolto in un grave incidente stradale che ha causato l’amputazione di metà della sua gamba sinistra e una lesione completa del plesso brachiale del braccio sinistro.

L’incidente, causato da una moto che non ha rispettato un semaforo, ha cambiato radicalmente la vita di Giovanni. Tuttavia, grazie all’intervento pionieristico del team di chirurghi, si apre ora una nuova prospettiva di recupero.

Ricerca e approvazione etica

La procedura innovativa è frutto di quattro anni di ricerca intensiva, culminati con la pubblicazione su una prestigiosa rivista scientifica internazionale, Injury, e l’approvazione da parte del Comitato Etico della Città della Salute per l’applicazione clinica.

Il fulcro dell’intervento è la trasposizione della parte peroneale del nervo sciatico, normalmente deputata al controllo della dorsiflessione del piede.

Questo trasferimento nervoso mirato, dalla gamba amputata al braccio paralizzato, ha lo scopo di reinnervare il plesso brachiale lesionato, aprendo la strada a una riattivazione funzionale.

Trasferimenti nervosi

Per comprendere appieno l’entità dell’innovazione introdotta, è essenziale esplorare il concetto di trasferimenti nervosi, uno spostamento dei rami nervosi da una zona del corpo all’altra per ripristinare funzioni compromesse.

Nei centri nazionali e internazionali di chirurgia ricostruttiva nervosa, si utilizzano normalmente nervi nelle vicinanze dell’arto superiore lesionato.

Nel caso di Giovanni, i chirurghi hanno invece trasferito rami del nervo peroneale dalla gamba al plesso brachiale, offrendo una speranza concreta di ripristino delle funzioni motorie e sensitive dell’arto superiore.

Dalla chirurgia alla riabilitazione

L’intervento chirurgico, eseguito dopo circa 5 mesi dal trauma, ha coinvolto una complessa procedura durata circa 12 ore.

Le diverse équipes hanno collegato i rami del nervo peroneale ai nervi strappati, con l’obiettivo di reinnervare la muscolatura dell’arto superiore.

Il paziente, chiamato Giovanni a fini illustrativi, è ora ricoverato nel reparto di Neurochirurgia, dopo essere stato preso in carico dagli anestesisti della rianimazione diretta dal dottor Maurizio Berardino.

Non si sono presentate complicanze periprocedurali, e il paziente sta bene.

Integrazione della chirurgia con la plasticità cerebrale

L’integrazione della chirurgia con la plasticità cerebrale presuppone che Giovanni impari a controllare l’uso della mano, inizialmente pensando a movimenti del piede e, successivamente, sviluppando nuove abilità attraverso l’adattamento cerebrale.

L’intera fase riabilitativa sarà resa possibile dalla Medicina Fisica e Riabilitazione, sotto la direzione del professor Giuseppe Massazza, aprendo nuove prospettive nel campo della neurofisiologia e rappresentando un ulteriore passo avanti nella medicina.

Questo traguardo segna una significativa avanzata nella ricerca di soluzioni innovative per migliorare la vita di coloro che affrontano gravi lesioni e traumi, aprendo nuovi orizzonti nel campo della neurofisiologia e della medicina.

Con un intervento innovativo 15enne recupera l’uso del braccio paralizzato.

Un giovane di 15 anni ha affrontato con successo un intervento chirurgico pionieristico presso l’ospedale Molinette di Torino, utilizzando una tecnica innovativa mai sperimentata prima per ripristinare la funzione del suo braccio sinistro paralizzato.

Paralizzato dopo incidente stradale

Dopo essere stato coinvolto in un grave incidente stradale, il ragazzo ha subito un grave politrauma che ha portato all’amputazione traumatica della mano e all‘interruzione completa delle fibre nervose che controllano i movimenti del braccio sinistro.

Inizialmente ricoverato presso l’ospedale di Perugia, il giovane ha attraversato un lungo processo di recupero dopo un delicato intervento per ricostruire la mano e le sue connessioni neuro-muscolari.

Tuttavia, nonostante gli sforzi, il braccio sinistro ha subito una lesione troppo grave, e i nervi del plesso brachiale sono risultati irrimediabilmente amputati.

L'Intervento di microchirurgia

L’unico mezzo per ripristinare l’uso del braccio è stato un complesso intervento di microchirurgia.

La procedura richiedeva il prelievo di un tratto di un nervo sano per sostituire il plesso brachiale lesionato.

Il nervo ideale per questo scopo è risultato essere il nervo frenico, che origina a livello delle prime vertebre cervicali, discende nel collo e nel torace.

Collaborazione multidisciplinare a Torino

Il ragazzo è stato trasferito a Torino, presso le Molinette, dove un’équipe multidisciplinare di chirurghi ha preso in carico il caso.

Chirurghi della mano, neurochirurghi e chirurghi toraco-polmonari si sono uniti per applicare, per la prima volta in Italia, una tecnica mini-invasiva di prelievo del nervo frenico.

Questa innovativa procedura ha permesso di conservare integralmente la porzione del nervo frenico intratoracico, aumentando le probabilità di successo dell’intervento.

Una nuova vita per il braccio

Il nervo frenico è stato prelevato per tutta la sua lunghezza e successivamente reinnervato, collegandolo come fili elettrici nei nervi non funzionanti del braccio sinistro.

Questa riconnessione permette alla componente sana del nervo di ricrescere gradualmente, con una media di 1-2 mm al giorno.

L’intervento si basa sui trasferimenti nervosi, una tecnica che coinvolge il riposizionamento di nervi sani per ripristinare la funzione motoria nelle zone colpite.

Durante l’intervento, i chirurghi hanno eseguito con precisione microchirurgica il collegamento dei nervi sani a quelli paralizzati, creando una nuova connessione per trasmettere i segnali neurali.

8 ore in sala operatoria

Dopo oltre 8 ore di sala operatoria, l’intervento è stato tecnicamente riuscito.

Il giovane paziente è stato dimesso cinque giorni dopo e ora si prepara a affrontare una nuova fase di riabilitazione e fisioterapia per completare il suo percorso verso una completa guarigione.

Fonte:

Primo Impianto di Elettrodi Intracerebrali per Bambino con Epilessia Farmaco-Resistente

La U.O.C. Neurochirurgia dell’Istituto pediatrico Gaslini ha realizzato il primo impianto di elettrodi intracerebrali secondo la metodologia stereotassica, conosciuta come Stereo-EEG. Questo intervento pionieristico è stato eseguito su un bambino di nove anni affetto da epilessia focale farmaco-resistente.

Nuova tecnica di chirurgia dell'epilessia

Recentemente, presso l’IRCCS Giannina Gaslini, è stata introdotta una nuova tecnica nell’ambito della chirurgia dell’epilessia.

Questi interventi sono mirati a migliorare le condizioni dei pazienti che soffrono di crisi epilettiche “focali“, ossia crisi la cui origine si ipotizza essere localizzata in una specifica regione cerebrale e che sono poco o per nulla sensibili alla terapia medica tradizionale.

Ruolo fondamentale dell'intervento complesso

Il professor Lino Nobili, responsabile U.O.C. Neuropsichiatria dell’IRCCS Gaslini, spiega che l’intervento è estremamente complesso ma fondamentale per pazienti che non rispondono alla terapia farmacologica tradizionale.

L’obiettivo è ottenere indicazioni precise per la prosecuzione dell’iter terapeutico, altrimenti non individuabili.

Successo del trattamento

Gianluca Piatelli, responsabile della U.O.C. Neurochirurgia dell’Istituto pediatrico ligure, aggiunge che grazie all’innovativo impianto, è stato possibile registrare l’origine delle crisi e guarire il bambino.

In alcuni casi, gli elettrodi vengono utilizzati per la coagulazione di piccole porzioni di tessuto cerebrale, realizzando lesioni limitate e precise che possono portare alla soppressione degli episodi critici.

Collaborazione multidisciplinare

Il risultato è il frutto della stretta collaborazione tra diverse specialità dell’ospedale, introducendo l’Istituto come Centro di Terzo Livello internazionale e aprendo nuove frontiere nella ricerca sull’epilessia.

L’intervento multidisciplinare coinvolge un’equipe di esperti altamente preparati, compresi neurochirurghi, neurofisiologi, neuropsichiatri, neurologi, neuroradiologi, tecnici di neurofisiopatologia, neurorianimatori, infermieri e anestesisti del Gaslini.

Stereo-EEG

La Stereo-EEG è una tecnica complessa di diagnosi che mira a localizzare la zona epilettogena, l’area cerebrale da cui originano le crisi focali.

Consiste nell’introdurre elettrodi attraverso la teca cranica nelle potenziali aree di origine delle crisi.

A differenza di tecniche meno accurate, permette di registrare direttamente le modificazioni dell’attività elettrica cerebrale alla fonte.

Procedura post-impianto

Dopo l’impianto, il paziente viene svegliato per iniziare la fase di monitoraggio clinico e neurofisiologico che può protrarsi per alcuni giorni.

Gli elettrodi vengono collegati a un elettrocefalografo per una registrazione diretta dell’attività cerebrale, facilitando l’individuazione del problema.

Lotta all'epilessia

In Italia, circa 500.000 pazienti, tra adulti e bambini, soffrono di epilessia per cui un intervento chirurgico curativo sarebbe ipotizzabile ma di difficile individuazione.

Il programma di chirurgia dell’epilessia presso l’IRCCS Gaslini è attivo dal primo decennio del 2000, grazie alla collaborazione tra la Neurochirurgia e la Neuropsichiatria.

Il Futuro della chirurgia dell'epilessia

Il dottor Alessandro Consales, neurochirurgo specializzato in chirurgia dell’epilessia dell’UOC Neurochirurgia, sottolinea che l’innovativo intervento rappresenta un passo in avanti per l’Istituto, allineandosi alle ultime novità della chirurgia di precisione.

Fonte:

Tecnica XLIF per la cura del mal di schiena cronico

La Neurochirurgia di Sassari ha recentemente utilizzato con successo una nuova tecnica mininvasiva per trattare la patologia degenerativa della colonna vertebrale. Effettuato su un paziente di 65 anni, l’intervento prevedeva l’inserimento di una protesi discale in titanio. Il paziente è stato dimesso dopo soli 3 giorni, senza alcun dolore residuo.

La tecnica XLIF

È un acronimo quasi impronunciabile, XLIF, ma per il paziente suona come approccio chirurgico mininvasivo per la cura del mal di schiena cronico.

Si tratta di una nuova tecnica che consente la sostituzione del disco intervertebrale mediante approccio cosiddetto “laterale estremo” (eXtreme Lateral Interbody Fusion, appunto XLIF).

L'applicazione pratica

Nei giorni scorsi è stata usata, per la prima volta, dall’équipe di Neurochirurgia dell’Aou di Sassari che ha operato un paziente di 65 anni il quale, dopo tre giorni di degenza, ha fatto rientro a casa senza mal di schiena.

Gli specialisti sottolineano i vantaggi della XLIF, riducendo il periodo post-operatorio e le perdite ematiche.

Approfondimento sulla tecnica XLIF

«Si tratta di una chirurgia vertebrale all’avanguardia – afferma la neurochirurga Maria Antonietta Chessa – che mette la nostra struttura al pari delle altre del resto della penisola, una tecnica mininvasiva introdotta di recente che può essere utilizzata per il trattamento della patologia degenerativa della colonna vertebrale».

La procedura coinvolge l’accesso laterale estremo alla colonna vertebrale e l’inserimento di una protesi discale in titanio.

Descrizione della procedura e selezione dei pazienti

Il paziente, in anestesia generale, viene posizionato su un fianco, sopra il lettino operatorio.

Con una piccola incisione sul fianco, il neurochirurgo accede alla colonna vertebrale, con minimo trauma dei tessuti.

È importante selezionare pazienti con specifiche caratteristiche, come l’assenza di interventi addominali precedenti e una posizione bassa della cresta iliaca.

Monitoraggio e strumentazione utilizzata

Un intervento che viene realizzato grazie a un monitoraggio neurofisiologico real-time, con l’impiego di un apparecchio radiologico, arco a C o amplificatore di brillanza, che consente di posizionare la protesi vicino ai dischi intervertebrali.

Benefici della tecnica

Innegabili i benefici per il paziente derivanti dalla nuova tecnica mininvasiva.

I neurochirurghi sottolineano tempi più rapidi per la stabilizzazione della colonna, un periodo post-operatorio più breve, perdite ematiche irrilevanti e un minor dolore post-operatorio rispetto agli interventi invasivi tradizionali.

L'Équipe di neurochirurgia

Nella sala operatoria, al terzo piano del Santissima Annunziata, l’intervento è stato realizzato dall’équipe di Neurochirurgia, con la presenza di professionisti esperti in collaborazione con un esperto dall’Ospedale Molinette di Torino.

L’approccio multidisciplinare coinvolge anche il personale di Anestesia del Santissima Annunziata e i tecnici di Radiologia.

Fonte:

Affetto da Parkinson cammina dopo 30 anni grazie ad un impianto innovativo

I ricercatori del Politecnico federale di Losanna hanno concepito la tecnologia che ha consentito a Marc Gauthier, un cittadino francese di 62 anni, affetto dalla malattia neurodegenerativa da tre decenni, di percorrere agevolmente 6 chilometri.

La sfida

Il passato di Gauthier, una volta architetto e sindaco nella sua città vicino a Bordeaux, è stato radicalmente trasformato dall’instabilità motoria causata dal Parkinson.

La malattia gli ha inflitto movimenti incontrollabili e difficoltà di coordinazione, portandolo da una vita attiva a una condizione in cui perfino rimanere in piedi divenne un’ardua sfida.

L'intervento innovativo

Un intervento sperimentale, eseguito da un team di ricerca internazionale, guidato da Jocelyne Bloch e Grégoire Courtine dell‘Ospedale universitario di Losanna (CHUV) e del Politecnico federale di Losanna (EPFL), ha rivoluzionato la vita di Gauthier

Questo intervento, basato sulla stimolazione del midollo spinale attraverso un dispositivo neuroprotesico, ha permesso a Gauthier di camminare per sei chilometri senza difficoltà, aprendo la strada a una potenziale svolta nel trattamento del Parkinson.

La tecnologia

Il dispositivo neuroprotesico sviluppato dai ricercatori dell’Epfl è stato impiantato nella parte bassa della schiena, sopra il midollo spinale lombosacrale.

Questa posizione strategica ha permesso la stimolazione della rete neurale tra il midollo spinale e i muscoli delle gambe, risultando in un notevole miglioramento dell’andatura dei pazienti affetti da Parkinson.

Nuova procedura di intervento

L’intervento degli studiosi svizzeri si distingue per la posizione innovativa dell’impianto, che ha dimostrato di migliorare l’andatura delle persone affette da Parkinson.

Tuttavia, si evidenzia la necessità di ulteriori ricerche per affinare e consolidare questa tecnologia in via sperimentale.

La metamorfosi di Marc

Grazie all’impianto spinale, Marc Gauthier ha sperimentato una vera e propria metamorfosi.

Da gravi deficit motori e frequenti cadute, è riuscito a camminare per sei chilometri senza problemi, migliorando notevolmente la sua qualità di vita e equilibrio.

Stimolazione personalizzata

Prima dell’impianto, un approfondimento sul processo attento e meticoloso che ha preceduto l’intervento, dove i ricercatori hanno personalizzato la stimolazione per compensare i deficit specifici di Gauthier.

Prospettive future

Il team svizzero ha già avviato test su altri sei pazienti, indicando una prospettiva entusiasmante per il futuro.

Tuttavia, si sottolinea che ci vorranno almeno cinque anni prima che questa tecnologia possa essere disponibile su larga scala dopo i trial clinici.

Conclusioni

In conclusione, questa innovativa tecnologia offre un approccio promettente nella lotta contro il Parkinson, rivoluzionando il trattamento della malattia neurodegenerativa e aprendo la strada a una speranza concreta per coloro che ne sono afflitti.

Fonte:

Cisti cerebrale rimossa con tecnica inedita al Meyer di Firenze

Questo caso particolare di patologia cistica cerebrale ha richiesto l’utilizzo di un innovativo percorso endoscopico sviluppato dagli stessi specialisti del Meyer.                La rivista Operative Neurosurgery ha  pubblicato un video-articolo sull’operazione.

La patologia

Il paziente presentava una cisti colloide di dimensioni notevoli, 24 mm, situata in una zona profonda del cervello, nel punto più alto del terzo ventricolo.

Questa condizione gli causava gravi cefalee e richiese una valutazione specialistica presso il Centro di Eccellenza di Neurochirurgia del Meyer.

Gli esperti diagnosticarono una cisti con una posizione anatomica complessa, non raggiungibile tramite l’approccio endoscopico tradizionale e difficile da visualizzare.

L’assenza di trattamento chirurgico avrebbe potuto causare l’ostruzione della circolazione del liquido cerebrospinale, aumentando pericolosamente la pressione endocranica e mettendo a rischio la vita del paziente.

Percorso endoscopico innovativo

Il team guidato dal dottor Lorenzo Genitori ha sviluppato una tecnica endoscopica innovativa.

Utilizzando un piccolo foro di soli 5 mm nell’osso frontale, insieme a strumenti come il neuronavigatore, il mapping preoperatorio e la trattografia in Risonanza Magnetica (RM), il percorso endoscopico è stato tracciato attraverso i ventricoli cerebrali laterali, il setto pellucido e la membrana del setto, raggiungendo la cisti da un angolo più diretto.

Questo approccio garantisce una precisione estrema senza rischi per altre strutture cerebrali.

Rispetto alla chirurgia tradizionale, riduce notevolmente il rischio di recidive.

Team multidisciplinare

In sala operatoria, il dottor Genitori è stato affiancato dai dottori Federico Mussa, Mirko Scagnet, Rina Agushi e Regina Mura, con la preziosa collaborazione della dottoressa Paola Serio in neuroanestesia e del dottor Ludovico D’Incerti, neuroradiologo, per la pianificazione e la simulazione preoperatoria.

Questa straordinaria operazione è stata resa possibile grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Firenze, diretto dalla professoressa Monica Carfagni, che da anni lavora a stretto contatto con il Meyer attraverso il laboratorio congiunto di stampa 3D “T3Ddy”.

Risultato e prospettive

Il paziente è stato dimesso solo tre giorni dopo l’intervento ed è in buone condizioni di salute.

La TAC postoperatoria ha confermato la completa rimozione della cisti senza alcuna complicazione.

Secondo il dottor Lorenzo Genitori, questa nuova tecnica aprirà la strada a trattamenti sempre più conservativi, mini invasivi e con minori complicazioni per i pazienti con lesioni cerebrali profonde nel futuro.

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Fonte

Classifica dei migliori ospedali nel mondo per il 2024

Come ogni anno Newsweek in collaborazione con Statista classifica i migliori ospedali specializzati del mondo.

Questa classifica comprende i primi ospedali in tutto il mondo per cardiologia, oncologia, pediatria, cardiochirurgia, endocrinologia, gastroenterologia, neurologia, neurochirurgia, ortopedia, pneumologia, urologia, ostetricia e ginecologia.

Oncologia

Il MD Anderson Cancer Center di Houston, negli Stati Uniti, è stato classificato come il migliore ospedale al mondo per l’oncologia.

Questo riconoscimento proviene da una lista che comprende ben 300 istituti ospedalieri, di cui l’Europa annovera 122 strutture, con la Germania in testa con 35 ospedali, seguita da Francia (26), Italia (21), Spagna (17), Svizzera (10), Olanda (4), Danimarca (3), Svezia (2), e un rappresentante ciascuno per Austria, Belgio e Norvegia.

Tra gli ospedali italiani, l’IEO – Istituto Europeo di Oncologia a Milano è al 16° posto, seguito dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano al 19° e dal Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma al 34°.

Cardiologia

La Mayo Clinic – Rochester negli Stati Uniti si è posizionata come la migliore struttura al mondo per la cardiologia.

La lista comprende 301 ospedali, di cui 121 europei, con la Germania in testa con 33 ospedali, seguita da Francia (25), Italia (21), Spagna (21), Svizzera (10), Olanda (3), Svezia (3), mentre Finlandia e Danimarca annoverano 2 ospedali ciascuna, e un ospedale in Norvegia.

In Italia, il Centro Cardiologico Monzino di Milano è al 19° posto, seguito dall’Ospedale San Raffaele – Gruppo San Donato di Milano al 20° e dal Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna al 37°

Endocrinologia

Ancora una volta, la Mayo Clinic – Rochester negli Stati Uniti è stata classificata come la migliore struttura al mondo per l’endocrinologia.

Il gruppo analizzato include 150 cliniche, di cui 48 sono situate in Europa, con la Germania in testa con 13 cliniche, seguita da Francia (10), Spagna (10), Italia (9), Svizzera (3), Danimarca (2), e Svezia (1).

In Italia, l‘Ospedale San Raffaele – Gruppo San Donato di Milano è al 24° posto, seguito dalle Molinette di Torino al 45° e dal Policlinico Gemelli di Roma al 53°.

Gastroenterologia

La Mayo Clinic – Rochester negli Stati Uniti è stata nuovamente classificata come la migliore struttura al mondo per la gastroenterologia.

La lista include 150 ospedali, con 52 di essi situati in Europa, guidati dalla Germania con 15 ospedali, seguiti dalla Spagna con 11, l’Italia con 9, la Francia con 8, la Svizzera con 3, mentre Belgio e Danimarca hanno 2 ospedali ciascuno, e Olanda e Svezia annoverano una struttura ciascuno.

In Italia, il Policlinico Gemelli di Roma è all’8° posto, seguito dall’Humanitas di Rozzano al 21° e dal Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano al 39°.

Cardiochirurgia

Ancora una volta, la Mayo Clinic – Rochester negli Stati Uniti è stata classificata come la migliore struttura al mondo per la cardiochirurgia.

L’Europa è ben rappresentata in questa lista dei migliori 150 ospedali, con la Germania in testa con 24 strutture, seguita dall’Italia con 12, Spagna con 10, Francia con 9, Olanda con 4, Svizzera con 4, Svezia con 3, e con un rappresentante ciascuno per Austria, Belgio e Danimarca.

In Italia, il Centro Cardiologico Monzino di Milano è al 23° posto, seguito dal Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna al 28°, dall’Ospedale San Raffaele – Gruppo San Donato di Milano al 47° e dall’Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Andrea di Roma al 51°.

Neurologia

Anche per la neurologia, la Mayo Clinic – Rochester negli Stati Uniti è stata classificata come la migliore struttura al mondo.

L’Europa annovera 44 cliniche tra le 125 classificate, con la Germania in testa con 15 cliniche, seguita dalla Francia con 9, Spagna con 7, Italia con 5, Svizzera con 4, Svezia con 2, Danimarca con 1, e Olanda con 1.

Tra le strutture italiane, l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano è al 15° posto, seguito dall’Ospedale San Raffaele – Gruppo San Donato di Milano al 36°, dal Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma al 41° e dalla Fondazione Istituto Neurologico C. Mondino di Pavia al 52°.

Neurochirurgia

Di nuovo, la Mayo Clinic – Rochester degli Stati Uniti è stata classificata come la migliore struttura al mondo per la neurochirurgia.

In totale, 125 cliniche sono state classificate, di cui 45 sono europee. La Germania vanta 15 cliniche, la Francia 6, l’Italia 5, la Spagna 4, mentre Olanda, Svizzera e Danimarca ne hanno 3 ciascuna. Austria e Svezia presentano 2 cliniche ciascuna, mentre la Finlandia ha una rappresentante.

Tra le strutture italiane, il Carlo Besta di Milano è all’18° posto, seguito dall’Ospedale San Raffaele – Gruppo San Donato di Milano al 58° e dal Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano al 67°.

Ortopedia

L’Hospital For Special Surgery negli Stati Uniti è stata classificata come la migliore struttura al mondo per l’ortopedia.

Questa lista comprende 125 ospedali, con 46 di essi situati in Europa. La Germania è in testa con 17 ospedali, seguita da Spagna e Francia con 8 ciascuna, Italia con 6, Svizzera con 4, e con un ospedale ciascuno in Finlandia, Norvegia e Svezia.

In Italia, lIstituto Ortopedico Rizzoli di Bologna è all’8° posto, seguito dallIstituto Galeazzi di Milano al 27°, dallAzienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze al 77° e dal Policlinico Gemelli di Roma all’86°.

Pediatria

Il Boston Children’s Hospital degli Stati Uniti è stato classificato come il migliore ospedale al mondo per la pediatria.

Questa lista comprende 250 strutture, con 78 di esse situate in Europa. La Germania è in testa con 32 ospedali, seguita da Spagna con 17, Italia con 13, Francia con 7, Svizzera con 5, e con un rappresentante ciascuno per Austria, Danimarca, Norvegia e Svezia.

Tra le strutture italiane, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma è al 9° posto, seguito dall’Istituto Giannina Gaslini di Genova al 35° e dall’A.O. Ospedali Riuniti Marche Nord – Presidio San Salvatore Centro di Pesaro al 44°.

Pneumologia

Ancora una volta, la Mayo Clinic – Rochester degli Stati Uniti è stata classificata come la migliore struttura al mondo per la pneumologia.

Questa categoria comprende 125 ospedali, con 34 di essi situati in Europa. La Francia ne conta 13, la Germania 7, la Spagna 6, l’Italia 3, mentre Belgio, Svezia, Svizzera e Olanda presentano una struttura ciascuno. 

In Italia, il Policlinico Gemelli di Roma è al 49° posto, seguito dal Sant’Orsola-Malpighi di Bologna al 68° e dal San Camillo di Roma al 73°.

Urologia

Ancora una volta, la Mayo Clinic – Rochester degli Stati Uniti è stata classificata come la migliore struttura al mondo per l’urologia.

In totale, sono stati classificati 125 ospedali, di cui 41 sono europei. La Francia è in testa con 12 ospedali, seguita da Germania con 10, Italia con 9, e con 6 rappresentanti ciascuna. Svizzera ha 2 ospedali, mentre Austria e Olanda presentano un ospedale ciascuna.

In Italia, l’Azienda Ospedaliera di Padova è al 24° posto, seguita dall’Ospedale San Raffaele – Gruppo San Donato di Milano al 49° e dalle Molinette di Torino al 58°.

Ginecologia e Ostetricia

Il John Hopkins Hospital negli Stati Uniti è stato classificato come la migliore struttura al mondo per la ginecologia e l’ostetricia.

In questa categoria, sono stati considerati solo 100 ospedali, di cui 32 sono situati in Europa. La Germania è in testa con 12 ospedali, seguita da Francia con 6, Italia e Spagna con 5 ciascuna, Svizzera con 3, e Austria con 1.

Tra le strutture italiane, il Policlinico Gemelli di Roma è al 7° posto, seguito dal Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano al 16° e dall’Istituto Giannina Gaslini di Genova al 46°.

Conclusioni

Questa classifica fornisce un’ampia visione delle eccellenti strutture sanitarie specializzate in varie discipline mediche, riconoscendo il notevole contributo offerto dagli ospedali italiani ed europei.

È un punto di riferimento prezioso per coloro che potrebbero considerare l’opzione della mobilità sanitaria, in linea con la Direttiva 24/2011/UE sulla Sanità transfrontaliera.

Per approfondire ulteriormente le possibilità di cura in queste specialità, ti invitiamo a consultare i link inclusi nell’articolo.

Fonte