Nanogel come nuova frontiera nel trattamento del trauma spinale

Il nanogel, sviluppato da ricercatori dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e del Politecnico di Milano, sta rivoluzionando il trattamento del trauma al midollo spinale, fornendo farmaci antinfiammatori direttamente alle cellule gliali coinvolte nella lesione. Un passo avanti nella medicina rigenerativa

Nuovo studio pubblicato su Advanced Materials

In uno studio recentemente pubblicato su Advanced Materials, i ricercatori Pietro Veglianese, Valeria Veneruso ed Emilia Petillo dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, in collaborazione con Filippo Rossi del Politecnico di Milano, hanno fatto un importante passo avanti nel trattamento del trauma al midollo spinale.

Il loro lavoro si concentra sull’uso di un innovativo nanovettore, chiamato nanogel, progettato per fornire farmaci antinfiammatori in modo mirato alle cellule gliali coinvolte attivamente nella lesione al midollo spinale.

Sfida terapeutica attuale

Attualmente, i trattamenti per controllare la risposta infiammatoria dopo un trauma al midollo spinale sono limitati nell’efficacia.

Una delle ragioni di questa limitazione risiede nella mancanza di terapie in grado di agire selettivamente sulle cellule gliali, come le microglie e gli astrociti, che svolgono un ruolo cruciale nella risposta infiammatoria.

Ruolo delle cellule gliali

Le cellule gliali, comprese le microglie e gli astrociti, sono fondamentali per la difesa e il supporto del sistema nervoso centrale.

Tuttavia, una risposta infiammatoria incontrollata da parte di queste cellule può compromettere il recupero del tessuto danneggiato dopo un trauma al midollo spinale.

Nanogel: una nuova speranza terapeutica

I nanogel sviluppati dal Politecnico di Milano rappresentano una promettente novità nel campo della terapia del trauma spinale.

Questi nanovettori sono stati progettati per indirizzarsi specificamente alle cellule gliali coinvolte nella risposta infiammatoria, consentendo un rilascio mirato di farmaci antinfiammatori come il roliclub.

Ricerca e risultati

La collaborazione tra l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e il Politecnico di Milano ha dimostrato che i nanogel caricati con roliclub sono in grado di convertire le cellule gliali da uno stato dannoso a uno protettivo, promuovendo attivamente il recupero del tessuto lesionato.

Questi nanovettori agiscono in modo selettivo, massimizzando l’efficacia del farmaco e riducendo al minimo gli effetti collaterali.

Applicazioni future

I risultati dello studio indicano che i nanogel hanno ridotto l’infiammazione e migliorato la capacità di recupero in modelli animali con lesione al midollo spinale, ripristinando parzialmente la funzionalità motoria.

Questi risultati non solo offrono nuove prospettive terapeutiche per i pazienti con lesioni al midollo spinale, ma suggeriscono anche potenziali applicazioni per il trattamento di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, in cui l’infiammazione e le cellule gliali svolgono un ruolo significativo.

Conclusioni

L’approccio innovativo basato sui nanogel offre una nuova speranza nel trattamento del trauma al midollo spinale, consentendo un’azione mirata sulle cellule gliali coinvolte nella risposta infiammatoria.

Questo studio apre la strada a ulteriori ricerche e potenziali applicazioni cliniche per migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da lesioni spinali e altre condizioni neurodegenerative.

Fonte:

Il parlamentare irlandese Durkan sollecita l’uso della Sanità Transfrontaliera.

Il parlamentare irlandese Mark H Durkan propone un approccio transfrontaliero per ridurre le lunghe liste d’attesa per gli interventi chirurgici all’anca e al ginocchio, garantendo cure più tempestive e accessibili per i pazienti.

Affrontare il problema delle liste d'attesa tramite la sanità transfrontaliera

Come molti paesi dell’Unione Europea, l’Irlanda si trova di fronte al crescente problema delle liste di attesa infinite per gli interventi chirurgici elettivi.

In questo contesto, una delle soluzioni più indicate è il ricorso alla sanità transfrontaliera, in linea con la direttiva dell’Unione Europea concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera. 

Questa direttiva fornisce un quadro normativo per facilitare l’accesso ai servizi sanitari oltre i confini nazionali, offrendo un’opportunità concreta per i pazienti di ricevere cure tempestive e di alta qualità.

Richiesta di ripristino del programma sanitario transfrontaliero

Considerando l’importanza della sanità transfrontaliera nel contesto delle lunghe liste d’attesa, il parlamentare SDLP Mark H Durkan ha sollevato la questione con il Ministro della Sanità, Robin Swann.

Durkan ha sottolineato l’urgenza di ripristinare il programma sanitario transfrontaliero come parte della strategia per affrontare efficacemente questo problema.

Questa iniziativa, precedentemente nota come Direttiva sull’assistenza sanitaria transfrontaliera e successivamente come Schema di rimborso della Repubblica d’Irlanda, ha rappresentato un baluardo cruciale per migliaia di pazienti in attesa di cure.

Sospensione del sistema di rimborso della Repubblica d'Irlanda

Tuttavia, la Repubblica d’Irlanda ha sospeso l’accettazione di nuove richieste nel settembre 2022, quando i finanziamenti aggiuntivi assegnati al programma sono stati esauriti.

Questo ha evidenziato una lacuna critica nell’accesso alle cure, mettendo in evidenza la necessità di interventi immediati da parte del governo per garantire che i pazienti non vengano lasciati in una situazione di incertezza e disagio.

Difficoltà dei pazienti e impatto sul benessere mentale

Le lunghe liste d’attesa hanno creato un grave disagio per i pazienti, specialmente coloro che necessitano di interventi chirurgici al ginocchio e all’anca.

Il MLA di Foyle ha testimoniato le sfide incontrate dai suoi elettori, molti dei quali hanno dovuto affrontare una lunga e dolorosa attesa per ricevere il trattamento necessario.

Questa situazione ha avuto un impatto significativo sul loro benessere mentale, con molte persone che si trovano a lottare contro l’ansia e la depressione a causa dell’incertezza sul loro futuro sanitario.

Ruolo della sanità transfrontaliera nel garantire cure tempestive

Il programma sanitario transfrontaliero ha rappresentato un’importante fonte di speranza per i pazienti in attesa di cure.

Nel 2022, circa 2.000 persone hanno beneficiato di questo programma, ottenendo cure più tempestive e evitando ulteriori ritardi nel loro percorso di guarigione.

Questo evidenzia il potenziale della sanità transfrontaliera nel garantire un accesso più equo e tempestivo alle cure per tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro posizione geografica.

Impegno per il ripristino e il potenziamento della sanità transfrontaliera

Mark H Durkan ha espresso la speranza che il programma sanitario transfrontaliero venga ripristinato al più presto per affrontare efficacemente il problema delle liste d’attesa.

Inoltre, l’SDLP si impegna a lavorare per migliorare ulteriormente la cooperazione transfrontaliera nell’ambito dell’assistenza sanitaria, esplorando nuove opportunità per garantire un accesso equo e tempestivo alle cure per tutti i cittadini irlandesi.

Una nuova luce dopo cinque anni di buio

Dopo un lungo periodo di cecità da un occhio, la signora Anna Maria De Luca, 66enne residente ad Ariccia, provincia di Roma, ha finalmente ritrovato la vista grazie a una tecnica oculistica innovativa e di produzione italiana.

La tecnica della Cheratoprotesi

La soluzione è stata la Cheratoprotesi, un dispositivo biologico a lungo termine che offre una soluzione alternativa al trapianto di cornea in situazioni complesse.

In particolare, questa tecnica si è dimostrata efficace nei casi in cui il trapianto di cornea tradizionale non era un’opzione praticabile.

Il ritorno della vista grazie alla cornea artificiale

Gli esperti hanno utilizzato una cornea artificiale costituita da un lenticolo ottico ancorato su un supporto osseo, rivestito con mucosa buccale del paziente.

Questo approccio ha permesso il passaggio della luce attraverso la cornea danneggiata, causata da varie condizioni come leucoma vascolarizzato, che aveva privato la signora De Luca della sua vista per così tanto tempo.

Asl Roma 6 e Ospedale dei Castelli Romani

Grazie all’impegno della Asl Roma 6 e dell’Ospedale dei Castelli Romani, il Lazio si è affermato come punto di riferimento nazionale e internazionale per questa tecnica chirurgica innovativa.

L’expertise e l’infrastruttura messe a disposizione hanno reso possibile l’intervento che ha restituito la vista alla signora De Luca, fornendo un’opzione di trattamento che prima sembrava fuori portata.

Presentazione della nuova tecnica

Il dottor Franco Arrigoni, Dirigente Responsabile Uos Chirurgia vitreo retinica dell’Ospedale dei Castelli, e il dottor Augusto Pocobelli, Primario Oculista presso l’Azienda San Giovanni Addolorata e Responsabile della Banca degli Occhi, hanno presentato oggi questa tecnica rivoluzionaria.

Hanno sottolineato il suo impatto positivo sulla qualità di vita dei pazienti e la sua capacità di risolvere casi che in passato rappresentavano sfide insormontabili.

Una missione per il benessere complessivo

Il commissario straordinario della Asl Roma 6, Francesco Marchitelli, ha sottolineato l’importanza di questa tecnica “made in Italy” nel migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Ha evidenziato il focus sull’aspetto emotivo, mentale e sociale oltre ai sintomi fisici, indicando che il successo di questa procedura non riguarda solo il ripristino della vista, ma anche il benessere generale del paziente.

Il sorriso di Anna Maria

Il Direttore Sanitario della ASL ROMA 6, Vincenzo Carlo La Regina, ha concluso sottolineando l’importanza di vedere il sorriso ritrovato della signora Anna Maria come un segno tangibile del successo di questa innovativa procedura chirurgica.

Questo evento non solo rappresenta un trionfo della scienza e della medicina, ma anche un momento di gioia e speranza per tutti coloro che lottano con problemi di vista simili.

Fonte:

Oltre 10 milioni di italiani affetti da dolore cronico

In Italia, una vasta popolazione adulta affronta il dolore cronico, con una particolare prevalenza nelle donne rispetto agli uomini.

Il Rapporto Istisan

Il Rapporto Istisan rappresenta la prima stima nazionale accurata del fenomeno, basandosi sui dati raccolti dall’Indagine europea sulla salute del 2019, condotta dall’Istituto Superiore di Sanità.

Prevalenza e caratteristiche demografiche

Il dolore cronico colpisce oltre 10 milioni di individui in Italia, con una distribuzione che varia tra i diversi gruppi di età e tra uomini e donne.

Le donne anziane presentano una maggiore incidenza rispetto agli uomini.

Fattori di variazione e origini del dolore

La distribuzione geografica del dolore cronico evidenzia differenze regionali, con un focus particolare sul Mezzogiorno per quanto riguarda gli anziani.

Le cause possono derivare da malattie primarie, traumi, interventi chirurgici o tumori.

Complicanze e correlazioni psicosociali

Un numero significativo di persone con dolore cronico non ha ancora ricevuto una diagnosi precisa.

Inoltre, il dolore cronico è spesso associato a sintomi depressivi, soprattutto nelle donne e nei soggetti con un livello di istruzione più basso.

Implicazioni e azioni future

Il Rapporto offre una panoramica utile per le strategie di diagnosi, trattamento e riabilitazione del dolore cronico, nonché per interventi preventivi e di supporto sociale.

L’Istituto Superiore di Sanità, insieme ad altre istituzioni, avvia un monitoraggio continuo del fenomeno per facilitare l’implementazione delle normative italiane sull’accesso alla terapia del dolore.

Fonte:

Respiro impossibile, bimbo operato alla nascita per un tumore alla gola

Primo caso in Italia di parto cesareo ‘EXIT-to-ECMO’, eseguito all’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli e coordinato dagli specialisti del Bambino Gesù. Ha permesso di salvare un neonato affetto da tumore alla gola, garantendo la sua sopravvivenza e la funzione cerebrale.

Un ostacolo vitale

Nel momento del parto, un’enorme massa tumorale ostruiva la via respiratoria di un feto di 37 settimane.

La situazione richiedeva un intervento rapido per garantire la sopravvivenza del neonato.

La procedura EXIT-to-ECMO si è rivelata cruciale, consentendo ai medici di agire mentre il bambino era ancora connesso alla placenta.

Un tumore invasivo

Il bambino, affetto da una massa tumorale voluminosa localizzata nel collo, rischiava gravi complicazioni alla nascita.

Il tumore aveva raggiunto dimensioni tali da ostruire le vie respiratorie e comprimere vasi sanguigni cruciali.

L’intervento chirurgico tradizionale non era un’opzione praticabile, spingendo gli specialisti a pianificare attentamente il parto.

La tecnica salvavita: EXIT to ECMO

La procedura EXIT-to-ECMO è stata eseguita per consentire al bambino di respirare e mantenere la circolazione sanguigna.

Estratto parzialmente dalla madre tramite cesareo, il neonato è rimasto connesso alla placenta e al cordone ombelicale mentre i chirurghi hanno avuto un breve lasso di tempo per intervenire.

L’ECMO ha svolto un ruolo vitale nel garantire l’ossigenazione del sangue e la funzione cerebrale.

Rimozione del tumore e ritorno a casa

Dopo il parto, il bambino è stato trasferito all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per la rimozione della massa tumorale.

Un’equipe multidisciplinare ha condotto un’intervento complesso che ha richiesto ore di chirurgia.

Dopo un periodo di recupero in ospedale, il bambino è stato finalmente dimesso e ha potuto tornare a casa con la famiglia, segnando una vittoria nella lotta contro la malattia.

Il contributo delle Équipe Mediche

Il successo di questa procedura è stato reso possibile grazie alla collaborazione tra diverse équipe mediche, coordinate con precisione per garantire il miglior risultato possibile.

Specialisti provenienti da vari settori hanno lavorato insieme, dimostrando l’importanza della multidisciplinarietà nella medicina moderna.

Morti per cancro, un quarto è associato a bassa istruzione

In Italia, la mancanza di istruzione si correla a un quarto delle morti causate dal cancro. Uno studio evidenzia che nel 2019, quasi 30.000 decessi oncologici sono attribuibili alla scarsa scolarità, con implicazioni socioeconomiche significative.

La tossicità finanziaria nel trattamento del cancro

La diagnosi di cancro può generare problemi economici per i pazienti, con oltre un quarto delle persone affette da neoplasia che sperimentano difficoltà finanziarie.

I costi di viaggio per il trattamento rappresentano solo una delle sfide, evidenziando la necessità di individuare e affrontare questa tossicità finanziaria.

Il ruolo del questionario Proffit

Il questionario Proffit offre uno strumento per valutare e comprendere la tossicità finanziaria nel contesto del sistema sanitario pubblico.

Le sue 16 affermazioni toccano vari aspetti, dalla qualità dell’interazione tra pazienti e operatori sanitari alle spese non coperte dal sistema, offrendo una base per politiche di cambiamento.

L'importanza degli investimenti e delle politiche di cambiamento

È cruciale investire nelle risorse umane e strutturali necessarie per sostenere l’oncologia nel Servizio Sanitario Nazionale.

Ciò non solo migliora la qualità delle cure, ma può anche fungere da motore di sviluppo economico e sociale.

L'istruzione e la prevenzione del cancro

Le persone con un alto livello di istruzione hanno maggiori probabilità di adottare comportamenti sani e comprendere l’importanza della prevenzione del cancro.

Il potenziamento delle azioni educative è essenziale per ridurre il tasso di mortalità legato alla malattia

Sfide ambientali nella lotta contro il cancro

L’inquinamento atmosferico è un fattore di rischio significativo per il cancro, e le politiche ambientali devono essere riviste per proteggere la salute pubblica.

Il Green Deal europeo offre un’opportunità per affrontare queste sfide.

Garantire l'equità nell'accesso alle cure

L’accesso alle cure del cancro non dovrebbe dipendere dalla regione o dal territorio di residenza.

È fondamentale garantire l’equità nell’accesso alle migliori terapie, senza discriminazioni di alcun tipo.

Chirurgia robotica da remoto per intervento sulle coronaropatie

Grazie alla tecnologia robotica, oggi è possibile condurre interventi coronarici percutanei da remoto, garantendo la sicurezza del personale medico e riducendo l’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Questa innovazione consente l’utilizzo di assistenti robotici per introdurre stent o palloni e acquisire imaging intracoronarico durante le procedure.

Studio svizzero sulla robotica in cardiologia

Un recente studio condotto in Svizzera dal team di Cardiologia interventistica dell’Ospedale Universitario di Berna, pubblicato su Frontiers in Cardiovascular Medicine, ha esaminato l’applicazione di questa tecnologia su 21 pazienti con un totale di 25 lesioni coronariche.

L’articolo fornisce una panoramica dettagliata della preparazione della sala operatoria per l’utilizzo del robot.

Esito clinico delle procedure

Il successo clinico delle procedure è stato valutato in base alla riduzione del diametro della stenosi di oltre il 30% e all’assenza di complicazioni ospedaliere.

Tutti i pazienti trattati hanno raggiunto questo obiettivo, indicando un elevato tasso di successo clinico.

Valutazione del successo robotico

Il successo robotico è stato definito come l’esecuzione completa dell’intervento tramite la procedura robotica,

Complessivamente, l’81% delle procedure è stato eseguito con successo tramite il robot, di cui il 62% senza alcun intervento manuale e il 19% con un intervento parziale.

Durata e limitazioni delle procedure

Le procedure hanno avuto una durata media di 47 minuti, di cui 37 minuti dedicati alla procedura robotica.

La fluoroscopia, utilizzata per guidare l’intervento, ha avuto una durata media di 11 minuti e mezzo.

La conversione alla modalità manuale è stata necessaria solo in casi eccezionali, principalmente a causa di limitazioni tecniche o eventi avversi transitori.

Follow-up a 12 mesi

I pazienti sono stati seguiti per 12 mesi dopo l’intervento, durante i quali non sono stati riscontrati problemi legati alle lesioni trattate, ad eccezione di un singolo caso di infarto del miocardio su un vaso diverso da quello trattato.

Gli esiti del follow-up sono stati considerati molto positivi dagli autori dello studio, specialmente considerando che la tecnologia era ancora in fase di implementazione.

Trasformazione delle classificazioni tumorali: l’approccio agnostico

Il 23 maggio 2017 segna l’inizio di una rivoluzione nell’oncologia con l’approvazione accelerata di pembrolizumab per la prima indicazione agnostica tessuto/sito da parte della FDA. Questo evento sottolinea un cambio di paradigma rispetto alle approvazioni precedenti, che erano basate sulle caratteristiche istologiche del tumore o sull’organo di origine.

I criteri molecolari come base della classificazione

Le approvazioni agnostiche hanno aperto la strada a una nuova prospettiva sulla classificazione dei tumori, basata su criteri molecolari anziché sull’organo di provenienza.

Questa tendenza ha portato alcuni esperti a suggerire una revisione dei nomi dei tumori, poiché le loro caratteristiche molecolari sono diventate cruciali per la loro gestione terapeutica.

Facilitare l'accesso ai trattamenti efficaci

Classificare i tumori in base alle loro caratteristiche molecolari potrebbe accelerare l’accesso dei pazienti a trattamenti efficaci.

Questa nuova prospettiva si allontana dalla tradizionale classificazione basata sull’organo, favorendo invece un approccio più mirato e personalizzato all’oncologia di precisione.

Il caso di nivolumab

Il farmaco nivolumab illustra la sfida della tradizionale classificazione dei tumori basata sull’organo.

Studi clinici hanno dimostrato che l’efficacia del farmaco dipende dai livelli di espressione di PD-L1 nelle cellule tumorali.

Tuttavia, per anni, molte persone con tumori che esprimevano alti livelli di PD-L1 non hanno potuto accedere ai farmaci pertinenti, poiché non erano stati condotti studi clinici specifici per il loro tipo di cancro.

Un passo verso la compressione del cancro

Rivedere la classificazione dei tumori potrebbe non solo migliorare l’accesso ai trattamenti, ma anche facilitare l’educazione medica e la comprensione da parte dei pazienti.

Comprendere i meccanismi biologici alla base del cancro potrebbe migliorare la logica dei trattamenti e portare a una maggiore consapevolezza della malattia.

Questa prospettiva indica un futuro promettente per l’oncologia di precisione e una migliore comprensione biologica del cancro.

Primo vaccino anticancro in Italia somministrato all’Istituto dei Tumori Pascale di Napoli

All’Istituto dei Tumori Pascale di Napoli è stato somministrato il primo vaccino anticancro a mRNA in Italia, rappresentando un significativo passo avanti nella lotta contro il melanoma. La partecipazione del paziente alla fase III del vaccino di Moderna promette importanti sviluppi nella ricerca oncologica

La Sperimentazione

Il responsabile dell’accompagnamento del paziente, l’oncologo Paolo Ascierto, sottolinea la necessità di attendere alcuni anni per ottenere i risultati della fase III dello studio clinico.

Nonostante l’Italia fosse esclusa dalle fasi I e II della sperimentazione, c’è un cauto ottimismo e un notevole entusiasmo riguardo all’efficacia potenziale di questo vaccino.

Ascierto spiega che il vaccino Moderna si basa sulla stessa tecnologia utilizzata per quelli contro il Covid, sfruttando mRNA sintetici progettati per istruire il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine chiamate ‘neoantigeni’.

Questi neoantigeni rappresentano le mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate.

L’obiettivo del vaccino non è prevenire la malattia, ma potenziare il sistema immunitario per riconoscere e attaccare in modo più efficace il tumore.

Il paziente e la motivazione alla partecipazione

Il paziente coinvolto, Alfredo De Renzis, un medico di 71 anni di Carovilli, ha scoperto due anni fa di avere un melanoma dietro a una neoformazione cutanea.

Dopo le prime cure ad Isernia, si è rivolto al Pascale di Napoli.

Operato a novembre per metastasi linfonodali inguinali, ha iniziato il trattamento con Pembrolizumab e successivamente ha accettato di partecipare alla fase III del vaccino di Moderna.

De Renzis, motivato dal suo ruolo di medico, ha dichiarato di non aver mai avuto paura.

Le fasi successive

Dopo la somministrazione al paziente De Renzis, l’Istituto dei tumori Pascale ha sottoposto a screening altri 18 pazienti candidati a ricevere il vaccino.

Nel panorama globale, sono oltre 40 i vaccini anticancro a mRNA allo studio.

Parallelamente, le indicazioni per farmaci immunoterapici già in uso, come il pembrolizumab, continuano ad aumentare, evidenziando progressi significativi nella ricerca e nel trattamento dei tumori.

Conclusioni

La prima somministrazione del vaccino anticancro a mRNA rappresenta un passo storico nella lotta contro il melanoma in Italia.

La fase III della sperimentazione, sebbene richieda tempo per fornire risultati definitivi, offre una prospettiva promettente per una nuova opzione terapeutica efficace.

La partecipazione attiva dei pazienti, come quella di De Renzis, sottolinea l’importanza di contribuire alla ricerca medica per migliorare le opzioni di trattamento e la qualità della vita dei malati di cancro.

Fonte:

Cuore 3.0, nuove strategie contro le minacce cardiovascolari del terzo millennio

In un panorama scientifico in evoluzione, i tradizionali fattori di rischio cardiovascolare sono solo la superficie. La nuova prospettiva dell’esposoma, evidenziata nella recente review su European Heart Journal, ci invita a considerare impatti ambientali, sociali e psicologici sulla salute cardiaca.

Il quadro emergente dell'Esposoma

La cardiopatia ischemica, nonostante gli avanzamenti nei trattamenti dei fattori di rischio tradizionali, rimane la principale causa di morte a livello globale.

Il dottor Montone sottolinea la necessità di considerare l’interazione imprevedibile di nuovi fattori di rischio, enfatizzando il concetto di esposoma.

La review esamina come l’esposizione a lungo termine all’esposoma possa contribuire alla comparsa della cardiopatia ischemica e propone strategie di mitigazione del rischio.

Inquinamento ambientale

L’inquinamento atmosferico, soprattutto da PM2.5, può ridurre l’aspettativa di vita più del fumo di tabacco.

Nel 2019, l’inquinamento causò 7 milioni di decessi nel mondo, principalmente legati a malattie cardiovascolari.

Gli inquinanti atmosferici alterano il colesterolo, aumentano la pressione e promuovono diabete e obesità.

Inoltre, inquinamento acustico, luminoso e stress sociale contribuiscono alla disfunzione endoteliale e ai problemi cardiaci.

Cambiamenti climatici e salute del cuore

I cambiamenti climatici, correlati all’inquinamento, impattano significativamente sulla salute del cuore.

Le ondate di caldo prolungato sono associate a un aumento del rischio di mortalità cardiovascolare.

Salute mentale e cuore

Lo stress cronico, la depressione, l’isolamento sociale sono collegati alle malattie cardiovascolari.

Lo stress attiva il sistema nervoso simpatico, contribuendo all’ipertensione, mentre la produzione di cortisolo promuove insulino-resistenza e obesità.

Anche le infezioni respiratorie, inclusi influenza e COVID-19, aumentano il rischio cardiovascolare attraverso infiammazione e danni diretti alle cellule del cuore.

Affrontare l'esposoma per la salute del cuore

Contrastare l’esposoma richiede azioni più complesse rispetto alle tradizionali cure.

La responsabilità individuale è importante, ma politiche ambientali e mitigazioni sono fondamentali.

Ridurre l’inquinamento richiede transizioni energetiche, politiche per il traffico e città ben progettate.

Anche la sensibilizzazione internazionale, come la settimana ‘DarkSky’, è cruciale.

Prospettive per il futuro

La protezione del cuore richiede un approccio olistico.

Dall’adozione di fonti sostenibili a iniziative di salute mentale, la consapevolezza collettiva è cruciale.

Gli operatori sanitari dovrebbero considerare l’importanza di ridurre l’esposizione a nuovi fattori di rischio cardiovascolare, spingendo per ulteriori ricerche sull’impatto complessivo dell’esposoma sulla salute cardiovascolare.

La strada è lunga, ma la consapevolezza crescente e l’impegno sono passi nella giusta direzione.