Corsa alla chirurgia estetica lascia ospedali senza medici

Specializzazioni in chirurgia estetica al completo, mentre quelle in oncologia e toracica restano vacanti. “Un intervento estetico può fruttare quanto uno stipendio mensile di un medico ospedaliero.”

Le preferenze dei giovani medici

Quando si tratta di scegliere se impugnare un bisturi, i giovani laureati in medicina hanno le idee molto chiare.

Preferiscono tirare fuori dallo sterilizzatore gli strumenti necessari per gli interventi estetici piuttosto che quelli che si usano per curare tumori o altri problemi più o meno gravi.

A dirlo sono i risultati degli ultimi bandi per le scuole di specializzazione universitarie, quelli assegnati a fine anno scorso (in questi giorni iniziano le selezioni per il 2024).

La popolarità della chirurgia estetica

Se ci fossero ancora più borse in chirurgia plastica ed estetica rispetto alle 119 messe a disposizione, sicuramente verrebbero tutte prese.

Il 97% dei posti, cioè 116, nel 2023 è infatti stato occupato.

Tre sono rimasti vacanti solo perché i dottori che li avevano ottenuti hanno poi cambiato idea e si sono spostati in altre specializzazioni.

La scarsa attrattiva della chirurgia generale

Le altre discipline chirurgiche, invece, sono in affanno e restano ben distanti dall’occupare tutti i posti.

Il caso più eclatante è quello della chirurgia generale, dove di 686 borse ne sono state assegnate 260, cioè appena il 38%.

«La nostra specialità è sempre meno attrattiva — spiega Vincenzo Bottino, presidente di Acoi, l’associazione dei chirurghi ospedalieri — Il problema sono i contenziosi medico-legali, sempre più diffusi, e il fatto che ci occupiamo spesso di emergenza.

I chirurghi plastici rischiano il contenzioso pure loro ma generalmente i loro sono interventi più semplici».

La tendenza verso il privato

Inoltre, la chirurgia plastica viene svolta principalmente nel settore privato.

Quel tipo di chirurgia, infatti, spinge i professionisti verso ambulatori e cliniche dove, vista la richiesta di ritocchi di vario genere, anche da parte di ragazze che chiedono ai genitori come regalo le protesi al seno, fanno ottimi affari.

Nel settore pubblico restano quelli che si occupano di patologie oncologiche, come il melanoma e gli altri tumori della pelle, o di ricostruzioni dopo traumi e malattie.

La difficoltà di reclutamento

«Abbiamo difficoltà a trovare colleghi che lavorino con noi in ospedale — spiega Lorenzo Borgognoni, che coordina il gruppo chirurgico nazionale dell’Imi, l’Intergruppo melanoma italiano, e dirige la chirurgia plastica e ricostruttiva e centro di riferimento toscano per il melanoma, all’ospedale di Ponte a Niccheri a Firenze — Molti professionisti percorrono la strada privata.

Pochi scelgono la chirurgia ricostruttiva, ad esempio la chirurgia plastica oncologica.

Con i colleghi degli altri ospedali ci confrontiamo spesso perché constatiamo la carenza di candidati nei concorsi per dirigente medico in ambito nazionale».

L'educazione nelle scuole

Gran parte degli specializzati sceglie la chirurgia estetica. «È comunque un settore con una sua dignità — dice Borgognoni — ed è importante che ad occuparsene siano persone preparate, specialisti ben formati.

Scelgono in tanti quella strada perché con un intervento guadagnano quanto prende un ospedaliero in un mese di lavoro».

Poco conta se chi sta nel pubblico si occupa di casi più gravi.

Per far comprendere gli aspetti positivi del lavoro all’interno dell’ospedale, Acoi, spiega ancora Bottino, sta preparando «una campagna educativa nelle scuole, anche tra chi è iscritto ai primi anni di medicina.

I giovani sono spaventati dalla chirurgia, vedono ostacoli e difficoltà mentre la gratificazione che dà salvare la vita delle persone oggi sembra sia secondaria».

Le sfide della chirurgia toracica

La specialità che assegna meno borse di specializzazione, 28 e cioè appena il 30% del totale, è la chirurgia toracica, un’altra disciplina prettamente pubblica.

Del resto, i privati non sono interessati a fare interventi complessi come quelli sul tumore al polmone.

Mario Nosotti è ordinario e presidente eletto della società scientifica della chirurgia toracica. «Per noi, intanto, c’è un problema di accesso alla specialità. Prima che il concorso fosse unico e nazionale, ogni settore faceva i suoi bandi. E così gli studenti di medicina venivano prima a vedere come si lavora in chirurgia toracica. Adesso la nostra branca è diventata di nicchia, poco conosciuta. Inoltre, il lavoro è impegnativo, richiede dedizione e infatti qualcuno dopo aver visto per un anno come funziona cambia».

Migliorare le condizioni dei medici

Per Nosotti, infine, c’è un tema più generale: «I medici devono essere pagati meglio, recuperare un ruolo che hanno perso, e se ci facessero fare meno burocrazia potremmo dedicarci di più al lavoro, cosa che ci farebbe diventare più attrattivi per i giovani colleghi e al contempo ridurrebbe le carenze degli organici».

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