Trattamento della stenosi aortica: l’importanza della TAVI

La stenosi della valvola aortica è una delle malattie cardiache più comuni, soprattutto tra gli anziani. Fortunatamente, grazie alla procedura mini-invasiva TAVI, è possibile trattare questa condizione in modo efficace, evitando interventi chirurgici complessi e migliorando significativamente la qualità della vita dei pazienti. 

L'importanza dell'intervento tempestivo nella stenosi della valvola aortica

In molti casi, la stenosi della valvola aortica, la più comune malattia delle valvole cardiache, può essere trattata con la TAVI (Impianto Transcatetere della Valvola Aortica).

Questa procedura mini-invasiva permette di sostituire la valvola malata, che ostacola il normale flusso sanguigno e affatica il cuore, risalendo fino al cuore con una sonda.

Tuttavia, è fondamentale non sottovalutare i sintomi e intervenire tempestivamente, poiché la stenosi non è un semplice fenomeno legato all’invecchiamento.

Chi è più a rischio e quando intervenire

La stenosi aortica colpisce principalmente le persone over-65, con circa 60.000 casi in Italia.

Per almeno due terzi di questi pazienti, sintomi come affaticamento, palpitazioni, svenimenti e dolori al petto non devono essere ignorati.

La tempestività è cruciale: se non trattata, la stenosi aortica severa può portare alla morte nel 50% dei pazienti sintomatici entro due anni.

Un consulto con il cardiologo è essenziale per valutare la migliore opzione terapeutica, che spesso include l’intervento chirurgico.

Vantaggi della TAVI e l’esperienza del centro di Torino

Il centro diretto da Giuseppe Musumeci, presso l’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, ha eseguito 264 interventi di TAVI nel 2023, posizionandosi tra i principali centri in Italia.

La TAVI è una procedura mini-invasiva eseguita senza anestesia generale, che permette al paziente di riprendersi più rapidamente rispetto alla chirurgia tradizionale.

Dopo la TAVI, la degenza media è di soli tre giorni e non è necessaria riabilitazione, a differenza degli interventi chirurgici tradizionali che richiedono una degenza più lunga e un periodo di riabilitazione di almeno 30 giorni.

Rispondere alla crescente domanda di interventi

Con l’aumento della domanda per la TAVI, c’è il rischio di liste d’attesa per i pazienti.

Per evitare ritardi che potrebbero compromettere la salute del paziente, è necessario migliorare l’organizzazione dei centri di cardiochirurgia e creare una rete di collaborazione con centri senza cardiochirurgia.

L’obiettivo è abilitare questi centri a eseguire autonomamente la TAVI, aumentando così la capacità complessiva di trattamento.

Come si svolge l’intervento TAVI

La stenosi aortica severa si verifica quando i lembi della valvola aortica diventano rigidi, impedendo il corretto flusso sanguigno.

La TAVI prevede l’inserimento di un catetere nell’arteria femorale tramite una piccola incisione all’inguine, con cui si risale fino al cuore per posizionare la nuova valvola.

L’intervento viene eseguito a cuore battente, con il paziente sveglio o leggermente sedato, riducendo così la necessità di riabilitazione e minimizzando l’impatto sulla vita del paziente e dei suoi familiari.

La necessità di intervento in caso di stenosi aortica severa

L’invecchiamento è il principale fattore di rischio per la stenosi aortica, che può evolversi in una forma severa con una prognosi grave, con una mortalità a un anno del 50%. Tuttavia, come sottolinea Musumeci, oggi è possibile risolvere la stenosi aortica severa grazie a interventi come la TAVI, che offre una valida alternativa alla chirurgia tradizionale.

Fonte:

Il ruolo della cardiologia interventistica in Italia

La Cardiologia interventistica si conferma il cardine del trattamento dell’infarto miocardico acuto in Italia, con una rete capillare sul territorio nazionale che garantisce più di 36 mila procedure di angioplastica primaria (“il palloncino” per riaprire le coronarie chiuse, responsabili dell’infarto acuto), raggiungendo da diversi anni gli standard di fabbisogno delineati dall’epidemiologia di questa malattia.

Aumento della diagnostica innovativa

Aumenta la diagnostica con i metodi di imaging più innovativi e con le tecniche per lo studio della funzionalità cardiovascolare, ma siamo ancora lontani dalla media dei Paesi Europei più avanzati.

Crescono fino al 20% le procedure di cardiologia interventistica strutturale (interventi sulle valvole cardiache), ma restano ancora al di sotto del fabbisogno della popolazione e con differenze regionali ancora molto marcate.

Bilancio del report 2023 del GISE

È un bilancio con molte luci ma che ha ancora qualche ombra quello del Report 2023 della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE), l’unica realtà italiana dotata di un Registro dell’attività di 273 Laboratori di emodinamica e cardiologia interventistica del Paese.

I dati sono stati presentati  a Roma durante il congresso GISE Think Heart 2024.

Coronarografie e TAVI

Pur con oltre 300 mila coronarografie eseguite nel 2023, che in circa il 50% dei casi hanno portato all’esecuzione di un’angioplastica coronarica (156mila interventi lo scorso anno, tornando così quasi ai livelli pre-Covid), restano criticità nell’interventistica strutturale sulle valvole cardiache: le TAVI sono aumentate del 13%, ma solo un paziente candidabile su due viene sottoposto alla procedura e oltre 10 mila che ne avrebbero l’indicazione non la ricevono, con differenze regionali consistenti nella possibilità di accesso.

Altri Interventi di cardiologia interventistica

Sono stati circa 1.800 gli interventi di riparazione percutanea della valvola mitralica, in crescita del 20%, ma con un fabbisogno stimato di circa altri 6 mila.

Anche il ricorso alla procedura di chiusura percutanea dell’auricola sinistra, importante per la prevenzione dell’ictus, è aumentato del 20% ma con circa 2.300 interventi nel 2023 siamo lontani dal fabbisogno reale, considerando che sono più di 100mila i pazienti potenzialmente candidabili.

La fotografia della cardiologia interventistica in Italia

“I dati raccolti dal Report GISE, derivanti dall’attività del 93% dei centri di tutto il Paese, consentono di scattare una fotografia molto accurata della cardiologia interventistica in Italia – osserva Francesco Saia, presidente GISE – I risultati mostrano per esempio che l’88% dei centri offre il servizio 24 ore al giorno, 7 giorni su 7: un dato che conferma la distribuzione capillare sul territorio nazionale di un’infrastruttura essenziale per il trattamento tempestivo dell’infarto miocardico acuto e di altre cardiopatie acute, per le quali l’efficacia del trattamento è strettamente tempo-dipendente.

Restano tuttavia alcune criticità, perché, per esempio, sebbene le tecnologie di imaging e di studio funzionale siano in crescita, solo il 20% delle procedure di angioplastica complessivamente è guidato da questi metodi, molto sottoutilizzati rispetto alla media di Paesi europei come Germania, Francia, Spagna, Olanda e BENELUX.

I motivi sono soprattutto i vincoli economici per l’acquisizione degli strumenti necessari e l’assenza di codifica o tracciamento di queste tecniche, che, come GISE, vorremmo diffondere maggiormente in tutto il Paese”.

L'innovazione tecnologica in cardiologia interventistica

“La cardiologia interventistica rappresenta una delle aree in cui il processo di innovazione tecnologica è più rapido.

Per questo – osserva Marco Marchetti, responsabile Health Technology Assessment di AGENAS – un accesso veloce di tali dispositivi non può che essere legato ad un rigoroso e scientifico processo di valutazione HTA.

In proposito, a partire dal gennaio 2026, inizieranno le attività di valutazione HTA a livello europeo (Joint Clinical Assessment) che vedono anche il nostro paese impegnato”.

Il progetto pilota di GISE

Per migliorare ancora la qualità delle cure in Italia, per la prima volta il GISE propone di inserire nel Piano Nazionale Esiti un ‘cruscotto’ di indicatori di outcome che consenta di monitorare e soprattutto valutare le prestazioni di cardiologia interventistica, facilitando l’introduzione di tecnologie innovative e l’abbandono di quelle obsolete ma soprattutto favorendo in tutto il Paese una sempre maggiore appropriatezza, sostenibilità ed equità di accesso alle procedure.

La proposta di GISE per il futuro

Integrare il corrente panel di indicatori in ambito cardiovascolare con ulteriori indicatori di esito clinico e con indicatori che consentano l’identificazione dei principali fattori critici di successo è fondamentale.

Proponiamo per esempio di tenere conto non del singolo episodio di ricovero ma dell’intero flusso di cura, considerando tra gli altri elementi le complicanze o le riospedalizzazioni per recidiva dei sintomi – conclude Saia – O, ancora, proponiamo di inserire indicatori che valutino aspetti organizzativi e di processo per individuare le criticità con un impatto sugli esiti clinici, come le modalità di presa in carico e dimissioni secondo PDTA, e di utilizzare indicatori sull’impiego delle tecnologie per valutarne il contributo sugli esiti.

Tutto ciò consentirà di andare sempre più verso una terapia di valore, centrata sul paziente e che faciliti l’introduzione di tecnologie innovative disincentivando l’utilizzo di quelle obsolete e non più adeguate agli standard di efficacia, sicurezza ed economicità.

La sostenibilità e la resilienza del sistema sanitario passano inevitabilmente dalla capacità di programmare correttamente le risorse, garantire l’utilizzo delle tecnologie che permettono non solo il miglioramento degli outcome clinici ma anche di rispondere ai bisogni del sistema nel suo complesso: una corretta rilevazione di indicatori di processo, organizzativi e di outcome sarà fondamentale per la programmazione delle attività e la valutazione multidisciplinare delle tecnologie che aumentano la capacità del sistema e che saranno fondamentali per vincere le sfide sanitarie di oggi e domani”.

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